L’ultimo caso è stato quello di Carolina Girasole, già sindaco e simbolo antimafia. Prima di lei ci fu Domenico Zambetti, assessore lombardo. E se l’elenco di amministratori accusati di voto di scambio si allunga sempre di più, continua a mancare una legge efficace che lo contrasti.

Voti in cambio di favori: anche per l’ex primo cittadino di Isola Capo Rizzuto, comune del crotonese, questa è l’accusa che l’ha portata ai domiciliari il 3 dicembre. Avrebbe favorito la cosca Arena, proprio lei che si era imposta come uno degli amministratori calabresi più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta.

Cambiano le latitudini ma le cronache raccontano di diversi politici accusati di patti inconfessabili con le cosche. E a ogni episodio, si riapre il dibattito sulla legge contro il voto di scambio. La norma infatti esiste ma per i magistrati non è adeguata. La realizzazione del delitto è prevista, infatti, solamente se viene provato lo scambio promessa-denaro. “Bisogna reintrodurre il concetto di “altra utilità” che c’era ai tempi di Falcone” ha detto infatti il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, convinto che questa sia una delle priorità legislative in tema di antimafia. Appalti, favori, assunzioni, preferenze di vario tipo: le inchieste dimostrano che sempre più spesso è questa la contropartita ottenuta dalle organizzazioni criminali, in cambio del proprio appoggio nell’urna. Ma non mancano i casi di chi come l’ex assessore della Giunta Formigoni avrebbe comprato 4000 preferenze della ‘ndrangheta per 200mila euro.

Una riforma doveva partire in autunno, alla ripresa dei lavori parlamentari, dopo la pausa estiva. Ma tornati sugli scranni, del voto di scambio deputati e senatori non hanno più parlato concretamente, dopo che a luglio il tema era entrato invece di gran forza nel dibattito. Molte infatti erano stato le polemiche dopo la commissione Giustizia aveva messo a punto un provvedimento in cui si condannava chiunque accettasse “consapevolmente il procacciamento di voti” in cambio di “denaro o di altra utilità” con la reclusione da “4 a 10 anni”. Stessa pena anche per “chi procaccia i voti”. Una soluzione di mediazione che introduceva la formula “o altra utilità” richiesta negli anni dall’associazionismo antimafia e da molti magistrati, ma che sostituiva la “promessa di voti” con il “procacciamento”, ossia la concreta attivazione del boss sul territorio alla ricerca del consenso elettorale.

Per i magistrati però l’introduzione di quell’avverbio – “consapevolmente” – renderebbe ancora più difficile dimostrare le accuse in un’aula di Tribunale. Discussioni ci sono state anche sulla riduzione di pena dai 12 anni attuali ai 10 ipotizzati. Infine, lo scontro politico si era sviluppato anche intorno a inchieste in corso per associazione a delinquere di stampo mafioso come quelle a carico tra gli altri di Nicola Cosentino (Pdl), perché anticiperebbe la prescrizione.

Eppure di una legge efficae l’Italia avrebbe particolarmente bisogno. Visto che la lista di sindaci, consiglieri, assessori accusati di voto di scambio continua ad allungarsi.

Andrea Zitelli