Profondo Lario

Il lago di Como tra natura fragile e lavoro dei pescatori, un brand ingombrante tra il lusso dei grandi hotel e il "cavallo di Troia" del calcio Como

Di Carlotta Verdi e Valentina Romagnoli

La piccola edicola della famiglia Sala si trova in centro a Como, accanto alla cattedrale. «Circa la metà dei miei proventi oggi sono il risultato della vendita di souvenir», racconta Massimo, il proprietario, che da anni ormai lavora in quel piccolo gabbiotto. Con cortesia serve clienti da tutto il mondo, accanto a lui esposte ci sono cartine sbiadite in tutte le lingue del mondo. E poi calamite, magliette, grembiuli da cucina, penne e portachiavi.
Negli ultimi anni, infatti, la città ha cambiato volto, come il suo lago. Il turismo nel 2022 ha superato i livelli prepandemia e le rive del Lario sono diventate una meta ancor più da sogno, anche grazie all’impulso dei social network. Influencer come Chiara Ferragni hanno comprato ville nella zona e il mito della dolce vita italiana è tornato con prepotenza nell’immaginario dei viaggiatori di tutto il mondo. Ad assecondarlo, lo stile liberty dei grand hotel come quello di Tremezzo e il modo di vivere lento che caratterizza i paesini introno al Lario.
Dall’altro, resta la natura selvaggia di un territorio unico al mondo, ciò che rende Como una città diversa da tutte le altre. L’equilibrio fragile dell’ecosistema del Lario, che oggi è colpito dall’innalzamento delle temperature e dalla conseguente scarsa ossigenazione dei fondali. E, infine, il lavoro dei pescatori, che devono fare i conti con la diminuzione del pescato e adattarsi alle evoluzioni del mestiere.

I pescatori del Lario

Nicolò vive al contrario. Si sveglia quando dormono tutti e finisce di lavorare quando le strade sono invase dal traffico mattutino. Sulla piccola spiaggia del golfo di Mandello, a una decina di chilometri da Lecco, c’è la sua barca, con qualche boa rossa a bordo, le reti e il motore che la spinge ronzando fino in mezzo al lago. La divisa da lavoro, un completo arancio fluorescente con le strisce catarifrangenti, la tiene in una sacca blu dello sci club Goggi, un retaggio del mestiere che ha fatto per quindici anni: preparare le lamine degli sci per i grandi atleti. Oggi, Nicolò Concari, classe 1985, è uno dei sessanta pescatori professionisti ancora attivi sul Lario. Nella sua quotidianità la montagna innevata rimane, illuminata dal timido sole d’inverno mentre lui mette giù le reti nel pomeriggio.

Ma il suo elemento ora è l’acqua, quella dolce del Lario. La decisione di cambiare vita è arrivata nel 2017. Prima l’esame per prendere la licenza, poi l’investimento per il laboratorio e la barca. Parla del suo lavoro come se non ci fosse nulla di speciale: gli piace, non si è mai pentito della scelta. Sa di essere uno dei pochi e, «finché ci sarà pesce», dice, non crede che cambierà mestiere. Con le mani lavora il pescato, lo pulisce, lo sfiletta e con la testa pensa al suo progetto imprenditoriale: un foodtruck per far conoscere i prodotti del lago ai turisti che, quando le giornate iniziano ad allungarsi, invadono le stradine dei piccoli borghi sulle rive del Lario. E poi catering per feste ed eventi privati. Un lato nuovo della professione di pescatore, che cambia insieme al proprio lago e si trasforma lasciando spazio all’imprenditorialità di chi pensa al pesce come a una materia prima da lavorare, da valorizzare e da servire in tavola, conservandone i segreti della preparazione. 

Pescarenico: il borgo manzoniano

«Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!»
A. Manzoni

Quarant’anni fa i pescatori erano qualche migliaia, intere famiglie a cui il Lario dava da vivere. I singoli lavoratori si rivolgevano alle cooperative per avere barche, attrezzature e uno stipendio fisso. In cambio, loro consegnavano il pescato del giorno. Oggi, di quelle famiglie restano membri sparsi. Sono pochi quelli che hanno deciso di continuare a pescare anche dopo la chiusura delle cooperative. Molti hanno scelto il lavoro in fabbrica, l’industria tessile a Como, quella siderurgica a Lecco.
Francesco Ghislanzoni, per tutti Ceko, è uno degli ultimi pescatori del borgo di Pescarenico, famoso per essere l’unico luogo di Lecco citato esplicitamente nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e memorabile nel momento dell’Addio ai Monti di Lucia.
Ceko, il suo “addio ai monti” lo aveva dato negli anni Settanta, iniziando a lavorare come operaio al Caleotto, una delle fabbriche siderurgiche più importanti di Lecco. Bastano le parole: «quando mi si chiudeva il portone alle spalle mi sembrava di morire», per capire come mai abbia scelto dopo pochi anni di tornare a fare il pescatore.

Nelle sue vene scorre l’acqua dolce del Lario, per generazioni la sua famiglia ha fatto sempre questo lavoro. Parla poco, fuma tanto. E tra una sigaretta e l’altra racconta di come il suo mestiere sia cambiato nel tempo. Una volta usciva con la barca davanti a casa, a Pescarenico, che allora veniva chiamato il “giardino del Lario” per l’abbondanza di flora e fauna. Da anni ormai Ceko con il suo furgone raggiunge il molo di Vassena per poter pescare serenamente.

Oggi come come allora, Ceko esce in barca quasi tutti i giorni, non teme il freddo di gennaio, anzi, ama lavorare tranquillo. Sta fuori qualche ora per prendere quello che il lago gli offre e in laboratorio non sanno mai quando tornerà di preciso.
Ad attenderlo, ci sono suo cugino Antonio e suo fratello Mario, per tutti Mariolino. Una vecchia stufa ronzante scalda la stanza. Sulla parete di destra un calendario Pirelli del 1970 ricorda che quello è un posto “da veri uomini”. A sinistra i secchi e i lavandini, in fondo, gli stivali di gomma e le reti appese ad asciugare. La porta sottile in vetro e ferro battuto si apre ogni tanto, quando arriva qualcuno a comprare il pesce. Antonio pesa sulla vecchia bilancia e imbusta, Mariolino sfiletta i cavedani e fa cadere gli scarti in un secchio in plastica che tiene tra le gambe. Quando Ceko arriva, inizia la pulizia delle reti. Lui le scarica dal furgone aiutandosi con una carriola, Antonio e Mariolino si siedono uno di fronte all’altro, appendono le reti tra loro e districano i pesci. «Questi gamberi sono tremendi, per toglierli bisogna strappare tutto», spiega Mario. I gamberi grigi arrivano dall’America e sono una specie alloctona e invasiva. Una delle tante che hanno infestato il lago negli ultimi trent’anni e che più o meno compromettono l’equilibrio dell’ecosistema lacustre.

A pochi passi dal laboratorio c’è la pescheria con cucina, Da Ceko il Pescatore. Sul retro del locale, ad essiccare al sole ci sono gli agoni, che una volta pronti diventano missoltini, da farne sugo per la pasta o da mangiare interi con la polenta, uno dei piatti simbolo della zona. Le giornate ideali per fare i missoltini sono quelle fredde e soleggiate, così il pesce secca senza rovinarsi.
Il prodotto lavorato, e non il pesce fresco, è quello che oggi va per la maggiore e che richiede ai pescatori di trascorrere tempo in laboratorio a pulire, sfilettare ed essiccare.
Nelle case il prodotto arriva spesso già pronto per essere cucinato e nel piatto del ristorante i turisti si aspettano di assaggiare i prodotti del territorio con i sapori decisi che li caratterizzano. Questo permette ai pescatori di vendere il pesce a un prezzo superiore, ma lascia meno tempo alle loro uscite in barca.

La trofÌa del lago

In effetti, quando si parla di lago, si devono tenere presenti le variazioni che questo ambiente naturale può presentare a distanza di anni, delle vere e proprie “fasi” determinate da diversi fattori. Se negli anni Settanta del secolo scorso il problema maggiore a livello di inquinamento era rappresentato dalle alte concentrazioni di fosforo nelle acque del lago di Como, oggi, grazie anche all’installazione dei depuratori negli anni Novanta, la situazione è diversa. Per capire come stanno i pesci del Lario, il concetto fondamentale da tenere sempre presente è il concetto di trofìa del lago.

BELLAGIO:
L’ITTITURISMO

Alessandro Sala, rappresentante dei pescatori di professione per la regione Lombardia, è il titolare di uno dei due ittiturismi del Lario, il ristorante Mella, a Bellagio. Progetti nuovi, pensati come degli agriturismi di lago, riconosciuti dalla legge regionale  del 2008.
Sala porta in tavola il pesce che pesca. Anche lui è nato in una famiglia di pescatori e, come dice, «si è trovato ad essere capace di fare un lavoro senza volerlo». In cucina c’è il figlio, la figlia cura le relazioni coi clienti e la moglie gestisce fornitori e supervisiona l’attività. Nella stagione invernale Sala esce meno a pescare. L’Ittiturismo chiude e lui ne approfitta per cucire le reti nel piccolo portico del locale. «È un modo per rendere la pesca più sostenibile, adattando la grandezza delle maglie in base al pesce che vogliamo pescare», spiega. L’obiettivo è quello di pescare pesci che abbiano almeno tre anni di vita, per lasciare loro il tempo di riprodursi. In più, è importante seguire la stagionalità del pesce, cioè rispettare i fermi biologici. Per esempio il persico dal 1 aprile al 30 maggio non si può pescare. 

«Oggi – continua Sala – poter tenere un’attività di pesca professionale aperta e redditizia confrontandosi sul mercato con la sola vendita del pesce è sempre più difficile, perché abbiamo pesci che arrivano da tutte le parti del mondo, bisogna riuscire a distinguersi nel mercato e l’ittiturismo può essere una via». Accanto al piccolo portico c’è il laboratorio con cella frigorifera, essiccatoio e cella di maturazione, dove Alessandro sfiletta e pulisce il pesce prima di portarlo al piano di sopra, in cucina.
«Il lago è cambiato rispetto agli anni passati, è più frequentato a livello di turismo e siamo un po’ più disturbati nella nostra attività, ma i quantitativi totali di pesce non sono variati di molto, ci sono nuove specie come il lucioperca e il siluro, che non è ancora molto valorizzato. Secondo me la capacità di un pescatore è anche quella di sapersi adattare e dare un valore aggiunto al tipo di pesce che è più presente in quel momento». 

I dati della pesca

Una storia di turismo

La vocazione turistica del Lago di Como affonda le sue radici nell’antichità. La città di Como nasce come colonia romana, “Novum Comum” e viene detta la città dei Plinii perché qui vissero Plinio il Vecchio (23 –79 d.C.) e suo nipote Plinio il Giovane (61-114 d.C.). Tra il XVI e il XVII secolo importanti cardinali avevano le proprie ville sul lago, come Tolomeo Gallio, con la sua Villa Balbianello. Tra Settecento e Ottocento, personaggi illustri come Ugo Foscolo trovavano ispirazione e ospitalità presso la rinomata Villa d’Este di Cernobbio. Mentre sull’altro ramo del lago Alessandro Manzoni trascorreva la sua infanzia e giovinezza, facendosi ispirare dal lago e dalle montagne per quello che sarebbe diventato il più grande romanzo italiano. Tuttavia, la sfida per Como è sempre stata conciliare la sua anima industriale, legata alla produzione della seta, con la crescente spinta al turismo. Nel corso degli anni, l’industria tessile ha conosciuto alti e bassi, ma negli ultimi decenni, la riduzione della produzione di seta ha fatto emergere con forza la vocazione turistica del lago. Non più solo Como, ma tutto il Lario, ha attirato l’attenzione di turisti stranieri, soprattutto nord europei e americani, che tendono ad amare il lago più degli italiani. Il turismo sul Lago di Como, tuttavia, si distingue per la sua esclusività, come ha spiegato il professor Giuseppe Colangelo, responsabile del corso di Laurea in Scienze del Turismo all’Università dell’Insubria. Per esempio, rispetto al Lago di Garda, che ha più capacità di ricezione, si tratta di un turismo ristretto, basato sul lusso.
Un punto di svolta nell’attirare l’attenzione internazionale è stata la presenza di celebrità. George Clooney ha dato una vera e propria spinta al turismo del nuovo millennio scegliendo il Lago di Como come suo rifugio nel 2002.
Le riprese di film celebri, tra cui Star Wars: Episodio II, 007 Casino Royale e House of Gucci, hanno contribuito a consolidare la reputazione del lago come set cinematografico e della dolce vita, che tutti un po’ vorrebbero vivere. Non è un caso che anche il regista Luchino Visconti abbia trasformato la sua casa di famiglia, Villa Erba, in una fonte inesauribile di ispirazione.
Negli ultimi anni poi, il turismo sul Lago di Como ha vissuto un boom inedito, figlio dei social e della riscoperta di territori ancora incontaminati a livello naturale e sociale.

Il brand

Dentro le stanze del Grande Hotel Tremezzo

Il Grand Hotel Tremezzo esemplifica in pieno l’immaginario del lago di Como. È un grand hotel pieno di storia, che parte nel 1910 quando per la prima volta le 100 finestre più belle sul lago vengono aperte dalla famiglia Gandola, una famiglia di Bellagio che di ritorno da un grand tour per tutti i più grandi e i più begli alberghi europei decide di aprire un grand hotel sul Lago di Como per mostrare al resto del mondo quanto sia bello il lago e quanto sia bello il loro paese, Bellagio. L’hotel Tremezzo è il primo vero esemplare di grand hotel sul Lago di Como ed è stato pensato per esserlo in pieno con il suo ascensore panoramico che dal livello della strada porta al secondo piano, al giardino e ai servizi per gli ospiti. Tantissime le famiglie reali e i personaggi illustri che qui hanno soggiornato. 

Tra gli altri, Greta Garbo, a cui oggi è dedicata la stanza dell’hotel in cui soggiornava e che nel film del 1932 “Grand Hotel” parla di quanto fosse bello passare le vacanze a Tremezzo. Quasi 100 anni dopo non è cambiato molto: l’ospite del Lago di Como è internazionale per vocazione, le provenienze più presenti sono quelle di americani, asiatici e australiani. Fino a qualche anno fa gli italiani pensavano al Lago di Como come a qualcosa fuori moda e di vecchio stampo. Con la pandemia però si sono riscoperte le regioni del Bel Paese, Lago di Como incluso. Como è tornato a essere una meta ambita anche in Italia e si è registrato un aumento del turismo interno. Ad oggi, con il Lago di Como alla ribalta, il Grand Hotel ospita tante personalità del mondo dello sport e dello spettacolo.
I social media hanno dato una spinta significativa a questo boom, rischiando di compromettere in parte l’autenticità della zona. Chi visita il lago cerca la dolce vita, quell’idea di villeggiatura da grand tour e la bellezza che vede nelle stories di pagine Instagram come Italy segreta o Vita lentaSi insegue un sogno, un’idea effimera e inafferrabile di bellezza ed eleganza. Lake Como è un ideale, uno stile di vita. Ma soprattutto, rispetto a tutti gli altri laghi, è un brand. Lo spiega bene il general manager dell’hotel Tremezzo Silvio Vettorello.

Como 1907

Il cavallo di Troia della famiglia Hartono

Ma non solo. Como fa talmente gola che la famiglia più ricca di Indonesia decide di acquistare la squadra di calcio della città. Il Como 1907 ha un passato glorioso ma è ormai sull’orlo del fallimento quando viene comprata nel 2019 dai fratelli Hartono, magnati dell’impero del tabacco.
Che cosa ci vedono Robert Budi e Michael Bambang Hartono, 82 e 84 anni, in questo club? Che cosa li spinge ad acquistarlo? Si potrebbe pensare a un vezzo da miliardari che in visita sul lago se ne sono innamorati. In realtà, dietro a questa operazione c’è un disegno strutturato.
I due fratelli Hartono, al 61esimo e al 65esimo posto degli uomini più ricchi al mondo, hanno creato un impero sulle sigarette e poi lo hanno differenziato in oltre 50 attività diverse, tra cui banche ed entertainment. La loro piattaforma di streaming Mola Tv ha i diritti di molti sport europei, calcio compreso, e la scelta di acquistare una squadra in Europa nasce dalla volontà di esportare nel Vecchio Continente questa piattaforma, che tra le offerte propone anche una serie tv sul Como 1907.
Ma perché proprio il Como? In Italia i fondi per le squadre sono più ridotti rispetto agli altri Paesi europei, e poi i due magnati del tabacco conoscevano già il territorio avendo collaborato con il loro connazionale Erick Thohir, ex proprietario dell’Inter, che si allena ad Appiano Gentile, in provincia di Como. Puntano proprio a una società provinciale, con un passato storico da far rivivere, in un contesto geografico accattivante. Como risponde a tutti i requisiti.
Quando la società viene acquisita nel 2019, il manager indonesiano a capo dell’operazione, Mirwan Suwarso, scrive su X: “Abbiamo comprato lo zoo”. La frase non viene presa benissimo dai comaschi, anche se in realtà si tratta di una strizzatina d’occhio più o meno innocua al film The Zoo con Matt Damon, dove il protagonista compra uno zoo abbandonato con animali sofferenti per farne un parco meraviglioso. Il film, peraltro, è disponibile su Mola Tv. Al momento dell’acquisto il Como è in serie D, privo di un campo per allenarsi e senza risonanza. Oggi è in B e progetta il salto in A, ha un centro sportivo di proprietà e sta lavorando al progetto di ristrutturazione dello stadio Sinigaglia in centro Como come gioiello polifunzionale, non solo stadio.

Ma a ben vedere, il vero obiettivo di questa operazione commerciale potrebbe essere un altro. Como è un luogo storicamente vocato al turismo. Ma l’ondata degli ultimi anni l’ha travolto. Nessuno però in città ha avuto la prontezza imprenditoriale di offrire ai visitatori del lago un modo per rivivere in maniera concreta l’esperienza effimera del Lake Como.
I due magnati dell’impero del tabacco Djarum scelgono di cavalcare l’onda del Lago di Como come brand di lusso e lo fanno in sella a un destriero dagli antichi fasti ma ormai caduto in disgrazia.
Un cavallo di Troia che consenta loro di penetrare nel tessuto sociale della città. Grazie all’acquisto di un campione come Cesc Fàbregas e a fondi inediti per una squadra italiana di serie minore, l’operazione restituisce lustro alla squadra, che in breve tempo passa dalla serie D alla serie B. La gloria ritrovata porta la comunità comasca ad accettare l’incursione indonesiana. Si prepara il lancio di un brand legato alla città, che da essa prende il nome.

I fratelli Hartono creano Como4Como, un brand di lusso collegato alla città, con l’obiettivo di sfruttare la popolarità del Lago di Como come destinazione turistica di lusso. Como4Como ha avviato una serie di iniziative imprenditoriali, dal merchandising in punti vendita locali fino alla creazione di una collezione di alta fascia da vendere nelle boutique e nelle vetrine degli hotel a 5 o 7 stelle del lago. Il brand punta a diventare un’icona del turismo di lusso mondiale, con progetti futuri che includono acqua minerale, birra, profumi, cancelleria e alcolici. Como4Como coinvolge anche in parte i comaschi nel progetto. Il 50% dei ricavi del marchio è destinato alla squadra, mentre un 25% è per la comunità comasca in difficoltà e il restante 25% per partner locali coinvolti nella produzione dei prodotti. Il brand Como, portato avanti dagli indonesiani, ha potenziale per diventare un simbolo nel mondo e di un nuovo momento per la città.

Ma a quale costo?

Per coloro che vivono a Como tutto l’anno, la realtà è diversa dalla magia del lusso dei grandi hotel e dal sogno di una squadra che potrebbe presto giocare in serie A.
Per spostarsi in macchina da una località all’altra intorno al lago c’è una strada che costeggia le acque del Lario, detta strada Regina, una delle più suggestive d’Italia sì, ma stretta e con molte curve. Nell’estate del 2023 è stata una delle quattro strade più trafficate d’Italia, secondo un bilancio di Anas. Il trasporto dei bus, che nella bella stagione aumentano le corse, non è adatto a quel tipo di strada e spesso ne rallenta i flussi.
Un’altra questione con cui devono fare i conti i cittadini della zona del Lario sono i prezzi degli immobili. Il costante aumento del turismo nella zona, ha fatto lievitare i costi delle case, rendendone più difficile l’acquisto per chi cerca una prima abitazione. Dalla testimonianza di Fabio Caldarella, vicecapo ufficio di Tecnocasa Como, emerge che l’aumento del turismo nella zona ha avuto un impatto sul mercato immobiliare. «Qui arrivano tantissimi investitori dall’estero», spiega Caldarella, «ma l’aumento dei prezzi delle case è generalizzato per tutti, quindi non fa alcuna differenza se vendo casa a qualcuno che vuole fare un investimento o a qualcuno che vuole andarci a vivere». Rispetto al 2022, Caldarella conferma un aumento dei prezzi, dovuto non soltanto al turismo in crescita, ma anche alla vicinanza della zona con Milano e con Lugano.
«Como è una via di mezzo tra Milano e Lugano, quindi comoda anche per chi lavora in una delle due città», dice Caldarella, «e anche questo sicuramente è un fattore che dà origine a prezzi già alti». In particolare, l’agente immobiliare racconta che: «nel 2023 è capitato molto spesso di ricevere richieste di persone che si trasferivano da Milano per venire a vivere a Como, spesso per motivi economici». Quali saranno le prospettive negli anni a venire, se l’aumento dei prezzi delle case dovesse continuare a salire, è difficile a dirsi. «Potrebbe crearsi una sorta di bolla speculativa», dichiara Caldarella, «alcuni fondamenti ci sono già, ovviamente non al livello di una crisi come quella del 2008, però sicuramente a Como, essendo così piccola, c’è pochissima offerta e si vede già una sorta di speculazione perché tanti investitori esteri oggi rivendono immobili generando una plusvalenza. Il futuro della situazione immobiliare dipenderà in parte dai piani che verranno attuati sul territorio Comasco: se si faranno o meno delle nuove costruzioni, e quindi aumenteranno gli immobili presenti sul territorio. A quel punto tanti che già abitano qui a Como potrebbero decidere di spostarsi in costruzioni più recenti e gli investitori prenderebbero il loro posto. Ma è impossibile fare previsioni certe». 

Il futuro delle acque del Lario

Se da un lato la situazione immobiliare è incerta, osservando lo stato di salute delle acque del Lario, i problemi che emergono in questo periodo storico sono principalmente due, entrambi legati all’aumento delle temperatura.
Il primo riguarda la frequenza di rimescolamento delle acque. Il lago di Como fa parte dei grandi laghi subalpini ed è il più profondo d’Italia, con la profondità massima di 425 m. Questa sua caratteristica rende più complesse le fasi di rimescolamento delle sue acque, rispetto ad esempio a laghi poco profondi, dove è sufficiente poco vento per riequilibrare la concentrazione di ossigeno. «Normalmente alle nostre latitudini il rimescolamento avviene tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera» spiega il dottor Diego Copetti, ricercatore dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr ed esperto di ecologia dei laghi. «Il lago di Como, così come tutti gli altri laghi subalpini (Lago di Garda, Lago Maggiore etc.), non circola tutti gli anni, ma solo in inverni molto rigidi e ventosi. Tempo addietro c’era un ciclo ogni sette anni circa ma ormai il lago non circola più dai primi anni 2000, questo vuol dire che le parti sul fondo continuano a perdere ossigeno, tra le altre cose». Insomma, con l’innalzamento delle temperature negli ultimi anni e i sempre più rari inverni rigidi, il fondale del lago di Como fatica a ossigenarsi. Se, come già sottolineato dal dottor Romanò, è migliorato il livello di trofia del lago, «in anni recenti sono aumentate anche le fioriture di alghe, che poi in certi casi sono risultate effettivamente tossiche, nello specifico cianobatteri, che fanno la fotosintesi producendo però delle tossine», spiega Copetti. In effetti, nonostante le acque del Lario siano più limpide anche soltanto alla vista, capita spesso negli ultimi anni che la balneazione venga temporaneamente interrotta a causa della fioritura di questi batteri, che ricoprono di verde la superficie del lago.

Il secondo problema è legato alla flora del lago. Lo spiegano Valentino dell’Oro e Michele Preda, sub del Lario che effettuano immersioni dagli anni Novanta. «Con temperature estive molto più alte rispetto a qualche anno fa, notiamo che le acque del lago in estate sono molto più ricche di mucillagine», dice Dell’Oro, «ci sono giornate estive in cui alcune parti del lago, soprattutto nella zona di Olginate, diventano un tappeto di alghe». Oltre all’aspetto visivo, questa abbondanza di fioritura cambia le condizioni di balneazione. «Negli anni ci siamo accorti che molta più gente, noi compresi, ha sofferto di infezioni auricolari, molto probabilmente a causa dell’abbondanza di mucillagini», racconta Dell’Oro. «Per di più», concludono i sub, «anche le temperature che riscontriamo nelle immersioni profonde sono aumentate, attestandosi oggi più o meno sempre intorno ai 12 gradi, contro gli 8-10 di un tempo».

La fragilità del sogno

L’impulso che i social media e le grandi star internazionali hanno dato al turismo sul lago negli ultimi anni, ormai considerato un paradiso terreste dai visitatori di tutto il mondo e la decisione della famiglia Hartono di investire un grande capitale nella squadra di calcio, hanno trasformato le sponde del Lario in una meta desiderata e invidiata, simbolo della dolce vita italiana. D’altro canto, però, se si guarda più da vicino, emerge un quadro delicato e complesso. Per i pescatori, ormai una sessantina in totale, non è sempre facile adattarsi alla trasformazione del territorio e se da un lato il grande afflusso di turismo, spesso anche di tipo gastronomico, gioca a loro favore, valorizzando un mestiere raro e prezioso, d’altro canto la diminuzione del pesce nel lago e la sempre maggiore richiesta di un prodotto più “trasformato” complica il mestiere e richiede maggiori investimenti a livello di tempo e attrezzature. Le acque del Lario, infine, seppur più pulite rispetto a qualche decennio fa, oggi devono fare i conti con l’aumento delle temperature, che rende più difficile il rimescolamento delle acque, necessario all’ossigenazione dei fondali e quindi al benessere di alcuni pesci, e la proliferazione delle mucillagini. Insomma, non è tutto “Lake Como” quel che luccica.