“La prima donna”. Quante volte Elisabetta Belloni, la nuova direttrice del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), deve averlo ascoltato a proposito dei suoi successi in un mondo quasi sempre al maschile, quello della diplomazia italiana. Ma questa volta il primato è davvero storico: in seguito alla nomina, annunciata mercoledì 12 maggio, decisa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, l’ambasciatrice romana diventa la prima donna capo dei servizi segreti italiani. D’altronde, non era facile far passare in secondo piano i primati conquistati fin ora, primo tra tutti l’essere stata nel 2016 la prima donna a ricoprire il ruolo di segretario generale del ministero degli Affari esteri.

Gli inizi nella diplomazia – Non è stato avaro di complimenti Carlo Calenda nel suo tweet di auguri alla notizia della nomina di Belloni, definendo la decisione di Draghi «la scelta migliore». D’altronde è da ieri che sui social si rincorrono gli apprezzamenti messaggi per l’ambasciatrice, distintasi per i successi ottenuti durante la sua ormai pluriennale carriera diplomatica. Conquistare spazio, responsabilità e riconoscimenti in un mondo quasi del tutto maschile è ormai per Belloni la normalità. Romana, 63 anni il primo settembre, la nuova direttrice del Dis muove i suoi primi passi nella diplomazia italiana nel 1985, dopo aver conseguito nel 1982 la laurea in Scienze politiche alla Luiss. Oltre alle origini romane, ha in comune con Draghi l’aver frequentato lo stesso liceo, il Massimiliano Massimo dei Gesuiti. E inaugura così, giovanissima, la sua serie di “prime volte”, visto che all’epoca l’istutito era interdetto al sesso femminile. Il primo incarico da diplomatica lo ottiene nel 1985, a soli 27 anni: attraverso un concorso diventa volontario nella carriera diplomatica, qualifica che le permette di svolgere le prime missioni, in Italia e all’estero.

Elisabetta Belloni

Elisabetta Belloni, durante la cerimonia di premiazione del XII Edizione del Premio Guido Carli all’Auditorium Parco della Musica, Roma, 07 maggio 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

La carriera alla Farnesina – Il 2004 è l’anno dell’incontro con la politica. Diventa capo – ancora una volta, è la prima donna a ricevere questo incarico – dell’Unità di crisi della Farnesina a fianco del ministro Massimo D’Alema, titolo che conserva fino al 2008. Durante questi quattro anni, segue, tra le altre, emergenze diplomatiche molto delicate, dai rapimenti italiani in Iraq e in Afghanistan al rientro a casa degli italiani rimasti coinvolti nello tsunami del sudest asiatico del 2004. Tra i dossier più scottanti di cui si è occupata, il rapimento del giornalista de la Repubblica Daniele Mastrogiacomo, bloccato in Afghanistan dai Talebani nel 2007. Poi, la sua carriera è tutta in ascesa, Belloni continua a conquistare titoli e incarichi di primo valore: dal 2008 al 2013 è direttrice per la cooperazione allo sviluppo del ministro degli Esteri, poi per le risorse e l’innovazione. Il 2016 è l’anno che la vede diventare segretario generale della Farnesina, in seguito alla proposta dell’allora ministro Paolo Gentiloni: è la prima donna a gestire l’intero complesso sistema, con le sue 300 sedi all’estero.

I risvolti nel governo Draghi – La nomina di Belloni ai vertici del Dis segna di fatto un cambio di passo rispetto alla fase precedente del Dipartimento, quella legata all’era Conte. L’ambasciatrice romana subentra infatti a Gennaro Vecchioni, voluto nel 2018 proprio dall’ex presidente del Consiglio. Draghi ha preventivamente informato della propria intenzione il presidente del Copasir, Raffaele Volpi. Ma, al momento sembrerebbe che il prefetto sostituito fosse all’oscuro della decisione di Palazzo Chigi e che non sia stato convocato alla riunione del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (Cisr), l’organismo parlamentare di controllo sull’attività dei servizi. Tra i tanti – da Matteo Salvini a Matteo Renzi passando per Luigi Di Maio – messaggi di consenso rivolti alla neodirettrice da ogni parte politica, non è così difficile cogliere la soddisfazione per il cambio di passo rispetto all’era Conte. In alcuni casi l’entusiasmo non è nemmeno così implicito: fonti del Carroccio hanno parlato di «ennesimo segnale di discontinuità rispetto alle scelte di Conte e dei 5Stelle».