«Quello che ho vissuto io, quelle ore di paura non si possono neanche immaginare. Ho avuto paura di morire, ho rischiato di morire». È questo il racconto della 18enne che ha accusato l’imprenditore Alberto Genovese di averla drogata e violentata il 10 ottobre, durante una delle sue feste alla Terrazza Sentimento di Milano. «Tutto questo odio gratuito nei miei confronti mi fa stare male», ha detto poi la ragazza parlando della violenza mediatica che si è scatenata dopo la sua denuncia. Ma anche un amico dell’imprenditore, Daniele Leali, e il bodyguard Simone Bonini, ospiti a Non è l’Arena, spiegano la loro versione su quanto accaduto quella notte.

La testimonianza della vittima – Vania (nome di fantasia), non si mostra alle telecamere, ma rilascia una testimonianza audio in esclusiva a Live – Non è la d’Urso nella puntata di domenica 22 novembre. «In questi giorni, dopo che è uscita la notizia del suo arresto, ho cominciato a leggere tante cose, i miei ricordi si sono fatti sempre più precisi. E la cosa che mi fa più male è sentire i commenti di queste persone che cercano di darmi una colpa o di giustificare quello che mi è stato fatto. Quello che ho vissuto io, quelle ore di paura non si possono neanche immaginare. Ho avuto paura di morire, ho rischiato di morire. Ho avuto paura di non poter rivedere più la mia mamma, il mio papà, le mie sorelle, i miei amici». Poi continua denunciando l’odio mediatico che si sarebbe scatenato nei suoi confronti: «Io, che sono la vittima, mi sono sentita più volte offesa, più volte attaccata ingiustamente perché dopo tutto quello che ho vissuto, quest’ulteriore violenza mediatica non penso assolutamente sia giusta». In serata l’avvocato della ragazza, Saverio Macrì, ospite a Non è l’Arena su La7 prega la stampa «di non fare processi alla vittima anziché al carnefice».

L’amico Daniele Leali – Nella trasmissione di Massimo Giletti su La7 sono intervenuti anche il bodyguard che sorvegliava la porta della stanza dove sarebbe avvenuta la violenza, Simone Bonini, e l’amico e pr delle feste di Alberto Genovese, Daniele Leali. Quest’ultimo, in collegamento da Bali, ha chiarito di non essere fuggito: «Sono cinque anni che vengo in Indonesia a novembre per lavoro, ho delle attività qui e un locale nelle Filippine». Ha anche fornito spiegazioni sul perché i cellulari venissero ritirati all’ingresso delle feste – per fare in modo che gli ospiti socializzassero – e ha precisato che «Alberto ha iniziato a farlo ai party in casa a Ibiza per evitare che la festa fosse geolocalizzata e arrivassero intrusi».

Il bodyguard – Sulla presenza di un bodyguard fuori dalla stanza dove sarebbe avvenuto lo stupro, Leali dice che «c’era perché capitava che la gente che girava in casa gli [ad Alberto Genovese, ndr] finiva nella camera da letto». Il buttafuori in questione, Simone Bonini, chiarisce che era stato chiamato alla festa del 10 ottobre per sorvegliare oggetti di valore. Sarebbe questo il motivo per cui non avrebbe fatto entrare nella stanza le due amiche della vittima che stavano tentando di salvarla. Precisa poi di essere andato via all’1:30 di notte e di non aver sentito nessun rumore della violenza perché «la musica era altissima».

L’avvocato – Nella stessa trasmissione parla anche l’avvocato della vittima, Saverio Macrì: «È riuscita a scappare da sola verso le 21:30 del giorno dopo. Ha trascorso un giorno intero in quella casa. Purtroppo, deve confermare che non aveva gli abiti e le scarpe, è vero, ha preso le prime cose che ha trovato. Ed è vero che Genovese le ha buttato dalla finestra 100 euro in segno di disprezzo e una scarpa». La ragazza era arrivata alla festa intorno alle 20:30 ed era rimasta da sola con il padrone di casa che l’avrebbe drogata e violentata nella camera da letto in cui la vittima sarebbe restata per 24 ore, perlopiù in stato di incoscienza. Arrivata al pronto soccorso, la giovane è stata ricoverata con una prognosi di 28 giorni. «Mai visto nulla del genere», racconta il medico che l’ha soccorsa.