Si scrive Wembley, si legge tempio del calcio. Lo stadio di Londra che domenica 11 giugno ospiterà la finale degli Europei 2020 tra Inghilterra e Italia è da un secolo il prato dove sognano di correre e alzare un trofeo. “In un mondo che sta sviluppando un crescente entusiasmo per lo sport, non c’è altro posto paragonabile a Wembley”, si leggeva nella Guida Ufficiale alla British Empire Exhibition del 1924. Originariamente denominato Empire Stadium da Re Giorgio VI (1936-1952), padre dell’attuale sovrana Elisabetta II, lo stadio in cui gli Azzurri affronteranno i Leoni non è più quello di un tempo dopo essere stato abbattuto e ricostruito nel 2007.

La storia – Incastonato nel sobborgo londinese di Brent, la costruzione di Wembley rientrava in un progetto di trasformazione dell’area iniziato con la costruzione della ferrovia che lo collegava alla capitale. Per farne un business immobiliare e turistico e per riportare l’Impero ai suoi vecchi fasti, il governo britannico scelse Brent come luogo dell’Expo del 1924. E quale idea migliore che dare un impianto di calcio nazionale a chi il calcio l’aveva inventato? Anche perché nel 1872 l’allora Football Association aveva deciso di far giocare tutte le finali della Coppa d’Inghilterra (FA Cup) a Londra.

I lavori per Wembley iniziarono con una cerimonia ufficiale nel 1922 e furono affidati all’impresa di Sir Robert McAlpine, che ebbe il compito di eliminare i resti della  Watkin’s Tower, la torre che avrebbe dovuto superare in altezza la Tour Eiffel, ma che venne invece demolita nel 1907 dopo aver terminato solo la prima sezione che sfiorava i 47 metri. Agli architetti Sir John Simpson e Maxwell Ayrton e all’ingegnere Sir Owen Williams servirono 25mila tonnellate di cemento armato per costruire la struttura, che fu edificata in soli 300 giorni. L’iconico vialone che dal parco adiacente porta allo stadio e le due torri laterali ora scomparse, lo resero iconico. Con l’inaugurazione del 28 aprile 1923 iniziarono la storia e la gloria di Wembley.

La prima partita – Il match d’esordio disputato nello stadio fu la finale la finale di FA Cup del 1923, giocato tre settimane dopo l’inaugurazione. L’incontro rimase nella storia non tanto per la vittoria del Bolton Wanderers contro il West Ham United, ma perché un gendarme a cavallo entrò in campo per disperdere il pubblico che aveva invaso il terreno di gioco prima dell’inizio. Il cavallo bianco Billy, condotto dal poliziotto George Scorey, diventò più famoso della partita stessa, da allora chiamata “The White Horse Final”, a cui assisteranno 127mila persone.

La finale del ’66 – Come in un racconto scritto da Arthur Conan Doyle, il mondiale del 1966 giocato in Inghilterra inizia con un furto d’autore: la Coppa Rimet, destinata a essere sollevata dalla squadra vincitrice, viene rubata il 20 marzo 1966 dalla Westminster Central Hall, dove si trova in esposizione. Anche senza l’intervento di Sherlock Holmes, la coppa venne ritrovata domenica 27 marzo, nel giardino del 26enne londinese David Corbett. In seguito si scoprirà che gli autori erano stati due fratelli, Sidney e Reg Cugullere. Ma, per molti, quello della coppa non fu il furto più eclatante di dell’evento. Il teatro? Ovviamente Wembley. L’Inghilterra guidata da Alf Ramsey, partita senza il favore del pronostico, giocava la finale dei mondiali contro la Germania. Al minuto 89 i tedeschi segnano il pareggio del 2-2: si va ai supplementari. Qui accade qualcosa che, 55 anni dopo, a Berlino ancora ricordano secondo per secondo: Alan Ball si avvia sulla fascia e mette il pallone in mezzo; a riceverlo è Geoff Hurst, con il numero 10 sulle spalle. L’attaccante in forza al West Ham controlla, si gira e calcia. La palla rimbalza sulla traversa interna e tocca la linea, senza entrare. Ma l’arbitro e il guardalinee convalidano la rete. Il gol fantasma spiana la strada all’Inghilterra che vincerà la partita per 4 a 2. Hurst segnerà una tripletta (tuttora l’unico a esserci riuscito in una finale mondiale) e i Leoni vinceranno il loro primo – e unico – trofeo della storia. La Germania si prenderà una piccola rivincita il 7 ottobre del 2000, battendo l’Inghilterra nelle qualificazioni ai mondiali del 2002 proprio nell’ultima partita giocata nel vecchio Wembley.

I precedenti con l’Italia – Se a Berlino Wembley rievoca brutti ricordi, per l’Italia le partite contro l’Inghilterra in quello stadio godono di un ottimo storico. Due le sconfitte all’ultimo respiro che gli azzurri hanno inflitto ai padroni di casa nel loro stadio. La prima è un’amichevole di lusso organizzata per celebrare i 75 anni della Figc, nel 1973. Una vigilia molto polemica con gli inglesi che definiscono gli italiani “squadra di camerieri”, con riferimento al passato di Giorgio Chinaglia. All’86esimo sarà proprio Chinaglia a servire il cross che, respinto dal portiere, finirà sul destro di Fabio Capello. Tap-in vincente e partita che finisce 1 a 0.

Ventiquattro anni dopo toccherà a Gianfranco Zola seguire le orme di Capello. Questa volta la cornice è quella della qualificazione dei mondiali. Il gioiello del fantasista sardo, nominato in seguito baronetto dalla Regina Elisabetta II, arriva al 19esimo: Costacurta lanciò un pallone dalla destra per “Magic Box” che infilò il pallone sotto la traversa. Gol e vittoria.

Se per i colori azzurri Wembley è uno stadio fortunato, per l’allenatore Roberto Mancini lo è meno. Proprio qui, infatti, l’ex calciatore blucerchiato arrivò a un passo dal portare la Sampdoria sul tetto d’Europa. Era il 1992 e l’avversario era il Barcellona. La partita finì 1 a 0 per i catalani dopo i tempi supplementari. Accanto all’attuale commissario tecnico giocava Gianluca Vialli. I due sono ancora insieme sulla panchina, il primo come allenatore, il secondo come dirigente. La vittoria negli ottavi contro l’Austria proprio a Wembley ha cominciato ad allontanare i brutti ricordi del 1992, ma per completare l’opera manca ancora un passo. L’ultimo.