Fuochi d’artificio, ventimila lanterne rosse e un ultimo sfarfallio della fiamma olimpica. Pechino saluta i XXIV Giochi Olimpici invernali e consegna il testimone a Milano-Cortina 2026. Nel Nido d’uccello, lo stadio nazionale della capitale cinese, in una sceneggiatura ideata dal regista cinematografico Zhang Yimou, il presidente Xi Jinping ha guardato il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach consegnare la bandiera olimpica ai sindaci Beppe Sala e Gianpietro Ghedina. Si conclude così un’Olimpiade spesso definita unica nel suo genere, con la compagine italiana che torna a casa con il secondo bottino più grande della sua storia, ma che deve fare i conti con il fattore tempo.

Masaner e Constantini sul maxischermo nella piazza di Cortina

Tante medaglie, ma pochi ori – Se il numero totale ci fa sorridere, le due sole medaglie d’oro tra le 17 conquistate ci riporta con i piedi per terra. A Lillehammer erano 7 su 20, ma era il 1994 e a percorrere le discese innevate norvegesi c’era la tre volte campionessa Deborah Compagnoni. Quest’anno a rovinare la festa sono proprio i risultati delle competizioni sciistiche. Mentre la squadra maschile torna a casa con le tasche vuote, quella femminile può consolarsi con la discesa libera. La svizzera Corinne Suter è riuscita a tenersi dietro sia Sofia Goggia, di rientro dall’infortunio al mondiale di Cortina, che Nadia Delago, al suo primo bronzo olimpico. Gli unici due primi posti sono arrivati con Amos Masaner e Stefania Constantini che hanno fatto scoprire agli italiani il fascino del curling misto e con Arianna Fontana nel pattinaggio short track. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha fatto i complimenti agli atleti azzurri sottolineando il loro essere «mostruosamente eclettici e multidisciplinari» visto che le medaglie sono arrivate da otto discipline diverse e riducendo il problema della penuria di ori a una «questione di centesimi, di infortuni, preparazione». È certo, però, che un problema almeno dal punto di vista anagrafico c’è: in questa edizione l’età media degli atleti azzurri era di 26 anni, ma tra 4 anni a Milano-Cortina si alzerà in mancanza di un profondo ricambio generazionale. Cosa che ad oggi sembra lontana: «Dal 1994 abbiamo perso 5 milioni di praticanti che oggi avrebbero l’età per andare alle Olimpiadi», ha dichiarato lo stesso Malagò che nel frattempo ha iniziato una trattativa con Arianna Fontana, 32 anni ad aprile, per convincerla a posticipare il termine della propria carriera.

Olimpiade unica nel suo genere – Che queste appena concluse sarebbero state delle Olimpiadi particolari si era capito già nel 2015, quando venne votata la città organizzatrice. Per la prima volta, una città dove si sono tenuti i Giochi estivi avrebbe ospitato anche quelli invernali. Non è una conseguenza del cambiamento climatico, ma solo un’impresa logistica e tecnologica. Il presidente Xi Jinping e i suoi tecnici hanno avuto l’intuizione, poi rivelatasi vincente, di convertire molti degli impianti voluti a Pechino nel 2008 dal predecessore Hu Jintao. Ad esempio, il Water Cube dove quattordici anni fa trionfava Federica Pellegrini, per questa edizione è stato congelato per far posto alle gare di curling, ancora favorevole agli italiani. A questi, sono state affiancate piste per le gare di sci coperte di neve artificiale realizzate con tecnologia italiana a basso impatto ambientale. Ai miracoli ingegneristici si sono poi affiancate le imprese politiche e burocratiche. Per evitare che la pandemia rovinasse i Giochi, il governo cinese ha messo in piedi una struttura organizzativa che non ha lasciato spazio a imprevisti: tamponi quotidiani, misurazione della temperatura all’entrata e all’uscita di ogni spazio chiuso, obblighi di registrazione di ogni movimento su app locali, perquisizioni personali e passaggi al metal detector. Tutto fatto con lo zelo che ha caratterizzato l’intero approccio a ‘tollerenza zero’ promosso dalla leadership comunista nella lotta al Covid.

Vittoria su ogni fronte – Provvedimenti ferrei, a volte lesivi della privacy e considerati esagerati, ma che alla fine hanno retto l’urto dei circa 3mila atleti che hanno partecipato alle gare, degli oltre 20mila visitatori e 60mila tra accompagnatori, allenatori, giudici, dirigenti sportivi, cronisti e volontari. Misure forzate che hanno reso questa edizione unica nel suo genere e che, come sperano Sala e Ghedina, non si ripeterà tra quattro anni. Quella della Cina è stata una vittoria anche dal punto di vista sportivo. Il «boicottaggio diplomatico» voluto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden è scivolato presto nel dimenticatoio: tutti i più grandi atleti americani sono volati in oriente per conquistare più medaglie possibile. Alla fine, però, chi è riuscito a vincere più ori è stato proprio il Paese ospitante, che arrivato a quota 9 nel medagliere finale si è piazzato al terzo posto dietro all’irraggiungibile Norvegia (16) e alla Germania (12), lasciandosi alle spalle gli otto degli Usa e i tre degli atleti di nazionalità russa.