«Il Milan pensa a un nuovo stadio, a un suo stadio. Stiamo dando loro del tempo, però alla fine qualcosa bisognerà fare.Credo che al Milan servano 2-3 mesi di riflessione, poi bisogna arrivare a una sintesi». Tutto è cominciato, o meglio ricominciato, con queste parole, pronunciate dal sindaco di Milano Beppe Sala durante un’intervista a Sky Sport. Il club rossonero non ha gradito, prendendo quell’avvertimento come un vero e proprio ultimatum. E la questione San Siro si è improvvisamente riaperta.

Il progetto di Sala – A ottobre 2016 il sindaco di Milano aveva svelato i suoi piani per il futuro di San Siro in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. «Si può immaginare – dichiarò Sala – di dividere idealmente lo stadio non solo con lo spogliatoio dell’Inter da una parte e quello del Milan dall’altra ma con tribune autorità e sky box da entrambi i lati e due ingressi separati. Metà stadio nerazzurro e l’altra metà rossonero. In questo modo ci sarebbe una caratterizzazione dell’impianto per le due società, che adesso sono costrette a lavorare in maniera precaria cambiando il layout ogni settimana e condividendo gli stessi spazi. Noi, come amministrazione, possiamo facilitare i processi urbanistici per dare dignità a questa area, mantenendo una vocazione sportiva».

La posizione dei due club – Negli ultimi tempi sia Inter che Milan hanno chiarito le loro posizioni. Il Milan vorrebbe uno stadio tutto per sé, possibilmente San Siro, altrimenti un nuovo impianto di proprietà. Stessa posizione per i nerazzurri, che vogliono restare a San Siro, ma da soli. Il Comune di Milano, proprietario dello stadio (i due club pagano 9 milioni di affitto all’anno, l’accordo scadrà nel 2030), vuole ammodernare il Meazza e per questo ha fretta di trovare una soluzione. Al Milan Sala ha proposto le zone di Rogoredo e Porto di Mare, a sud-est di Milano, come aree per l’eventuale nuovo impianto rossonero (a cui si aggiunge l’area Falck proposta dal sindaco di Sesto San Giovanni). Ma i rossoneri non hanno fretta, come conferma il comunicato di risposta al sindaco pubblicato martedì pomeriggio: «Fermo restando che il Milan ritenga importante pensare per il proprio futuro di giocare in uno stadio di proprietà, quindi non in co-abitazione con altre squadre, la decisione non potrà che essere presa con i tempi adeguati e con la piena condivisione di tutte le parti».

Situazione di stallo – Il risultato di questo braccio di ferro è che l’Inter vorrebbe ammodernare San Siro il prima possibile, così da avvicinarlo allo standard dei migliori impianti europei. Il Milan, invece, non vuole correre, perché non vuole investire in uno stadio in cui forse tra qualche anno non giocherà. E così si arriva al nuovo intervento di Sala, stavolta su Twitter, a entrambe le società: «Facciamola semplice: penso che per Milano, per i tifosi e i turisti, l’impianto debba essere ammodernato. Il Milan quando sarà in grado di dirmi se è disponibile o no a investire insieme sul nostro stadio?». «Sia chiaro a tutti – ha poi aggiunto il primo cittadino in un tweet di qualche minuto più tardi – l’invito vale anche per l’Inter, perché San Siro è lo stadio dei milanesi».

La disdetta del contratto con M-I Stadio – Mercoledì mattina, intanto, alla querelle si è aggiunta una nuova puntata. Il quotidiano Milano Finanza ha rivelato che, con una lettera inviata il 15 dicembre, il Milan ha rescisso l’accordo in scadenza il prossimo 30 giugno con M-I Stadio, la società di servizi che gestisce San Siro (occupandosi degli accordi per i concerti, del museo e dell’organizzazione delle partite). Il cda di M-I Stadio è composto da tre consiglieri nerazzurri e da tre rossoneri. Questo significa che la disdetta del Milan influisce indirettamente anche sull’Inter, che infatti a sua volta ha dovuto interrompere il proprio accordo con la società di servizi. Secondo la Gazzetta dello Sport il club di Suning è rimasto infastidito dalla mossa dei cugini, ma adesso le due squadre si dovranno sedere intorno a un tavolo e ragionare su un nuovo punto di partenza per la gestione ordinaria dello stadio a partire da giugno. Solo in seguito si potrà tornare a parlare di progetti più grandi, come la costruzione di un nuovo stadio a Milano.