Quattro punti in quattro partite. Due sconfitte, un pareggio e una sola vittoria. Una classifica che piange (dodicesimo posto in Serie A) e la zona Champions League che si allontana sempre di più. Sono i numeri di un Milan che, anche dopo il cambio in panchina, non riesce a rialzarsi. Le prospettive di Stefano Pioli, che ha preso il posto di Marco Giampaolo dopo sette giornate di campionato, sembrano già traballanti dopo questo mini ciclo negativo. Ma l’ultima sconfitta casalinga con la Lazio per 2-1, che non vinceva in campionato a San Siro da 30 anni, è solo l’ultimo capitolo di una stagione stregata. Frutto di scelte di mercato discutibili e di una dirigenza che con le vecchie bandiere Boban e Maldini, e l’ad Gazidis, non riesce a far partire il nuovo corso invocato dalla proprietà (il fondo Elliott). E alla crisi di risultati si aggiunge quella finanziaria, con l’ultimo bilancio approvato con un passivo di 146 milioni di euro.
La sconfitta con la Lazio – Si sapeva che con la Lazio non sarebbe stato facile. La squadra di Inzaghi, che veniva da quattro successi consecutivi tra campionato e coppa, è, infatti, una delle squadre più in forma di questa Serie A. Fiduciosa e ambiziosa. Decisa a lottare fino all’ultimo per quello, che almeno a inizio stagione, era l’obiettivo del Milan: la qualificazione in Champions League. E così, nonostante il tabù San Siro, i biancocelesti sono scesi in campo con l’idea ben chiara di portare a casa i tre punti. La partita, dopo meno di mezzora, la sblocca Ciro Immobile, capocannoniere del campionato (con 13 reti) e al centesimo gol con questa maglia. Il Milan di Pioli, che alla Lazio ha avuto forse la sua miglior stagione da allenatore (sorprendente terzo posto in campionato nel 2015) non gioca proprio male e prova a reagire. Ci riesce grazie a un autogol di Bastos. Ma poi, quando nel secondo tempo cerca timidamente di completare la rimonta, arriva il gol di Correa in contropiede che chiude i giochi.
I nuovi acquisti- «Non si può prendere gol così», ha tuonato l’allenatore rossonero nel post partita. «Abbiamo giocato bene procurandoci più occasioni di loro. Peccato! Ma siamo sulla strada giusta». Parole che tentano di non svilire ulteriormente un ambiente già abbastanza in difficoltà. Cercare qualcosa di buono per ripartire. Anche perché Pioli ha bisogno di tempo essendo entrato a stagione in corso. E gli impegni ravvicinati non gliene stanno dando molto. Fatto sta che di buono ce n’è davvero poco in questa sconfitta. Aldilà del solito Hernandez e di Krunic, che alla prima da titolare ha dimostrato quantomeno carattere, i peggiori della partita con la Lazio sono proprio i nuovi acquisti: disattento Duarte che si fa sfuggire Immobile più volte, Rebic, entrato al posto di Castillejo, invece non incide. Leao, una delle note più positive del campionato, ha steccato in una di quelle partite in cui potrebbe fare la differenza. E all’elenco dei rimandati si uniscono anche quelli che nella scorsa stagione avevano mostrato segnali confortanti: Piatek, che segna a fatica, e Paquetà, che non trova la sua identità tattica, sono talenti in difficoltà che finiscono inevitabilmente sul banco degli imputati. Fotografie di un progetto e di un mercato che non stanno dando le risposte giuste.
Un mercato gramo – In estate il fondo Elliott aveva affidato a Boban e Maldini il compito di creare un nuovo Milan. Modesto ma propositivo. Due vecchie glorie rossonere ma “novellini” dietro a una scrivania. Perciò affiancati dal talentuoso Gazidis, che all’Arsenal, almeno a livello di conti e bilancio, aveva fatto grandi cose in un recente passato. Dopo il divorzio estivo con il tecnico Gattuso, che pure non aveva fatto male l’anno scorso sfiorando la qualificazione in Champions, la scelta della nuova dirigenza era ricaduta su Giampaolo. Un maestro di calcio, ma con poca esperienza in squadre di un certo blasone. La campagna acquisti, poi, non è potuta essere delle migliori: il Milan aveva le mani legate per i paletti del Fair Play Finanziario, il vincolo di sostenibilità economica imposto dalla Uefa che non lo ha fatto partecipare all’Europa League conquistata sul campo nell’ultimo campionato. Così i giocatori arrivati a Milanello sono stati più che altro scommesse, (Bennacer, Duarte, Krunic) o profili in cerca di rilancio (Rebic, Theo Hernandez). Giampaolo era un allenatore che godeva della stima della dirigenza, ma dopo le prime sette giornate si è deciso di cambiare. Nonostante l’ex tecnico della Samp avesse vinto, prima di essere esonerato, un match difficile a Marassi con il Genoa. Dopo un tentativo fallito per Luciano Spalletti, la scelta è ricaduta su Pioli. Anche lui ex Inter, anche lui con la voglia di riscatto. Ma per ora né i risultati né il gioco sono arrivati. E a gennaio, pur senza molta possibilità di spesa, qualcosa si dovrà assolutamente fare. A meno che non ci si accontenti di un altro anno senza coppe: se continua così il Milan rischia di allontanarsi anche dall’Europa League.