Euforia da Bitcoin
La moneta digitale tocca i 2000 euro. Ma come funziona? E a cosa serve?
Euforia da Bitcoin
«Due Papa John, grazie». «Ok, fanno 10mila bitcoin». 22 maggio 2010, Laszlo Hanyecz ha appena comprato le due pizze più care di sempre. Ma il programmatore statunitense non poteva saperlo.
Non poteva immaginare che la somma virtuale spesa con tanta leggerezza sette anni fa oggi varrebbe più di 20 milioni di dollari.
Sì perché, se nel 2011 per comprare un bitcoin bastava un nichelino, oggi servono più di 2000 verdoni. Un incremento esponenziale che sta suscitando l’interesse di banche, investitori e istituzioni. Ma quanto ne sanno gli italiani di questa “moneta” digitale? Ho provato a chiederlo ad amici e parenti. Pochi ne hanno sentito parlare – perlopiù in negativo come sistema per riciclare denaro sporco o fare acquisti nel deep web, la rete non indicizzata dai motori di ricerca – i più ne ignorano l’esistenza. E, fino a poco tempo fa, chi scrive si trovava nella stessa condizione. Poi, un giorno, un amico mi ha detto: «A ottobre ho comprato venti euro di bitcoin, poi li ho scambiati per ethereum, oggi ho 900 ripple che valgono 280 euro». Incuriosito, ho fatto alcune ricerche: dietro i bitcoin e le altre monete digitali c’è un mondo. E presto, probabilmente, tutti ne faremo parte, in un modo o nell’altro.

Il mistero di Satoshi

Una moneta senza padrone
L’industria estrattiva cinese

Soldi dal futuro

Non è tutto oro

Rivoluzione e restaurazione
La comunità dei bitcoiner è divisa. C’è chi vede nel bitcoin un’invenzione che cambierà l’economia e, chissà, forse anche la politica. Una rivoluzione ispirata dall’oscuro “Manifesto crittoanarchico” del 1992: «Proprio come la stampa indebolì il potere delle corporazioni, così anche i metodi crittografici cambieranno per sempre la natura delle imprese e dell’interferenza statale nel commercio». C’è chi, più modestamente, crede che quella di Nakamoto sia una tecnologia geniale, ma perfettibile. Tutti, però, concordano su un fatto: c’è tanta disinformazione. «Si legge spesso che i bitcoin favoriscono riciclaggio e affari illeciti», dice Amadori, «al contrario, poiché ogni transazione lascia una traccia indelebile sul registro pubblico, il criminale che usa bitcoin è uno sprovveduto, fa un favore alla polizia». In ogni caso, anche se spesso le mazzette vengono pagate in contanti, nessuno ha mai definito l’euro una moneta criminale. L’interesse di banche e istituzioni finanziarie, poi, dimostra che c’è qualcosa di più. Nel 2016 quasi 2 miliardi di dollari sono stati investiti nella ricerca sulla blockchain, l’algoritmo alla base di bitcoin. È questa, probabilmente, l’intuizione più geniale di Nakamoto. E le sue applicazioni promettono di cambiare davvero il mondo. Eccone alcune: controllare la gestione dei fondi pubblici, tracciare la filiera produttiva di una merce, dare esecuzione a un contratto, certificare data e autore di un video. Il tutto senza l’intervento di terze parti e senza possibilità di modifiche truffaldine. La blockchain è come la biblioteca di Alessandria, con la differenza che nessuno può bruciarla.