Il 18 gennaio alle 10 è iniziato il processo ad Alessandro Impagnatiello. L’ex barman di lusso e reo confesso del femminicidio di Giulia Tramontano è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione e crudeltà e futili motivi e rapporti di convivenza. È anche a processo per interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere. Infatti, Giulia Tramontano era incinta di 7 mesi di Thiago, figlio di Impagnatiello, quando è stata uccisa da 37 coltellate, bruciata e abbondonata in un parcheggio, dopo essere stata avvelenata per mesi con un topicida. Nella prima udienza, è avvenuta la costituzione delle parti civili, la richiesta di ammissione delle prove, e sono state ascoltate le dichiarazioni spontanee dell’imputato, che ha detto di essere stato mosso da «disumanità» nel suo gesto.

Il processo – Presenti in aula Alessandro Impagnatiello e tutta la famiglia di Giulia Tramontano: la madre, il fratello, la sorella e il padre. Davanti alla Corte d’Assise di Milano, hanno chiesto di costituirsi parte civile i familiari di Giulia Tramontano (assistiti dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti), il comune di Senago (rappresentato da Antonio Ingroia), la fondazione Polis (che si occupa di sicurezza per la Regione Campania), e l’associazione Nazionale Penelope (che si occupa di femminicidi). Ammessi come parti civili dalla Corte d’Assise soltanto i familiari della vittima. Il pubblico ministero Alessia Menegazzo e la procuratrice aggiunta Letizia Mannella hanno sottoposto al vaglio dei giudici una lista di testimoni tra cui tutta la squadra omicidi intervenuta sulla scena del crimine, i familiari di Giulia Tramontano, e la donna che aveva una relazione parallela con Impagnatiello. Lei e la famiglia Tramontano dovrebbero essere ascoltati il 7 marzo. Tra i materiali probatori di cui l’accusa ha chiesto l’ammissione ci sono 15 supporti informatici e 35 prodotti documentali, tra cui dvd contenenti un audio mandato da Tramontano dopo l’incontro con l’altra donna di Impagnatiello, ma anche un video del baby shower e tutti i filmati delle telecamere usati per le indagini, nonché le chat. La famiglia ha chiesto invece l’ammissione di due consulenti psichiatrici di parte, mentre la difesa vorrebbe esaminare i testimoni di pm e parte civile, nonché tutta la produzione documentale. Probabilmente la difesa chiederà la perizia psichiatrica per dimostrare che l’imputato non fosse in grado di intendere e di volere, totalmente o parzialmente, nel momento in cui è stato commesso il femminicidio. È l’unica via per evitare l’ergastolo. Negli scorsi mesi, la difesa ha sottoposto l’assistito a numerose visite psichiatriche avvenute nel carcere di San Vittore.

L’intervento di Impagnatiello – Barba folta e capelli lunghi, Alessandro Impagnatiello è entrato in aula con lo sguardo basso e lo ha alzato solo quando, a circa due ore dall’inizio del processo, si è seduto al tavolo dei testimoni per rilasciare una dichiarazione. In lacrime, l’uomo ha detto di essere stato colto «da qualcosa che risulterà inspiegabile e da disumanità, ero sconvolto e perso». Ha dichiarato di volere usare la prima udienza come occasione per chiedere scusa. «Quel giorno anche io me ne sono andato con loro – ha detto davanti alla Corte d’Assise – anche se sono qui con voi a parlare, da allora non vivo più». Immediata la reazione della famiglia. Chiara e Franco Tramontano, sorella e padre di Giulia, sono usciti dopo pochi secondi. Sono rimasti invece ad ascoltarlo la madre Loredana e il fratello Marco. «Non chiedo che queste scuse vengano accettate  perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono». La famiglia della vittima non ha rilasciato dichiarazioni. Nei giorni scorsi Chiara Tramontano aveva scritto annunciato sui social la sua intenzione di partecipare al processo: «Vogliamo sapere di vivere in un paese giusto. Nulla ci restituirà Giulia, ma la giustizia può alleviare il senso perenne di frustrazione e sconfitta che proviamo dinnanzi alla lapide di mia sorella. Giustizia per il nipote che non culleremo mai, per la nostra vita distrutta, per i silenzi che accompagneranno ogni Natale, ogni compleanno di Giulia, ogni giorno di festa in cui non saremo più in 5 a tavola. Giustizia per Giulia, che ha perso la vita, la famiglia e non per ultimo, suo figlio Thiago», aveva scritto.

Il femminicidio – Impagnatiello ha ucciso Giulia Tramontano con 37 coltellate. Ha poi provato a fare a pezzi il suo corpo, ha tentato di bruciarlo e poi l’ha tenuto nel suo box auto di Senago, provincia di Milano, per tre giorni. L’ha infine abbandonato in un’intercapedine di un parcheggio, tra delle auto e una recinzione. Il 31 maggio ha confessato l’omicidio. Tracce di sangue erano state trovate dagli investigatori nell’appartamento in cui viveva la coppia e nell’auto di Impagnatiello. L’autopsia sul corpo di Giulia Tramontano ha documentato, anche nel feto, la presenza di bromadiolone, un anticoagulante tossico che rientra nella categoria del veleno per topi. Il topicida sarebbe stato somministrato per mesi prima dell’omicidio di Giulia. Non è ancora chiaro il movente del femminicidio. Prima di essere uccisa, Giulia aveva scoperto che il compagno aveva una relazione clandestina con un’altra donna, una collega di lavoro, che a sua volta era rimasta incinta e che aveva deciso di interrompere la gravidanza. Anche lei sarà ascoltata in aula.

 L’interesse pubblico del processo – A causa della grande partecipazione mediatica, il processo è iniziato con i giornalisti costretti a rimanere sull’uscio, perché l’aula scelta (la prima della Corte d’Assise) era troppo piccola per contenere tutti. Dopo l’intervento del presidente del tribunale di Milano Fabio Roia, il processo si è spostato nella prima aula della Corte d’Assise d’Appello. Si tratta di una delle sale più grandi di Palazzo di Giustizia, ed era comunque gremita. Ai giornalisti è stato impedito di produrre immagini fino all’autorizzazione della giudice Bretoja. Prima di procedere alla richiesta dell’ammissione di prove e testimoni, la giudice ha domandato alle parti se volessero autorizzare la produzione di riprese audiovisive. Sia la Procura che la difesa che l’avvocato della famiglia si sono detti contrari. Riunitasi in Consiglio, la Corte ha deliberato che si potrà registrare quanto avviene in aula soltanto al momento della lettura della sentenza. La presenza dei giornalisti invece sarà sempre ammessa perché il caso di Giulia Tramontano è di interesse pubblico, ed è il primo a essere celebrato dopo l’entrata in vigore della legge di emergenza sul femminicidio, emanata in seguito alla morte di Giulia Cecchettin.