ALZARE LA TENDA

Animali da circo: una tradizione in declino. Quale sarà il futuro dello spettacolo sotto il tendone?

di Sara Bottino e Francesco Crippa

Alle 8.00 il buongiorno con dell’acqua calda, poi la pulizia delle zampe, quindi colazione con fieno nuovo. A mezzogiorno altra acqua, ora tiepida. Alle 15.00 una passeggiata per sgranchirsi la proboscide e poi, finalmente, in camerino per prepararsi allo spettacolo. Da 47 anni questa è la routine quotidiana di Rami e Mantra, due elefantesse nate in cattività e discendenti da altre quattro generazioni di elefanti circensi. La loro è la famiglia Gärtner: domatori di elefanti da generazioni, conosciuti in tutto il settore per le loro esibizioni e provenienti dal Circo nazionale austriaco. Come ognuno di noi, anche Rami e Mantra, quando sono nate non sapevano cosa avrebbero fatto nella vita o dove avrebbero vissuto. Crescendo sono diventate, letteralmente, due tra le più grandi artiste del circo. Ma era questo il destino migliore per loro?

La presenza degli animali esotici nei circhi è un’antica tradizione, ma oggi si trova a fare i conti con una sensibilità nuova. Per molti, è ormai obsoleto e va superato: secondo un sondaggio condotto da Lav (Lega antivivisezione) in collaborazione con Doxa, il 76% degli italiani è contrario alla presenza degli animali nei circhi. In occasione degli spettacoli non è difficile trovare fuori dai tendoni dei sit-in delle associazioni animaliste, ma la protesta è uscita da quella piccola arena: lo scorso 1° febbraio due attivisti hanno imbrattato la Fontana dei Leoni in piazza del Popolo a Roma al grido di «Basta animali nei circhi». Si tratta della nuova campagna “Ruggiti di libertà” del movimento Ribellione Animale. Un’azione di disobbedienza civile non violenta nata dopo la fuga di Kimba, il leone scappato dal circo di Ladispoli lo scorso 11 novembre. «Lo stiamo facendo per portare l’attenzione su una tortura enorme che avviene per il diletto degli esseri umani», ha detto una delle attiviste in Piazza del Popolo. Come riporta Lav, attualmente sono 25 su 27 gli Stati Membri dell’Unione Europea che hanno adottato restrizioni a livello nazionale sull’uso di animali selvatici nei circhi. In Italia, la legge delega che potrebbe vietare definitivamente l’uso di questi animali nei circhi, è slittata ad agosto 2024.

La casa di Rami e Mantra è un tendone a strisce gialle e verdi posizionata sul retro del grande Chapiteau del Greca Orfei. Il circo si è stabilito in un parcheggio del Forum di Assago: un enorme e multiforme tendone rosso e bianco decorato con lucine a intermittenza e insegne al neon. Più ci avviciniamo, più le lettere delle insegne danno forma alla parola «Fantastico». Un mondo così fantastico che, osservato dalla tangenziale, sembra quasi lo stabilimento di un essere alieno, sicuramente molto eccentrico, che ha deciso di piazzarsi nel bel mezzo di una distesa di cemento. Una desolazione industriale che accoglie tigri, leoni ed elefanti. Animali, ai nostri occhi esotici, e che non siamo abituati a vedere gironzolare in un parcheggio. 

La curiosità di osservare dal vivo questi esemplari attira ancora le persone. Poco prima che inzi lo spettacolo del tardo pomeirggio c’è folla davanti all’ingresso del circo, ma non tutti sono lì per intrattenersi. Si creano due gruppi ben distinti fra loro: chi sceglie di entrare come spettatore e chi, invece, sceglie di restare fuori a protestare. 

Da che parte stare?

Il problema sollevato da coloro che scelgono di restare fuori dal tendone riguarda il benessere degli animali, che come dimostrato da diversi studi non viene tutelato dalla vita circense. Il punto non sono tanto i maltrattamenti fisici come percosse o lesioni, peraltro difficili da documentare, quanto la sofferenza psicologica inferta, seppur involontariamente, agli animali.

Rami e Mantra non sono mai state addestrate con il pungolo, il cosiddetto ankus indiano, una specie di asta che termina con un gancio ad uncino usato per ferire l’elefante e domarlo. «La risposta al comando non avviene per paura del dolore, ma per il desiderio di ricevere un premio che corrisponde al cibo», racconta Josef Gärtner, giovane domatore della famiglia che si occupa di loro 24 ore su 24. «Se usassi la violenza non ci sarebbe fiducia e loro non potrebbero stare così libere come le vedete». I metodi violenti, ormai, sono passati.

Se per la tutela del benessere fisico il mondo del circo contemporaneo è pronto a condannare prontamente la violenza come metodo di addestramento, per il benessere psicologico la situazione si complica. «Sono amati, accuditi e curati tutti i giorni da noi, viviamo per loro, come possono stare male?», dice Francesco Berosini, domatore di felini del circo Greca Orfei.«È chiaro che non li bastonano, però ragioniamo su cosa vuol dire benessere animale…», dice Gustavo Gandini, professore di medicina veterinaria all’Università degli studi di Milano e Garante degli animali del Comune. Gli fa eco Eleonora Panella, portavoce di Lav: «Gli addestramenti coercitivi e violenti non vengono più utilizzati da tempo, ma i problemi riguardano gli spazi, che comportano forzature psicologiche».

Quando sottoposti a forti stress, gli animali adottano comportamenti anomali, sintomo di una condizione di vita non ideale. È il caso, ad esempio, delle stereotipie, cioè delle azioni ripetute e continue che non hanno uno scopo: alzare a abbassare una zampa a intervalli regolari (come poi si dovrà fare in pista), dondolare la testa a destra e sinistra e così via. «Le stereotipie», commenta Enrico Moriconi, medico veterinario, consulente etologico ed ex Garante della tutela del benessere animali per la Regione Piemonte, «sono segnali di sofferenza e di stress», ma esistono altre anomalie comportamentali che denunciano una condizione di sofferenza. Un’altra spia, per esempio, è la mancanza di appetito sessuale: «Perché gli animali nei circhi e negli zoo non si riproducono? Perché una delle conseguenze dello stress è diminuire la capacità riproduttiva».

La sofferenza psicologica a cui vanno incontro gli animali è dovuta, principalmente, a due fattori: da un lato, il trasporto da una città all’altra, che è frequente e che avviene dentro a container, spazi troppo angusti per tigri, elefanti, leoni, cammelli; dall’altro, la vita all’interno di una gabbia o un recinto. Secondo la normativa vigente, container, gabbie e recinti devono rispettare delle misure minime, che però risultano comunque insufficienti a soddisfare le esigenze degli animali che ospitano. In più, spiega ancora Moriconi, spesso mancano i dovuti arricchimenti, cioè «gli oggetti che gli animali dovrebbero avere a disposizione per interagire con loro e per effettuare degli esercizi ludici: palle, tronchi, eccetera. Le tigri, per esempio, come tutti i felini usano marcare il territorio con l’urina e alzandosi sollevando le gambe posteriori contro i tronchi d’albero. Quindi a una tigre ne servirebbe uno impiantato per terra, cosa che naturalmente non si può portare in giro».

Secondo Filippo Portoghese, avvocato civilista ed esperto in diritto e tutela del benessere degli animali, «il circo in realtà ripropone a livello macroscopico problemi quotidiani. Che differenza c’è tra il leone in gabbia e il cane portato nella borsa? Anche questo è maltrattamento». Lo stesso, sottolinea, vale per i cani impegnativi (pitbull, molossi e simili) che vivono in appartamenti piccoli e privi di spazi aperti.

Proprio questa è una delle argomentazioni usate dai circensi per difendere la tradizione: ripetono in coro: perché il dito viene puntato solo su di noi e non anche contro zoo, allevamenti intensivi, maneggi?

«Dicono che il mondo circense tratti male gli animali, ma dovrebbero vivere con noi e vedere se è vero o meno. Se uno ama un animale è impossibile trattarlo male», sostiene Massimiliano Martini, addestratore di animali esotici e proprietario del Madagascar Circus. «Per me gli animali sono come persone, sono famigliari, sono amici e sono artisti», aggiunge.

Un’altra argomentazione a supporto della presenza degli animali esotici nei circhi è che, essendo nati in cattività e crescendo fin dall’inizio a stretto contatto coi domatori, questi esemplari sono radicalmente diversi dai loro «cugini» che vivono in natura. «Volenti o nolenti questi sono animali ormai domestici. Hanno un istinto che è quello proprio della loro specie, ma sono animali che ormai conoscono l’uomo e condividono ogni momento della loro quotidianità con lui», sostiene Max Vismara, addestratore di cani a Ravenna. E aggiunge: «Il leone al circo fa il cane perché è nato cane».

Veterinari ed etologi respingono questa posizione. «Gli animali dei circhi, anche se figli di animali già viventi in cattività, non sono “abituati” alla cattività, poiché i comportamenti naturali sono codificati nel patrimonio genetico», spiega in una ricerca Enrico Moriconi. «I caratteri genetici, stabilizzati da milioni di anni, non possono certo mutare nel breve volgere di qualche generazione, anzi neppure negli animali addomesticati da più tempo, quali il cane oppure i ruminanti domestici, si è avuta una modificazione dei caratteri comportamentali basilari».

Una storia antica

«Panem et Circenses» dicevano gli antichi romani: un detto popolare, scritto dal poeta latino Giovenale, che divenne famoso per identificare in poche parole quelle che erano le massime aspirazioni della plebe; pane e giochi circensi.

Lo spettacolo per eccellenza e tra i più antichi, racchiude in sè molteplici forme d’espressione che, seppur  molto diverse fra loro, riescono a convivere sotto i colori dello stesso tendone. Un mondo che ha ispirato e influenzato a sua volta altre arti: dalla pittura di Chagall, Toulouse Lautrec e Picasso. Opere che raccontano la tragicità e il mistero dietro a figure come il clown, i funamboli o gli acrobati.

Al cinema di Fellini, amante del mondo circense a tal punto da inserirlo, attraverso citazioni, musiche e scenografie, in quasi tutte le sue pellicole. Fino alla fotografia di Diane Arbus, scatti che hanno raccontato i «mostri del circo»: coloro che, respinti e derisi dalla società per qualche malformazione o “difetto”, hanno trovato posto all’interno delle famiglie circensi. 

Questa magia, vista e raccontata, però non esiste da sempre. Il circo come lo conosciamo noi nasce solo alla fine del 1700, ma è sempre stato una forma d’arte per la massa, per l’aggregazione popolare. Nasce come  luogo di corse per i cavalli (da qui la dicitura, ancora in voga, di «circo equestre»). I cavalli venivano agganciati a dei carri guidati da un auriga e iniziava una gara in cui vinceva chi completava per primo un determinato numero di giri. Famosi sono i circhi di Alessandria, Milano, Aquileia, Antiochia, l’Ippodromo di Costantinopoli e, naturalmente, il Circo Massimo a Roma. Oggi, queste strutture  sono monumenti storici che attraggono milioni di visitatori ogni anno. Nei circhi e negli anfiteatri si svolgevano spettacoli di diverso tipo: combattimenti tra gladiatori, tra schiavi e animali feroci che venivano esibiti come boia per portare a termine delle esecuzioni capitali. Le belve affascinavano un pubblico curioso di vedere liberato l’istinto naturale e primitivo degli animali, la loro forza e il loro spirito di sopravvivenza.

Gli spettacoli di questo tipo furono interrotti dall’avvento del cristianesimo, perché combattimenti e lotte per la sopravvivenza venivano considerati amorali. Nel medioevo e in età moderna, sebbene non vi fosse una logica strutturale dietro le loro esibizioni, si affermarono le figure di acrobati, mostratori di animali, giocolieri e funamboli che si esibivano nelle piazze o ovunque si trovassero. Nomadi artisti che divennero parte di una tradizione popolare, ma il circo moderno nacque solo alla fine del XVIII secolo, quando il cavallerizzo inglese Philip Astley pensò di unire le sue capacità acrobatiche ed equestri, portando in scena uno spettacolo con clown, funamboli, acrobati e soprattutto cavalli, dando così vita a una tradizione che vive ancora oggi.

Il caso di Baby

Elefantessa di più di 50 anni è cresciuta con la famiglia di Massimiliano Martini, proprietario del Madacascar Circus. Soffre di stereotipia e vive da sola da sempre. Gli elefanti sono animali dall’elevata socialità, soffrono la solitudine e per questo vivono in gruppi. Le femmine sono la maggiornaza e il capo branco solitamente è la più anziana, la cosiddetta “matriarca”.

Che cosa dice la legge?

Se il dibattito tra animalisti e circensi  è animato, più fermo è il quadro normativo entro cui operano i circhi, che resta regolato dalla legge 337 del 18 marzo 1968. Con tale legge, lo Stato ha riconosciuto «la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante», impegnandosi di conseguenza a sostenere «il consolidamento e lo sviluppo del settore». Il testo legislativo si concentra solo sugli aspetti pratici della gestione dei circhi: allacciamento alla rete elettrica e idrica, individuazione delle aree preposte all’attendamento, tasse e così via. La parola «animali» non compare neanche una volta, né si fa cenno in alcun modo alla loro tutela o a limiti di numero o di specie che è possibile impiegare in un circo.

«Il legislatore è sempre stato un po’ disattento alle questioni degli animali», commenta Filippo Portoghese, avvocato civilista ed esperto in diritto e tutela del benessere degli animali. «Noi abbiamo, teoricamente, un’ottima tutela, ma assolutamente disorganica, perché riguarda migliaia di cose ma sui punti essenziali è ancora abbastanza lacunosa». 

In questo senso, la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, che nel marzo 2022 ha introdotto la tutela degli animali nei principi fondamentali dello Stato, non è sufficiente, perché è rimasta lettera morta. Una legge che disciplini la materia, soprattutto in relazione ai circhi, infatti, non è ancora arrivata, nonostante alcuni tentativi. Il primo nel 2017, quando il Parlamento con una legge delega aveva chiesto al governo Gentiloni di assumersi l’impegno. Una speranza disattesa: nel 2019 si è raggiunto il termine entro cui si poteva esercitare la delega senza che fosse adottato alcun provvedimento. Nell’agosto 2022 è stata approvata, con il voto di tutte le forze politiche a parte Fratelli d’Italia, una nuova legge con scadenza a maggio 2023, data slittata ad agosto 2024 grazie al decreto Milleproroghe voluto proprio dal governo Meloni. Qualora il decreto attuativo dovesse essere presentato entro i termini stabiliti, l’Italia si aggiungerebbe ad altri 18 Paesi dell’Unione europea che hanno vietato l’utilizzo degli animali nei circhi. 

Secondo il testo della legge delega, da un lato ai circhi sarebbero immediatamente vietate sia nuove acquisizioni che la possibilità di far riprodurre gli animali già posseduti; dall’altro, si vieterebbe l’utilizzo degli stessi a partire dal 1° ottobre 2024, una data che potrebbe slittare al 2025 a seconda di quando sarà approvato il decreto attuativo.  Quest’ultimo dovrà intervenire sul sostegno economico ai circhi «colpiti» dalla nuova legge e sulle modalità di dismissione degli animali. Sebbene in Italia manchi un registro nazionale che ne indichi numero e collocazione, si tratta all’incirca di 2.000 esemplari. Il problema principale sta nel trovare loro una nuova collocazione: parchi faunistici, safari, zoo sono le strutture più indicate ad accoglierli, mentre un’altra strada è quella della vendita.

Le proposte di legge del 2017 e del 2022 non sono gli unici cambiamenti che si è cercato di apportare al vigente quadro normativo. Nel dicembre 1975, infatti, l’Italia ha ratificato la Convenzione di Washington (Cites), una convenzione internazionale sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione, e ne ha recepito le linee guida per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti approvate nel 2000, poi modificate nel 2006 che stabiliscono dei requisiti minimi riguardanti alloggio, nutrizione, salute e benessere mentale degli animali. Tuttavia, trattandosi appunto di «linee guida», non hanno, di per sé, un effettivo potere di legge. Possono averlo nel caso in cui vengano assorbite da un regolamento comunale o regionale. È il caso, ad esempio, del Comune di Milano, che nel febbraio 2020 ha approvato il Regolamento per il benessere e la tutela degli animali, recependo all’articolo 34 le Linee guidaLa loro efficacia nel tutelare gli animali, quindi, è relativa e incerta, come dimostrato dal caso di Baby, l’elefantessa del Madagascar Circus. Nel 2022 il Comune di Milano ha vietato al circo di piazzare le tende e quindi esibire Baby poiché le Linee guida stabiliscono che gli elefanti devono essere almeno due, a garanzia del loro bisogno di socialità. Questa decisione, però, non ha avuto effetti sulla condizione di Baby perché aveva validità solo sul territorio milanese e non altrove. Così, nel 2024 il Madagascar Circus ha potuto aggirare il problema attendandosi ed esibendosi nel Comune di Segrate, dove le Linee guida non sono state recepite. 

 

Il circo è spettacolo, con o senza animali

 

Il circo tradizionale, quindi, oggi è messo in discussione. «Ci si trincera sempre dietro la parola “tradizione”, ma è qualcosa che può essere modificata. I tempi sono cambiati e si deve fare i conti con la scienza», afferma l’avvocato Portoghese.

Il mondo circense si è già messo all’opera per andare incontro alla nuova sensibilità. Affianco a chi continua a usare gli animali nei propri spettacoli c’è chi o li ha semplicemente rimossi, come il Circo Medrano, o chi ha studiato soluzioni alternative. È il caso, questo, dell’Atmosphere Circus, che dal 2019 ho sostituito animali in carne ed ossa con degli ologrammi.

Tutto è partito dalla Grecia, dove il circo si trovava in tour e dove la presenza degli animali esotici è stata vietata dal 2012. Per ovviare a questo impedimento, l’Atmosphere si è rivolta a dei grafici per realizzare esibizioni olografiche, anche di animali marini. «La risposta del pubblico è stata più positiva di prima», commenta Igor Asciutto, responsabile della comunicazione dell’Atmosphere Circus. Secondo lui, il futuro del circo è senza animali: «Quello che noi stiamo facendo è soltanto adattarsi e anticipando i tempi».

L’esperienza del Circo Medrano è diversa. «Da quasi due anni stiamo portando in scena uno spettacolo senza animali», spiega Brian Casartelli, ex domatore di cavalli. «Sono nato in mezzo a loro, quindi è stata una decisione sofferta». Il Circo Medrano ha una lunga e tradizionale storia di spettacoli con animali. Famosi nel settore soprattutto per esibizioni con cavalli ed elefanti, per ben due volte, nel 1996 e nel 2007, la famiglia Casartelli è stata definita al Festival internazionale del circo di Monte Carlo «la più grande famiglia di circo di alto livello in attività». Nel 2016, il Circo ha affrontato un’ inchiesta, promossa dalle associazioni animaliste Lav, Lac (Lega abolizione caccia) e Animal Amnesty e condotta dal pubblico ministero di Padova Benedetto Roberti. Un’ispezione delle guardie zoofile Lac e dei carabinieri, supportati da due veterinari specializzati in animali esotici, ha portato alla condanna di Albertino Casartelli, proprietario del Medrano, per maltrattamento di animali. Secondo la ricostruzione dei fatti, almeno un elefante e un canguro manifestavano un atteggiamento stereotipato, dondolando incessantemente avanti e indietro a indicare stress cronico e sofferenza. Nel 2020, la Corte d’appello di Venezia ha assolto Casartelli, ma è in quello stesso periodo che il Medrano ha iniziato a pensare che per gli animali fosse giunto il tempo di andare in pensione.

«Alcuni animali anziani sono passati a miglior vita. Altri, come alcuni cavalli che avevo, li abbiamo donati ad associazioni onlus che li usano con bambini che hanno disabilità. I nostri tre elefanti li abbiamo portati al Safari park di Ravenna, di cui siamo i proprietari. Dopodiché, era tempo di fare un nuovo spettacolo», racconta Brian.

Fiero dei miei animali

 

Odore di popcorn  misto a fieno e letame. Questo è ciò che rimane impresso nelle narici quando si entra in un circo con animali. Al Greca Orfei dopo aver preso i biglietti basta seguire un tappeto rosso e si arriva di fronte alla pista. Qui parte l’immaginazione, è a questo punto che i bambini iniziano a saltare impazienti di vedere i leoni, le tigri e gli elefanti. Cosa succederà sul terriccio umido di quella pista? Potrò toccare gli animali? Quanto saranno vicini?

Mentre le persone si accomodano tutte intorno, principalmente famiglie con bambini e qualche coppia sia di giovani che di anziani, alcuni artisti intrattengono il pubblico. Non c’è da spaventarsi se ci si ritrova sulla spalla un pappagallo per fare una foto ricordo o se un clown usa dei palloncini per far ridere i più piccoli. Lo spettacolo sta per cominciare e gli animali ne fanno parte prima, durante e dopo. 

Il Greca Orfei è orgoglioso  dei suoi animali e risulta evidente parlando con Josef Gärtner delle due elefantesse:  «Per me sono come delle sorelle, anzi forse delle zie perché ormai hanno una certa età. Dedico a loro tutta la mia giornata». Mentre Josef spiega, Rami è libera, fuori da quel tendone che è la sua casa. Gironzola incuriosita e tranquilla, quasi fosse un’attrice famosa che rimane dietro le quinte mentre il regista racconta, in poche parole, quello che succederà durante lo spettacolo che di lì a poco andrà in scena. 

 

 

Sua sorella Mantra rimane dentro il tendone: «Lei è una mangiona. Nella vita non desidera fare altro, forse solo dormire. Deve seguire una dieta tutta sua per non esagerare», continua Josef con l’aria di un genitore che, dopo tanta pazienza, alla fine si arrende al capriccio di un figlio. Trenta minuti prima dello spettacolo, Josef smette di dare loro del cibo per evitare che siano troppo piene e che quindi non lo ascoltino dentro la pista. Prima dello show vengono lavate e preparate a dovere: un vero e proprio camerino in cui le artiste si preparano. «Solitamente hanno sabbia e fieno sulle spalle, se lo tirano addosso per gli insetti o per il caldo, quindi le puliamo». Una volta finito il loro numero arriva l’ora di cena, verso le 20.00 Josef e altre persone portano altra acqua e altro fieno, sia da mangiare e che da usare come letto su cui sdraiarsi per farsi una bella dormita dopo gli sforzi della giornata. Un elefante in media dorme 2-3 ore su 24. Rami e Mantra non dormono mai insieme, ma a turno. Una fa la guardia all’altra, e dato che è Rami il capobranco inizia sempre per prima a sorvegliare. Rami è la più piccola, si passa un paio di anni con Mantra, ma è lei che si occupa di tutto: «Quando c’è un problema, non va il riscaldamento o manca dell’acqua, è Rami ad avvertirci», spiega Josef, «urla e noi arriviamo cercando di capire cosa non va». Anche in viaggio si supportano a vicenda: «si mettono una di fronte all’altra, si osservano e ogni tanto, dato che lo spazio è stretto e si annoiano, si stringono la proboscide per passare il tempo»
Mentre Josef spiega come sarebbe impossibile maltrattare gli animali e in contemporanea farsi ascoltare durante le esibizioni la sua voce cambia, assomiglia ad una cantilena registrata. Forse per le troppe volte in cui ha dovuto spiegare questo concetto agli animalisti o ha dovuto rispondere alle proteste fuori dal tendone del circo. Non sembra recepire delle vere critiche ma più che altro delle accuse insensate, nate da luoghi comuni e cattiva informazione, alle quali l’unica risposta che continua a dare è: «Che vengano con noi a vivere un giorno e vedranno quanto amiamo i nostri animali».
Josef e la sua famiglia, attualmente, si esibiscono per il Circo Greca Orfei, ma lavorano con gli animali anche in Slovacchia, dove gestiscono lo Zoo Park di Poprad. Un luogo legato al mondo del circo e che offre attività ed esperienze con gli animali esotici che ospitano: elefanti, canguri, zebre, foche e tanti altri. Come il Medrano, non sono gli unici circensi a gestire in parallelo all’attività itinerante quella fissa dello zoo, del bioparco o del safari. È molto comune, soprattutto perché sono realtà in stretto contatto per scambio, compravendita e gestione degli animali.

Ad un certo punto Josef viene interrotto, è ora di rietrare sotto il tendone perchè inizia la seconda parte dello spettacolo. È uno degli ultimi, la stagione sta per finire e tra i camper dei circensi c’è aria di partenza. Non sanno ancora di preciso dove andranno ma hanno già iniziato a preparare i container per gli animali. E se il futuro del circo rimane incerto, quello di Rami e Mantra no: continueranno sicuramente a viaggiare insieme stringendosi le proboscidi.