NONNI E ROBOT

Le nuove tecnologie per l'assistenza agli anziani

di Marco Rizza e Andrea Ciociola

Prendere appuntamento con Giorgio non è semplice. Ha un’agenda fitta, passa spesso il fine settimana fuori città e si tiene impegnato. È una guida del Club alpino italiano e fa il volontario ospedaliero nonostante i suoi 75 anni.

Giorgio conosce i rischi che corre alla sua età. Vive da solo nel suo appartamento di Città Studi e proprio per questo ha scelto di buon grado di partecipare alla sperimentazione del progetto MoveCare, insieme ad altri 29 anziani: nella sua casa è stata installata una combinazione di sensori e intelligenza artificiale per assisterlo in caso di bisogno. E nel suo salotto, tra il divano e l’angolo bar, è arrivato Giraff, un robot dagli occhioni blu pronto a intervenire in caso di emergenza.

Vivere di più, vivere meglio

Giorgio è più l’eccezione che la norma. Sono ancora pochi gli anziani che scommettono sulla tecnologia per far fronte al declino del fisico. E in Italia il tema è importante. Basti pensare che al 1° gennaio 2019 gli over 65 erano il 22,8 per cento del totale della popolazione. Gli uomini che arrivano a questa età, possono contare in media su altri 19,3 anni di vita, periodo che si allunga di altri 2,1 anni per le donne. Fra meno di quarant’anni gli anziani potrebbero rappresentare un terzo della popolazione.

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Il nostro è il Paese della longevità, ma non sempre vivere a lungo è sinonimo di vivere bene. Secondo il 53° Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis, la quota di persone con limitazioni funzionali è del 20,8 per cento tra gli anziani over 64, mentre supera il 40 per cento tra le persone con 80 anni e oltre.

Se da un lato l’aumento della longevità è sintomo di un miglioramento delle condizioni di vita in generale, dall’altro si registra l’incapacità del sistema di welfare nazionale di adeguarsi a questa trasformazione demografica. In altre parole, mancano i servizi di assistenza per gli anziani. Le difficoltà sono legate principalmente all’assenza di risorse e all’alta frammentazione delle competenze tra diverse istituzioni.

Il numero di strutture per anziani continua a rimanere limitato, i loro costi si rivelano spesso elevati e i paletti per avere diritto a un posto letto molto stretti. Anche i servizi di assistenza domiciliare esistenti spesso si dimostrano insufficienti. Secondo il Rapporto Oasi 2018 del Cergas, Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi, il settore pubblico è in grado di far fronte ad appena il 32 per cento della domanda. 

Queste lacune si trasformano in un disagio non solo per i diretti interessati, ma diventano un peso anche per le famiglie che hanno anziani a carico. Sono proprio i parenti a diventare sempre più spesso caregiver a tempo pieno, costretti nei casi più complicati anche ad abbandonare il lavoro in via temporanea o definitiva.

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Al problema dell’autosufficienza si affianca quello della solitudine, una condizione in grado di accelerare il declino fisico e psicologico. Non sempre le persone possono contare sul supporto e la compagnia di un parente. Molte non sono nemmeno disposte a condividere il proprio spazio domestico con una badante, altra figura su cui, quando possono, le famiglie spesso si appoggiano. Sempre secondo il Rapporto Oasi 2018, sulla base dei dati Istat 2017, 4,4 milioni di persone over 60 vivono da sole (7 per cento). Con tutti i rischi che ne derivano.

Giraff, un compagno per il “futuro”

In questo scenario complicato, l’innovazione tecnologica potrebbe arrivare a tappare qualche falla nei prossimi anni. In un futuro non troppo lontano potremmo vedere soluzioni high tech interessanti per garantire una vita attiva, autonoma e in sicurezza alle persone anziane più fragili. Applicazioni, dispositivi indossabili, “Internet delle Cose”, la robotica, la domotica potrebbero presto fornire l’assistenza che oggi servizi privati e pubblici esistenti faticano a erogare, assicurando alle persone in età avanzata un maggior numero di anni lontani da ospedali e case di riposo.

Per il momento è prematuro pensare a dei “robot umanoidi badanti”, un po’ come quello visto sul grande schermo nel film “Robot & Frank”. I nostri nonni, però, potrebbero presto vivere sorvegliati da macchine in grado di interagire con loro in “case intelligenti” pensate su misura per prevenire tutti i rischi della terza età. È il caso di Giraff, il “compagno” di Giorgio. È il futuro che lascia intravedere MoveCare, il progetto sviluppato dal Laboratorio di Sistemi intelligenti applicati dell’Università degli Studi di Milano, e coordinato dal professor Alberto Borghese. E’ stato finanziato con quasi 6 milioni di euro dall’Unione Europea attraverso il programma Horizon 2020. Combinando l’Internet delle Cose, l’intelligenza artificiale e la robotica, un gruppo di ricercatori ha dato vita a un robot capace di integrarsi nell’ambiente domestico e di migliorare la qualità della vita delle persone anziane sole. Ne favorisce l’indipendenza e ne rallenta il decadimento. Nella prima fase di sperimentazione, il progetto ha coinvolto sette over 65 a Milano e otto coetanei nella regione spagnola dell’Extremadura, partner del progetto insieme ad altre 13 università, aziende e istituzioni di tutta Europa.

Giraff è un robot di servizio, dotato di interfaccia video, che aiuta a gestire le necessità di assistenza e monitoraggio delle persone anziane. Grazie ai microfoni sviluppati appositamente e distribuiti nelle stanze è in grado di riconoscere le richieste di aiuto, in caso di malore, è in grado di navigare per la casa e raggiungere il suo assistito per dialogare con lui. 

In caso di necessità è in grado di mettersi in contatto con un figlio o con qualsiasi altra persona registrata in precedenza come caregiver. Basta che la persona in difficoltà lo richieda. E chi riceve la chiamata può attivare una telecamera che gli permetta di vedere ciò che succede per valutare la gravità della situazione. Tra le funzionalità studiate per Giraff ma non ancora implementate, c’è anche la ricerca degli oggetti smarriti su richiesta vocale. Il tutto grazie a un sistema basato su piccole etichette che rispondono a degli impulsi di radiofrequenza. 

Il laboratorio, prima di installare Giraff, provvede a mappare la planimetria delle abitazioni per personalizzare i percorsi domestici e a far rimuovere i tappeti, possibili intralci per i movimenti del robot. Il corretto funzionamento dei moduli è monitorato dal laboratorio tramite un server remoto a cui rispondono i sistemi. Così avviene anche la raccolta di dati. «Sono raccolti in modo anonimizzato su cloud – spiega il professor Borghese – Consentono di profilare gli utenti per fornire dei servizi migliori. Noi li vediamo come un’opportunità. Da questi dati noi vorremmo avere degli indici che riconoscono in modo precoce qualsiasi stadio di declino. Solitamente i segni non sono così evidenti. Ce ne si accorge tardi in quanto le visite geriatriche non sono immediate». 

L’altro pilastro di MoveCare è l’Activity Center, una piattaforma con una serie di applicazioni studiate per la stimolazione attiva e per il monitoraggio delle condizioni psicofisiche dell’utente. Può essere collegata alla televisione, al computer, al tablet o allo smartphone. Il funzionamento ricorda molto quello delle console di gioco come la Wii della Nintendo, con un controller senza fili che fa da puntatore sullo schermo tv e da rilevatore di movimento. Alla piattaforma è collegata anche una balance board, altro dispositivo diffuso nel mondo dei videogiochi, grazie alla quale l’anziano può cimentarsi in esercizi di ginnastica dolce guidati da un video tutorial e giochi interattivi stimolanti dal punto di vista cognitivo. Ci si può anche giocare a carte e sfidare altre persone che hanno lo stesso dispositivo.. In questo modo, tra una mano di briscola e l’altra si possono costruire nuove relazioni, proprio come al bar. «È un motore sociale – spiega ancora Borghese – L’idea è non lasciare gli anziani a guardare la tv in modo passivo. Da una partita a carte virtuale può nascere un rapporto nella vita reale. Nei primi test che abbiamo fatto questo è successo veramente». Ad accentuare le caratteristiche social della piattaforma c’è una sezione che stimola a uscire di casa. Al suo interno vengono proposti eventi e attività di potenziale interesse per l’utente pescati dal sito EventBrite. Proprio come su Facebook, è possibile rendere pubblica la propria partecipazione condividendola con la rete dei contatti MoveCare per stabilire nuove connessioni.

E cosa si trova in vendita?

Mentre il settore della ricerca è all’opera per ripensare e innovare le tecnologie dell’assistenza agli anziani, sul mercato si possono già trovare delle soluzioni pensate per esigenze specifiche. Alcuni strumenti sono concepiti per l’uso domestico, altri si integrano con l’ambito sanitario. Le direttrici principali sono quelle del telesoccorso e della promozione dell’invecchiamento attivo.

Uno di questi è Famil.care, un salvavita dalle dimensioni di una moneta da due euro. A differenza dei suoi antenati, le sue potenzialità sono molto più ampie grazie alla connessione via Bluetooth con lo smartphone dell’utente: premendo un semplice bottone questi può segnalare al caregiver un’emergenza, anche se non è in grado di raggiungere il telefono fisso. Sviluppato dall’azienda italo-inglese Easy Life, il dispositivo è impermeabile e si porta al collo come una catenina. Grazie a un accelerometro è in grado di rilevare eventuali cadute, anche sotto la doccia, uno dei luoghi più rischiosi per gli anziani. La comunicazione tra lo smartphone dell’utente e quello del caregiver è resa possibile da un’app. Quest’ultimo, tramite l’interfaccia dell’app, può monitorare gli spostamenti dell’assistito tramite il Gps del suo telefono e attivare una chiamata in vivavoce a risposta automatica per poter avere un feedback sonoro. Per evitare di rimanere isolati, l’app avvisa l’anziano quando la batteria è quasi scarica. Oltre al caregiver, Famil.care è in grado di allertare altri contatti inseriti in un’apposita lista facendo partire una serie di chiamate a cascata. È un prodotto che va migliorato perché presenta ancora qualche difetto di utilizzo.

Al monitoraggio del paziente, Rehability combina invece una serie di giochi pensati per i percorsi di riabilitazione in strutture di cura. Punta a promuovere l’invecchiamento attivo degli anziani, per preservare lo stato di benessere e l’autonomia dell’individuo. Il sistema, sviluppato da I-maginary, è in uso in 9 Paesi tra Europa e Asia, mentre a Milano è usato dalla Casa di Cura Privata del Policlinico, dalla Fondazione Don Gnocchi e dall’Unità Spinale Unipolare dell’Ospedale Niguarda. I giochi funzionano su un’interfaccia per tv, a cui si connette un Kinect per rilevare i movimenti. Gli strumenti di monitoraggio dei progressi, invece, funzionano su pc, tablet e cellulare. In questo modo il medico può rilevare a distanza i dati sui parametri fondamentali raccolti durante le sessioni di gioco. La piattaforma viene personalizzata basandosi sulla storia personale del paziente, che ha la possibilità di adottare la tecnologia in casa, così da accompagnare il recupero dopo aver lasciato la clinica.

Anche gli assistenti vocali domestici, sempre più popolari, iniziano ad essere personalizzati per la terza età. Sul mercato statunitense ad esempio ha fatto la sua comparsa ElliQ, robot-assistente da comodino con cui l’anziano può interagire tramite comandi vocali oppure con l’uso del tablet apposito. È in grado di connettere l’utente con amici e familiari e intrattenerlo proponendo quiz, curiosità e notizie. Dietro il progetto cè Intuition Robotics, start-up israeliana. ElliQ è anche un supporto nel ricordare cose importanti, come scadenze, appuntamenti e le medicine da assumere. Inoltre incoraggia l’assistito a uscire e a tenersi in attività, anche tramite l’uso di giochi cognitivi. Interagendo, l’intelligenza artificiale impara inoltre ad adattarsi alla personalità del singolo anziano.

Municipio 3: iniziativa istituzionale oltre il settore commerciale

Il movimento e l’interesse crescente del mondo della ricerca e del settore privato, comincia a influenzare la sfera delle istituzioni, anche in Italia. Come nel caso di MoveCare, progetto che ha visto coinvolta la Comunità Autonoma dell’Extremadura (Spagna), il Municipio 3 del Comune di Milano ha fatto squadra con il Politecnico di Milano, all’Agenzia per l’Emergenza Urgenza (Areu) della Regione Lombardia e Medici volontari italiani nello sviluppo e nella successiva sperimentazione del Braccialetto Salva-vita.

Il braccialetto contiene un codice QR che consente un accesso più rapido alle informazioni sanitarie di chi lo indossa. Torna utile in caso di malore o se l’anziano si smarrisce all’esterno della sua abitazione. Chi fa richiesta del braccialetto ottiene anche la Carta d’Identità Salvavita, contenente le informazioni socio-sanitarie di base certificate dal medico di famiglia, oltre a due recapiti da poter contattare in caso di emergenza. Il Municipio ne ha consegnati 300 nella fase tecnologicamente più avanzata dell’iniziativa “Cittadini più coinvolti e più sicuri”. L’idea è di potenziare con metodi nuovi il welfare grazie a interventi mirati, in un quartiere che conta quasi 34mila persone over 65 anni (12mila superano gli 80) su un totale di 144mila abitanti.

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Prima dell’implementazione dei braccialetti salva-vita, il Municipio 3 aveva già introdotto la Busta Rossa, un documento che riassume la propria storia medica, i farmaci assunti abitualmente e la lista delle allergie. In caso di malore o di ricovero ospedaliero dell’anziano, attraverso la busta il personale medico può conoscere tempestivamente il quadro della persona e intervenire con più consapevolezza anche se non dovesse essere in grado di parlare. Medici Volontari Italiani si occupa del lato pratico dei braccialetti, dalla trasformazione dei dati in codice QR all’assistenza all’anziano che lo applica per la prima volta.

Come ha spiegato Sergio Boniolo, referente del progetto e vicepresidente della commissione Politiche Sociali e Sicurezza del Municipio 3: «Si tratta di una tecnologia piuttosto facile ed economica da implementare, ma che può semplificare la vita dei residenti anziani. Basta pensare a chi si perde per strada. Magari è disorientato e non ricorda il proprio nome. Grazie al braccialetto diventa più facile scoprirlo e aiutare quella persona a ritrovare la calma».

Assistenza, ma non per tutte le tasche

Se i dispositivi come Famil.care costano relativamente poco, i sistemi più complessi non sono alla portata di tutti. A far lievitare i costi sono i robot: un prototipo come Giraff si aggira attorno ai 10mila euro, senza aggiungere le personalizzazioni offerte da MoveCare. Cifre alte se si pensa alle disponibilità economiche di una famiglia, già in molti casi in difficoltà nel sostenere le spese per una casa di riposo. «Dal mio punto di vista questi robot di servizio costano ancora tanto – riflette Borghese – Non credo che saranno diffusi a livello industriale tra meno di cinque anni. I costi devono abbassarsi e diventare per le tasche di tutte le famiglie. Gli altri componenti, come l’activity center o gli oggetti smart per il monitoraggio, potrebbero essere messi a disposizione anche in tempi brevissimi».

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Una rivoluzione incompleta

Non tutti i potenziali utenti di queste nuove forme di assistenza accettano un aiuto tecnologico come Giorgio. Tenersi al passo con il cambiamento e l’apprendimento continuo richiede uno sforzo cognitivo a cui molto spesso non si è abituati. Negli ultimi anni, però, gli over 65 hanno migliorato la propria familiarità con gli strumenti digitali, anche se il divario di competenze rispetto al resto della popolazione resta ampio. Se si pensa a chi entrerà in questa fascia d’età nei prossimi anni c’è da essere più ottimisti, perché ci saranno persone più istruite e abituate all’uso delle nuove tecnologie. E per loro sarà più semplice sfruttare gli ultimi ritrovati in fatto di assistenza.

La scarsità sistematica di posti e risorse per le strutture e i servizi costituisce un problema che potrebbe aggravarsi con l’invecchiamento della popolazione. E nonostante la tecnologia si rinnovi continuamente, è ancora troppo presto per immaginare soluzioni davvero in grado di rivoluzionare il settore, rimpiazzando il bisogno dell’intervento umano. L’assistenza come la conosciamo oggi potrebbe dunque essere una costante ancora per anni e non vedere stravolgimenti. Allora potrebbe essere conveniente mantenere gli anziani attivi e partecipi nella società, così da promuoverne e migliorarne il benessere. Una via nel solco della prevenzione, nonché un modo sempre più flessibile per accogliere le innovazioni tecnologiche man mano che diventano di uso comune. Per riuscirci, le istituzioni dovrebbero investire risorse nella sensibilizzazione e nell’educazione alle competenze digitali.