Il braccio si distende e il fioretto colpisce l’avversario al petto. Matteo Asnaghi esulta, ma non indietreggia. Non ha bisogno di tornare al proprio posto. È seduto sulla carrozzina, dato che ha una tetraparesi. Si trova nella Casa PlayMore!, la sala polifunzionale all’interno dell’omonimo centro sportivo. A Milano, in zona Moscova.
Ha 32 anni e da settembre 2019 è iscritto al corso di scherma, sua recente passione. Non si tratta di lezioni riservate alle persone diversamente abili. Sono aperte a tutti. Come a Sofia Bruschera, otto anni e mezzo e normodotata, che è rimasta affascinata da questo sport. E si sente a suo agio con chiunque. Sport4All, il programma promosso da PlayMore! e Fondazione Milan, punta proprio a includere e a integrare. Il papà di Sofia, Matteo Bruschera, è il responsabile dei progetti sociali e vede anche nella partecipazione della figlia la validità dell’iniziativa.
Il primo giorno, però, oltre ad Asnaghi, si erano presentati altri due ragazzi più piccoli: Francesco Lupi e Alberto Desina. Entrambi tetraplegici.
Ginevra Roato è l’istruttrice e all’inizio è andata nel panico: «Vedevo solo i loro limiti. Cosa gli faccio fare? Magari io non sono in grado? Sono tornata a casa piangendo». Momenti di sconforto anche per il suo collega Francesco Ronchi. «Ma quando sono davanti ai ragazzi crollano tutti i castelli che mi ero creato nella mia testa», sottolinea il 25enne milanese.
Dopo la prima lezione Roato ha guardato video per una settimana ed è tornata motivata. Si era posta alcuni obiettivi per ciascuno di loro e li ha raggiunti. «I bambini sono il mio amore e insegnare ai disabili è una sfida in più». Il primo anno c’erano solo tre iscritti, ma dal secondo si è arrivati a 10. Sette diversamente abili e tre normodotati. Per la 23enne di Novara «ogni cosa è filata liscia fin da subito e tutti si sono integrati». Lei si è avvicinata alla scherma quando aveva cinque anni ed era una fan del cartone animato Zorro. I genitori l’avevano portata a fare equitazione, ma non era la stessa cosa. Insiste e dalle scuole medie per lei lo sport è solo fioretto, spada e sciabola. Fino ad arrivare nel 2018 in Armenia a gareggiare agli europei under 23. E a vincere la competizione a squadre.
Asnaghi è soddisfatto della sua insegnante e ricorda le sue parole: «Prima pensa alla mossa che vuoi fare e poi la realizzi». Mente e corpo vanno di pari passo. Marina Migliavada, la madre di Asnaghi, lo ha presente e ha fatto praticare sport al figlio fin da piccolo: rafting, arrampicata, trekking con carrozze attrezzate e handybike. Ma anche musica. Da quando ha 10 anni lui suona il violoncello. E ora fa parte di “allegro moderato”, un’orchestra mista.
Oltre a Ronchi e Roato, a seguire i ragazzi c’è anche Davide Lovino. È un educatore sportivo che è sempre stato vicino alle persone in difficoltà. «Da bambino preferivo gli indiani, dato che mi sembrava troppo facile tifare per i cowboy», racconta il 50enne cresciuto nella zona Villapizzone di Milano. Un quartiere periferico negli anni ’80 dove «chi faceva più fatica veniva preso in giro», evidenzia. Ora la sua gioia più grande è vedere i giovani crescere con un’attenzione verso l’altro. «C’è un ragazzo che non ha le mie abilità, ma non importa perché mi diverto insieme a lui» è la frase che lo riempie di speranza. Ha visto alcuni ragazzini crescere e oggi stanno diventano uomini. Con valori. Per lui i volontari «arrivano con l’idea di aiutare, ma poi sono loro che vengono aiutati». Non si tratta di un dare, ma di uno scambio. E reputa lo sport uno strumento eccezionale.
All’interno di Sport4All ci sono anche altri progetti. La Superleague è un torneo di calcio misto: diversamente abili e normodotati giocano e si divertono insieme. Con Playmore United, invece, si tratta di un altro tipo di integrazione: partecipano rifugiati da tanti Paesi. Lovino cita Mandela: «Lo sport ha il potere di cambiare il mondo e creare speranza dove c’è disperazione. Mette in contatto e unisce i popoli».
Con il lockdown le attività si sono trasferite online, ma in presenza prosegue la RunChallenge. Con qualche correttivo. Si tratta di un running club misto: persone di qualsiasi età e abilità possono partecipare agli allenamenti. «Prima si correva in gruppi di decine di persone, mentre ora a coppie, dato che i disabili possono essere accompagnati», racconta Enrico Petracco, il responsabile dell’iniziativa. Le persone partecipano con la maglietta della RunChallenge e il format prevede almeno un allenamento alla settimana. Il 36enne che a Playmore si occupa anche del fundraising evidenzia: «Spesso i progetti hanno carattere locale, ma questo è andato oltre Milano». Centinaia di persone in tutta Italia e sta per nascere un punto anche a Berlino. Al #BeInclusive Eu Sport Awards su 182 iniziative presentate è stato selezionato tra i nove finalisti. Il primo dicembre a Bruxelles la Commissione europea potrebbe definire la RunChallenge il progetto sportivo inclusivo del 2020.