Dare dello «zingaro» a Dusan Vlahobvic non sono espressioni razziste ma «insulti per altri motivi». E’ questa la stravagante giustificazione con cui l’allenatore atalantino Gian Piero Gasperini ha commentato i cori – esplicitamente razzisti – che la sua tifoseria ha rivolto contro il centravanti bianconero. Ma la Fifa non è d’accordo: il presidente Gianni Infantino ha scelto di chiamare le cose con il loro nome, definendo quei cori «un insulto razzista» e dichiarando: «Una volta per tutte: No al razzismo. No a qualsiasi forma di discriminazione». Infantino chiede alle «autorità competenti di garantire l‘applicazione di sanzioni severe per contrastare tali episodi e fungere da deterrente». Come sottolineato dallo stesso Infantino, «non si tratta di un episodio isolato»: poco più di un anno fa, quando Vlahovic era passato dalla Fiorentina alla squadra di Allegri, i tifosi della Viola, accompagnati da diecimila fischietti bianchi e rossi, avevano più volte ripetuto quello stesso coro contro il giocatore.
Dichiarazioni – Ma con il caso Vlahovic si assiste a un doppio tuffo carpiato in cui non solo si giustifica il razzismo, ma c’è anche chi giustifica chi il razzismo lo ha giustificato. Il presidente dell’Associazione italiana allenatori Renzo Ulivieri, ospite di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1, ha commentato le parole di Gasperini affermando: «Sono dichiarazioni fatte a fine partita che hanno destato qualche perplessità, poi se ci ripensa un attimo anche Gasperini probabilmente qualcosa correggerebbe». L’ex fuoriclasse della Juventus Michel Platini è invece chiaro nel suo giudizio: «La colpa non è dei giocatori, ma di chi insulta». Sull’ammonizione di Vlahovic commenta: «Conosciamo gli arbitri… è un ambito strano».
Cartellino giallo – L’arbitro Daniele Doveri ferma il gioco per circa un minuto, solo dopo essere stato sollecitato da Vlahovic, per gli insulti razzisti che la curva bergamasca rivolge al centroavanti bianconero. Poco dopo riprende la partita e il numero 9 della Juventus segna, con un assist di Chiesa, il secondo gol al 98’. Vlahovic esulta portando un dito davanti alla bocca: voleva azzittire la tifoseria avversaria ma è stato colpito dal cartellino giallo dell’arbitro. È la storia che si ripete. Un mese fa l’ammonizione, dal peso più forte perché si trattava di un rosso, era toccata a Lukaku dopo il rigore nella semifinale di andata di Coppa Italia. L’arbitro aveva applicato alla lettera il protocollo che all’articolo 12 prevede: «Un calciatore deve essere ammonito, anche se la rete non viene convalidata, se: […] agisce in modo provocatorio o derisorio». L’esultanza dell’attaccante dell’Inter, in reazione agli insulti e ai versi della curva, era stata considerata dall’arbitro una provocazione contro la tifoseria juventina. Lukaku era poi stato graziato dalla Federcalcio, con la revoca del secondo cartellino e quindi della squalifica. Il precedente crea per il presidente Gravina una situazione particolarmente scivolosa: non concedere a Vlahovic lo stesso trattamento alimenterebbe un’inevitabile polemica per scelte che distinguono tra razzismo da ammonire e razzismo giustificabile.
Il ruolo dei tifosi – Se gli arbitri rispettano così puntualmente le regole nei confronti dei giocatori, non si può dire lo stesso per quanto riguarda i tifosi: quando vengono fatti cori razzisti, il regolamento prevede squadre ferme al centro del campo dopo il primo episodio razzista e giocatori direttamente negli spogliatoi dopo il secondo. Ma, nei fatti, quando i cori ripartono per la seconda volta, il gioco raramente, per non dire mai, viene fermato. Ad esprimere tutta la sua delusione è il Primo cittadino di Bergamo Giorgio Gori: «Cori contro Stankovic a Roma, contro Lukaku a Torino, contro Vlahovic a Milano e Bergamo. Non sono insulti qualsiasi, è razzismo ed è ora di darci un taglio. Io poi non sopporto di vedere la mia città sui giornali per figuracce come quella di ieri. Bergamo è altro e merita altro».