Due metri e un millimetro lunghi 29 anni. Tanto ha resistito, in Italia, il record di Sara Simeoni, campionessa azzurra di salto in alto. Oggi, l’atleta che con Pietro Mennea è stata il volto dell’atletica italiana degli anni ‘80 sta per compiere 60 anni.
Era il 1978, quando in un pomeriggio d’agosto lo stadio di Brescia vide il suo quasi metro e ottanta spiccare il volo. Non c’erano giornalisti a registrare l’evento: tutti impegnati a Venezia, per l’atletica maschile. Qualche giorno dopo, però, Sara replicò il risultato agli europei di Praga. E quel salto non passò inosservato.
Il 19 aprile l’atleta festeggerà 60 anni. Non salta più da 1986. Lo slancio, però, non la ha perso: ha soltanto cambiato direzione: « quando ho smesso con le gare mi sono dedicata ai giovani, lavoravo con famiglie e tecnici, un bel progetto, funzionava ». Sara racconta la sua seconda vita con un po’ di rammarico, per non essere riuscita a regalare allo sport il suo contributo, oltre al record e alle medaglie: «il giocattolo d’un tratto me l’hanno tolto di mano, gli hanno cambiato nome e affidato a altri. Poi ho puntato sulle scuole. Ma dopo un po’ sono stata, come si dice, schienata, abbandonata e emarginata. Eppure non cercavo cariche e onori, volevo fare qualcosa in un campo che credo di conoscere bene ». Di nomi non vuole farne, ma alla vigilia del suo compleanno anticipa che racconterò tutto in un libro che già sta scrivendo.
Medaglia d’oro ai Giochi di Mosca del 1980, ha perso il primato nel 2007, quando Antonietta Di Martino ha stabilito per l’Italia un nuovo record: 2,03 metri, che le hanno regalato la medaglia d’argento ai Campionati del mondo di atletica leggera di Osaka. «Ci sono giovani bravi», dice Sara, pensando all’atletica di oggi: «dopo anni di purgatorio mi pare ci sia la voglia da parte del Coni di far tornare l’atletica a rivivere». Parole che celano una critica alla recente gestione dello sport italiano.
Giulia Carrarini