L’attesa della sentenza all’interno del tribunale di Brescia

Ergastolo. E nessuna possibilità di ripetere il test del dna. La corte d’Appello di Brescia a mezzanotte e mezza, dopo quindici ore di camera di consiglio, non ha avuto dubbi: Massimo Bossetti è colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio. È stato quindi riconfermato anche in secondo grado l’intero impianto accusatorio formulato della corte d’Assise di Bergamo.

Il dispositivo – Tante le ore di attesa. Tanta la gente che attendeva da tutto il giorno il verdetto. Due minuti per la lettura del dispositivo. Questo è quanto è servito al presidente di giuria, Enrico Fischetti, per condannare il muratore di Mapello al carcere a vita. «Nel nome del popolo italiano, la corte d’Assise di Brescia, in base all’articolo 592 e 605, condanna l’imputato alla pena dell’ergastolo e al pagamento delle spese processuali», legge Fischetti. L’imputato rimane impassibile e fissa davanti a sé. La moglie, Marita Comi, la madre, Ester Arzuffi, e la sorella gemella, Laura Letizia, scoppiano a piangere. L’aula resta in silenzio mentre i legali restano impietriti e scuotono il capo in segno di dissenso.

Le reazioni – Dissenso che ha trovato il proprio specchio in tanti presenti, venuti a sostenere la famiglia e l’imputato stesso in un processo che, secondo loro, ha sempre mostrato troppe coincidenze ma mai prove vere. Inconfutabili. Prove “ripetibili” come ricordava l’avvocato della difesa, Paolo Camporini, nella sua requisitoria. Un dispositivo, quello di lunedì notte, che ha lasciato l’amaro in bocca a chi sperava di dare nuove certezze con un nuovo tentativo di delineare il profilo genetico di Massimo Bossetti e la sua compatibilità con quello di Ignoto 1 (il nome del “possessore” del dna ritrovato su slip e leggins della vittima e che secondo la Procura è dell’assassino della ragazza, ndr). «Sentire la parola ergastolo, nonostante sia un avvocato fa sempre un certo effetto. Ma siamo contenti del risultato ottenuto», ha commentato all’uscita dal tribunale uno dei legali della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo.Parole opposte, invece, per la difesa. «Siamo sfiduciati. Non è comprensibile che venga negata la possibilità di dimostrare la propria innocenza a chi chiede di farlo e lo fa con metodi scientifici. Chiedevamo solo di poter ripetere i test,» afferma Claudio Salvagni, avvocato di Bossetti, e conclude «faremo ricorso in Cassazione. Ora attendiamo il deposito delle motivazioni della sentenza».

(Giorgio Portera, genetista e consulente della famiglia Gambirasio, ed Enrico Pelillo commentano la sentenza)

Le ipotesi – Chi ha seguito il caso si è diviso tra innocentisti e colpevolisti, ma il processo avrebbe potuto prendere quattro strade diverse: la condanna, l’assoluzione, il rinvio al primo grado (più raro), nomina di un perito per la ripetizione della prova del dna e sentenza sospesa fino a risultati ottenuti.

Le dichiarazioni – Un’ora prima di riunirsi in camera di consiglio, alle 8.30 di mattina di lunedì 17 luglio, la corte ascolta le dichiarazioni spontanee di Bossetti. Trentacinque minuti in cui l’imputato ha ribadito la sua innocenza e la volontà di ripetere il test del dna per provarlo. Ha poi chiesto ai giudici di non lasciare dubbi né nulla di intentato ma di cercare sempre la verità. Quella confermata da prove insindacabili e ha concluso dicendo «Se non mi darete la possibilità di rifare il test questo sarà il più grande errore giudiziario di questo secolo».