La candidata di Unione Popolare, Mara Ghidorzi

Mara Ghidorzi, progettista e ricercatrice specializzata in politiche di genere, è la candidata di Unione Popolare alla presidenza della Lombardia. In una regione in cui, alle ultime elezioni politiche, la destra ha superato il 50% dei consensi, Ghidorzi ha accettato la sfida di rappresentare la sinistra oltre la sinistra. A La Sestina la candidata ha raccontato il suo progetto per la Lombardia, «una vera alternativa al consociativismo tra centrodestra e centrosinistra che ha favorito il cemento e le grandi opere a discapito dell’ambiente e del nostro territorio».

Mara Ghidorzi, chi vuole rappresentare con la sua candidatura?
Per questa campagna elettorale abbiamo scelto lo slogan “I margini al centro”. Con questo vogliamo rappresentare chi fino a oggi è rimasto escluso dall’agenda politica di centrodestra e centrosinistra: chi fatica a pagare le bollette, chi non riesce a pagare l’affitto, chi ha un lavoro povero o precario e chi addirittura un lavoro non ce l’ha. A loro vogliamo rispondere con un programma semplice, che riporti il pubblico al centro delle politiche regionali.

La sanità lombarda, con il suo sistema misto pubblico-privato, è spesso indicata come un’eccellenza nazionale. I cittadini lamentano però diversi problemi nell’accesso ai servizi sanitari, a partire dalle lunghe liste di attesa. Quali sono le vostre proposte per migliorarla?
La sanità è l’esempio calzante del modello che vogliamo smantellare. L’80% del bilancio della Lombardia è occupato dalle spese sanitarie, ma di queste il 40% è destinato al privato. Noi vogliamo riprendere questi fondi e destinarli al potenziamento della sanità pubblica, assumendo personale medico e infermieristico e ripristinando i presidi medici sul territorio, a partire dai medici di base, i consultori pubblici e laici, i Sert (Servizi per le tossicodipendenze) e le Uonpia (unità di diagnosi e cura rivolte a bambini con disturbi psicologici e neuropsicologici).

Altro tema al centro di questa campagna elettorale è l’autonomia differenziata. Qual è la vostra posizione in merito?
Si tratta di una proposta da rigettare in toto. Non può esistere un’Italia con 23 sistemi regionali: welfare, scuola e sanità devono essere garantiti in maniera omogenea su tutto il territorio. Purtroppo siamo arrivati a questo punto anche a causa delle aperture del centrosinistra: ricordiamo che Bonaccini è stato uno dei tre governatori che hanno promosso il referendum per l’autonomia. Eppure i risultati della regionalizzazione sono sotto i nostri occhi: da quando le regioni si occupano di sanità si sono create disuguaglianze tra territori e all’interno delle stesse regioni, dove è forte la spinta alla privatizzazione. Per noi anche la sanità deve tornare una competenza nazionale.

Nel vostro programma menzionate lo smantellamento della base militare di Ghedi (Brescia), ma politica estera e sicurezza sono competenze esclusive dello Stato. Come pensa di affrontare il tema dal punto di vista della Regione?
Vorremmo che la Lombardia fosse una regione di pace e denuclearizzata. Al momento, invece, nella base di Ghedi sono presenti bombe nucleari. Questo significa che se Putin dovesse alzare il tiro, la Lombardia sarebbe un obiettivo ipersensibile. Se diventassi presidente, il primo passo sarebbe trattare con il governo per fare in modo che sul nostro territorio non ci siano testate nucleari. Inoltre, secondo noi non dovrebbero più essere date concessioni alle industrie militari che producono armi in Lombardia.

Proponete anche di fermare le Olimpiadi invernali del 2026, ma non è troppo tardi? La sede è già stata assegnata e la Lombardia è impegnata nell’organizzazione della manifestazione.
Prima di tutto, per le grandi opere che impattano fortemente sul territorio servirebbe un maggior coinvolgimento popolare. In Svizzera, per esempio, si è svolto un referendum e, preso atto della contrarietà dei cittadini, si è deciso che non si terranno le Olimpiadi, anche se alcuni territori erano coinvolti nel progetto. A questo aggiungo: meglio fermarci subito che soffrire a lungo delle conseguenze, come accaduto per le Olimpiadi di Torino del 2006 per cui ancora oggi paghiamo i debiti. Noi non siamo contrari alla manifestazione sportiva in sé, ma chiediamo di recuperare e potenziare l’esistente anziché realizzare nuove inutili infrastrutture, come nuove piste, nuovi alberghi o una nuova tangenziale che spaccherebbe in due la Valtellina.

Le proposte dal punto di vista sanitario (abolizione dei ticket), abitativo (nuove case popolari, sostegni all’affitto) e scolastico (gratuità di libri e trasporti) sono molto ambiziose, ma la Regione deve far fronte a vincoli legati alla scarsità di risorse. Come pensate di finanziare il vostro programma?
Il bilancio della Lombardia è solido rispetto ad altre regioni. Il problema è come queste risorse vengono impiegate: ad oggi queste vengono dirottate sul privato, mentre noi vogliamo rimediare a questo squilibrio. Per quanto riguarda la scuola, per esempio, la dote scuola è un modo per finanziare indirettamente le rette delle scuole private. Secondo noi, quei fondi vanno usati per far acquistare libri e far spostare gratuitamente gli studenti sul territorio lombardo. Un altro esempio: a Bari, realtà meno ricca della nostra, stanno sperimentando l’abbonamento a 20€ all’anno per i lavoratori pendolari. Se non possiamo realizzarlo in Lombardia è unicamente per mancanza di volontà politica.

Qual è l’obiettivo che Unione Popolare si pone per queste elezioni?
Il nostro obiettivo è realistico: non puntiamo a governare la Lombardia, ma a superare la soglia di sbarramento del 3% per portare la nostra voce e fare una vera opposizione, cosa che in questi anni il centrosinistra non è stato in grado di fare. Siamo l’unica forza in grado di rappresentare i margini, l’unica alternativa al modello consociativo centrosinistra-centrodestra che in questi anni ha condiviso le stesse scelte politiche favorendo la cementificazione selvaggia del nostro territorio.