Nello sport, come nella vita, bisogna saper perdere. Ma a volte non è così facile. Ne sa qualcosa Florentino Perez, che a distanza di ormai più di 24 ore dal tramonto dell’operazione Super League non è pronto a dire addio a quella che avrebbe dovuto essere – almeno nelle intenzioni dei suoi promotori – una delle più ambiziose riforme del calcio professionistico europeo. «La Superlega non è morta, Milan e Inter sono ancora dentro»: il presidente del Real Madrid tenta così nella notte ai microfoni di El Larguero della Cadena Ser di rianimare in extremis il progetto che, almeno in apparenza, è nato e morto nell’arco di due giorni. Nella notte tra martedì 20 e mercoledì 21 aprile, poco più di 48 ore dopo l’annuncio iniziale, la stessa lega dei 12 super club europei aveva annunciato che in seguito agli ultimi sviluppi, il progetto sarebbe stato modificato. Ora c’è chi raccoglie i cocci come il dirigente della Juventus Andrea Agnelli e chi, come la bandiera milanista Paolo Maldini, chiede scusa, non senza un attacco a chi – il riferimento è a quel «livello più alto», ovvero la proprietà del club – ha scelto senza coinvolgerlo.

Andrea Agnelli

Andrea Agnelli, (Ansa/ Di Marco)

Il sogno svanito – Il progetto di riunire le 12 squadre più ricche e potenti del mondo per creare una nuova competizione si è ormai frantumato in mille pezzi. La parola fine è arrivata nella mattinata di giovedì 22 aprile e a pronunciarla è stato uno dei suoi più grandi sostenitori, Andrea Agnelli: «Dobbiamo essere franchi e onesti, non può andare avanti. Resto convinto della bellezza del progetto, avremmo creato la migliore competizione del mondo», ha ammesso il presidente della Juve. La caduta è stata così rovinosa che nei giorni successivi alla notizia, prima della creazione della lega poi del suo irrimediabile fallimento, si è perfino parlato di possibili dimissioni del numero uno bianconero. Sono state poi smentite, ma resta il fatto che il presidente dell’Eca è ad oggi il simbolo della sconfitta.

La disfatta – Che il progetto non fosse stato ponderato in tutti i suoi aspetti è emerso già dopo poche ore dal suo annuncio. I primi spintoni verso il baratro li hanno dati proprio i tifosi di uno dei club fondatori, il Chelsea. Nel quartiere londinese il pomeriggio del 19 aprile un migliaio di tifosi ha assediato lo Stammford Bridge e bloccato il pullman della squadra per mezz’ora. «Siamo tifosi, non clienti!» urlava la folla in rivolta. Subito dopo è arrivato l’ordine di Roman Abramovich al Chelsea: «Basta, si esce». Sono solo i primi. Poi nella notte, uno dietro l’altro, ecco gli annunci del ripensamento deli altri cinque club inglesi coinvolti: Manchester United, Manchester City, Tottenham, Liverpool e Arsenal. Poi le scuse. Quelle dell’Arsenal e del Liverpool. Innanzitutto ai tifosi: «Abbiamo commesso un errore e ce ne scusiamo» scrivono i Gunners in un tweet, il cui vicepresidente Ed Woodward, tra i maggiori sostenitori del progetto, ha annunciato le dimissioni per fine 2021. Un’iniziativa non destinata a ricevere «il sostegno dei tifosi» l’ha definita il presidente dei Reds John W. Henry in un messaggio video.

I club italiani – Nelle ore successive alla ritirata inglese e alle tensioni con Fifa e Uefa«minacce» le ha definite Agnelli – anche i club italiani hanno dovuto fare i conti con l’evidenza: Juventus, Inter e Milan hanno abbandonato il progetto, ma non senza nascondere che in fondo per loro la strada sarebbe ancora percorribile. Ci spera soprattutto Perez che nell’intervista nella notte tra mercoledì e giovedì ha provato a insistere: «Dicono che la Juventus se n’è andata, e non è così. Dicono che il Milan se n’è andato, e non è così. Anche gli inglesi sono ancora dentro, come il Barça. Siamo ancora tutti dentro perché per uscire bisogna pagare una sanzione».

Maldini vs Gazidis – Ma, in questa confusione di comunicati stampa, una voce ha fatto la differenza. È stata quella di Paolo Maldini. Il direttore tecnico del Milan non ha esitato a chiedere scusa per la faccenda, né ha temuto di smaccarsi dalla linea seguita dall’amministratore delegato Ivan Gazidis: «Non sono mai stato coinvolto nelle discussioni per la Superlega, una decisione a un livello più alto rispetto al mio. Ma questo non mi esenta dal prendermi la responsabilità di scusarmi con non solo con i tifosi del Milan, ma dei tifosi in generale». Poi ha aggiunto: «Un dirigente di club nel 2021 sa che i ricavi sono importanti ma sicuramente non possiamo spingerci fino a cambiare i principi dello sport che sono fatti di meritocrazia».