Il 25 gennaio un ragazzino di 12 anni è stato aggredito da due quindicenni in un parco a Campiglia Marittima, in provincia di Livorno, con calci, sputi e offese antisemite come «ebreo di m…., devi morire nel forno, devi stare zitto». Un episodio accaduto solo due giorni prima della Giornata della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto, che ricorre ogni anno il 27 gennaio: una coincidenza che spinge a interrogarsi sul senso di “memoria” oggi, una riflessione che è stata il fil rouge dei numerosi interventi dell’evento La Statale per la Memoria: due eventi online per ricordare la Shoa, organizzato dall’Università Statale di Milano.

L’evento – Un convegno online in due parti (Raccontare la Shoa: competenze e prospettive multidisciplinari e L’eco e il riflesso della Shoa tra storia e letteratura) ha occupato la mattinata, mentre nel pomeriggio l’appuntamento è con la presentazione del libro Charleston. Storia di una grande famiglia travolta dalla Shoa di Enzo Fiano, online e in diretta sul canale YouTube d’Ateneo. Nel convegno mattutino, organizzato su Teams, docenti, giornalisti e scrittori hanno discusso il valore della memoria oggi, di volta in volta, con un punto di vista disciplinare e umano diverso: letterario, giuridico e politico. L’evento è iniziato con gli interventi d’apertura di Marilisa D’Amico, prorettrice alla Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti, Marina Carini, prorettrice alla Terza Missione e referente per la Rete delle Università per la Pace, Lamberto Bertolé, assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano, e la lettura di un messaggio di saluto da parte della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla prigionia nei campi di concentramento.

Memoria e integrazione europea – «La memoria ha senso di esistere se è proiezione nel futuro dei valori del passato nel presente e non evocazione del passato». È questo, secondo Anna Mastromarino, docente di Diritto pubblico comparato all’Università di Torino, uno dei motivi dietro quel senso di stanchezza verso la Giornata della Memoria sempre più evidente – seconda la studiosa – nell’opinione pubblica. La domanda che secondo Mastromarino ci si dovrebbe porre riguarda la possibilità di fare del ricordo dell’Olocausto uno dei pilastri attorno cui costruire l’integrazione europea. «Il pericolo – avverte la docente – è che ogni Paese si leghi al simbolo della Shoa attraverso nessi logici, creando così delle memorie divisive. Non basta una memoria, occorre costruire una memoria etica, che da collettiva diventi comune».

La sfida “didattica” – Per lo scrittore e giornalista David Bidussa il limite più evidente che oggi incontra il concetto di “memoria” è legato alla necessità di rivedere l’approccio utilizzato nelle scuole per l’insegnamento della storia. «Questa – ha commentato il giornalista – non è archeologia. Non è una fotografia, assomiglia piuttosto a un film. Il suo insegnamento non può prescindere dalla geografia umana: uno degli obiettivi della storia è aiutare a comprendere la realtà in cui si vive».

La Storia e le storie – Un altro tema che si impone oggi, a oltre 70 anni da quella terribile pagina della storia europea, è la scomparsa dei testimoni diretti. Spetta a figli e nipoti raccogliere la loro eredità di memorie. Una responsabilità che Lia Tagliacozzo, redattrice culturale e scrittrice, sente come un dovere verso la propria famiglia e l’intera collettività, perché «non si può raccontare la Shoa – spiega Tagliacozzo – senza la Storia (quella con la lettera maiuscola), ma è impossibile farlo anche senza il contributo delle piccole storie, quelle che i singoli hanno vissuto sulla loro pelle gli eventi che oggi si leggono sui libri».