Coltivare un sogno

Da campo abbandonato a orto condiviso. A Lodi la partecipazione è a "Km 0"

Coltivare un sogno

Lug 15, 2017

di Gioele Anni, Jacopo Bernardini, Francesco Bertolino, Felice Florio

Da terreno incolto a bene comune. Da spazio abbandonato a luogo di aggregazione. Non è un sogno, ma l’intervento che l’Organizzazione non governativa Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo, insieme al Comune di Lodi e ad enti del privato sociale hanno pensato di realizzare in un campo di un ettaro e mezzo a San Fereolo, il quartiere più popoloso e con la più alta concentrazione di stranieri in città. L’iniziativa “Rigenerazione di una prospettiva” ha ottenuto nel 2016 il finanziamento della Fondazione Cariplo, aggiudicandosi il bando per i “Beni Comuni”. Da allora, i promotori sono all’opera per ottenere le autorizzazioni necessarie ed avviare la messa in coltura del terreno, ma, se i risultati del lavoro potranno vedersi solo con il tempo, le idee sono già molto chiare.

«Perimetreremo la zona con alberi da frutto tipici della zona: mele cotogne, ciliege e albicocche», spiega Roberto Vho, cittadino attivo e uno dei principali promotori del progetto, «mentre all’interno ci sarà l’orto. La semina, se tutto va bene, inizierà già da quest’estate». Del resto, il seme dell’orto comunitario era stato piantato già nel 2012. Con il progetto “Unaprospettiva”, pensato per il recupero di aree pubbliche che hanno perso la loro funzione originale, l’Istituto Tecnico Bassi di Lodi si era aggiudicato il concorso di idee Civis. Il piano non si era poi tradotto in realtà. Almeno finché il bando “Beni Comuni” di Cariplo ha fornito l’occasione per la “rigenerazione” di quel sogno (da cui il nome del progetto). Un sogno che ora vive nell’entusiasmo dei suoi promotori: «Il finanziamento è per quattro anni», aggiunge Vho, «ma noi pensiamo a lungo termine, vogliamo che il campo sia un albero di idee».
Lo scopo principale dell’iniziativa, però, non è agricolo, ma sociale. «Il terreno sarà coltivato da persone svantaggiate grazie a borse lavoro pagate con contributi pubblici e privati», racconta Gian Marco Locatelli, coordinatore del progetto e referente per il progetto all’interno del Consorzio per la Formazione Professionale. L’ambizione? Da un lato, formare 60 persone e creare 12 posti di lavoro per disoccupati, ex carcerati, richiedenti asilo e ragazzi disabili. Dall’altro, offrire alla comunità uno spazio di condivisione e incontro. «Il progetto starà in piedi solo se riuscirà ad attivare la cittadinanza», aggiunge Locatelli, «ma nel quartiere abbiamo già riscontrato grande disponibilità a collaborare». I promotori sono consapevoli che la gestione collettiva – e in un certo senso “libera”, dal momento che i cittadini potranno accedere allo spazio raccogliendo in autonomia i frutti del terreno – potrà dare vita a contrasti legate all’utilizzo del bene. Ma, a loro parere, con assemblee pubbliche ben governate i conflitti potranno essere appianati: «Se ci fossero dei furti, promuoveremo momenti di dibattito per cercare di discutere la nostra idea e farla accettare». Nelle divergenze la comunità cresce, impara a conoscersi e a rispettare le differenze.

La destinazione dei prodotti del terreno, poi, è stabilita. «Ciò che verrà prodotto servirà innanzitutto come sostentamento per chi ci lavora. Le eccedenze saranno cedute a offerta libera oppure donate al vicino Centro di raccolta solidale. Niente deve andare sprecato», racconta Simona Mori, referente per il progetto all’interno dell’Ong Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo. La sfida più grande, però, è la scelta di non recintare il campo. «è una provocazione, siamo consapevoli del rischio, ma un bene comune, per definizione, non può essere chiuso». Il terreno, infine, sarà anche un luogo di aggregazione. «Proprio all’ingresso del campo vogliamo costruire uno spazio, una “casetta”, che servirà sia come ricovero per gli attrezzi sia come luogo di incontro, formativo ed educativo, in cui portare le scuole perché i bambini, fin da piccoli, comprendano il ruolo fondamentale che gioca una sana educazione alimentare e un corretto stile di vita. Se poi si aggiungono i concetti di “rispetto dei beni” e di “condivisione e partecipazione attiva”, allora si saranno poste le basi per avere un domani cittadini liberi, consapevoli ed attivi.

Nei piani c’è anche la costruzione di un punto vendita per autofinanziare l’attività e rafforzare il legame con il quartiere. «Dopo molta attesa – conclude Vho – siamo finalmente pronti a partire. Vogliamo che questa zona marginale, stretta tra i binari del treno e il quartiere di San Fereolo, torni al centro della vita della città. Non vediamo l’ora di iniziare».