“Quando si parla di immatricolazioni si dovrebbe ragionare con la capacità di allargare e non di chiudere, soprattutto per quanto riguarda alcune facoltà”. La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, è intervenuta sull’introduzione del numero chiuso per i corsi di Studi umanistici all’Università Statale di Milano. “Dobbiamo puntare su un numero maggiore di laureati”, ha ricordato ieri al termine di un convegno. Ma, ha aggiunto, il tema dei test d’ingresso “è una questione che devono affrontare le università, visto che hanno autonomia”. Le parole della ministra non possono modificare la decisione del Senato accademico della Statale, che lo scorso martedì 23 maggio ha approvato il numero chiuso già da settembre 2017. Ma potrebbero influire sul percorso di attuazione dei test. Tanto più che la strada presenterà forse qualche difficoltà.

Gli studenti dei collettivi sfilano contro il numero chiuso in Statale

I Dipartimenti contro il Rettore – Il Senato accademico ha dunque approvato la proposta del Rettore: via ai test per i corsi di Lettere, Geografia, Filosofia, Storia e Beni culturali già dal prossimo anno accademico. La votazione ha spaccato il massimo organo politico dell’ateneo: i voti a favore del numero chiuso sono stati 18, la soglia minima per il via libera. Degli altri 17 votanti, 11 si sono dichiarati contrari e 6 astenuti. Uno dei voti favorevoli però, secondo quanto riportato da Repubblica, sarebbe stato raccolto per via telefonica: una procedura che potrebbe venire impugnata in caso di ricorso. Ma c’è di più. I test d’ingresso dovrebbero essere organizzati dalle commissioni paritetiche per la didattica dei singoli Dipartimenti. I membri della commissione di Filosofia, tuttavia, si sono dimessi in segno di protesta: l’opposizione dei Dipartimenti potrebbe creare difficoltà nell’attuazione del numero chiuso.

 

 

I posti disponibili da settembre – Nel concreto, il test d’ingresso selezionerà il numero di studenti stabilito dal Senato accademico col voto del 23 maggio. In particolare, i posti disponibili per Lettere saranno 550; per Geografia 230; per Filosofia 530; per Storia 480 e per Beni culturali 500. Ovviamente confermato il test per i corsi di Lingue e Comunicazione, già introdotto negli anni scorsi: i numeri di accesso per il 2017/2018 prevederanno 650 posti per Lingue e 250 per Comunicazione. Filosofia e Storia sono i corsi più penalizzati rispetto al numero di matricole iscritte nel 2016/2017, mentre gli iscritti a Lettere saranno circa gli stessi dell’ultimo anno.

Il voto del Senato accademico ha scontentato soprattutto i rappresentanti degli studenti, che chiedevano di introdurre i test di autovalutazione invece delle prove selettive. A settembre 2016, il test di autovalutazione era stato somministrato alle future matricole di Lettere: forse anche grazie ai risultati di questo test, gli iscritti erano scesi dai 680 del 2015/2016 ai 545 del 2016/2017. Ma il Senato ha preferito introdurre subito il numero chiuso.

 

 

Chi invece si è dichiarato favorevole ai test d’ingresso è il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. “A Oxford ci sono 100 laureati all’anno in filosofia, mentre qui abbiamo 700/800 richieste: non è che rischiamo di accogliere tutti e creare tanti disoccupati?”, ha detto ieri il primo cittadino.

La mozione degli studenti – Il numero chiuso a Studi umanistici serve alla Statale per non violare le norme della riforma Gelmini. La legge, infatti, stabilisce un numero minimo di docenti in rapporto agli studenti iscritti: se un’università vìola questo rapporto, subisce una “procedura d’infrazione” per cui non può attivare nuovi corsi di laurea in qualsiasi Facoltà. La Statale non ha le risorse per assumere tutti i docenti necessari a Studi umanistici, così si ritrova di fatto obbligata a introdurre i test d’ingresso per non penalizzare l’offerta formativa di altre discipline, come quelle scientifiche. Ecco allora che il problema di fondo si riduce a una carenza di fondi. Per questo motivo, sempre nella seduta del 23 maggio, il Senato accademico ha votato all’unanimità una mozione presentata dalla Conferenza degli studenti dell’ateneo. Nel testo, dal titolo “Rilancio università pubblica”, si chiede che la Statale manifesti “in tutte le sedi competenti” la necessità di nuovi programmi di finanziamento, per “contrastare l’impoverimento del settore della ricerca e dell’alta formazione”.