«Per avere dedicato la sua vita alla difesa dei più deboli, e in particolare dei più giovani e fragili, sposando la causa delle vittime della droga, dell’emarginazione, della violenza sociale e familiare, del pregiudizio». Con queste motivazioni l’Università Statale di Milano ha conferito a Don Gino Rigoldi la Laurea ad honorem in Comunicazione pubblica e d’impresa. La proclamazione si è svolta il 4 dicembre, durante l’inaugurazione del nuovo anno accademico.

Don Gino è il cappellano dell’istituto penale per Minori Cesare Beccaria di Milano e il fondatore di Comunità Nuova, associazione che si occupa dell’inserimento sociale dei ragazzi usciti dalla detenzione. “Sono da quarantuno anni al Beccaria, ormai faccio parte del mobilio”, ha scherzato davanti al Rettore, ai docenti e al pubblico che ha riempito l’aula magna dell’Università. Di onorificenze ne ha ricevute tante – è cittadino benemerito del Comune di Milano, Ambrogino d’Oro e Cavaliere della Repubblica – ma questo titolo gli ha fatto particolarmente piacere. Perché lui l’Università non ha potuto frequentarla. “Ho dovuto imparare da solo”, ha ricordato.

La sua Lectio Magistralis è stata schietta e sincera. Un intervento forse poco accademico, ma molto apprezzato dalla platea. «Comunicare è stato per me un impegno quotidiano. Mi è servito per creare un legame con i ragazzi di cui mi prendevo cura». La comunicazione, secondo Don Gino, non si esaurisce nella parola. Deve portare alla relazione, a guardare alle altre persone con amicizia e creare progetti e cammini comuni. È una scelta antropologica e di fede. «Oggi abbiamo un’inflazione di parole e una grande ignoranza dell’amore», ha avvertito dal palco. Relazione, cura e amore sono termini che ritornano più volte nel suo intervento.

Don Gino ha rivolto poi un invito alla Chiesa: «Deve trovare una nuova immagine. Più accogliente, dinamica e gioiosa, meno legata all’idea di colpa. Vorrei che si cambiasse il sacramento della confessione: non basta dire “Dio ti perdona”». Bisogna saper ascoltare e curare, anche di fronte a ragazzi che hanno commesso i peggiori reati. Ed è quello che Don Gino fa da una vita: «Per me – dice – sono delle persone, non dei criminali».

Articolo di Simone Gorla, intervista video di Chiara Piotto