La serie di Disney + sull’omicidio di Sarah Scazzi non andrà in onda. O almeno, non per ora. Il giudice della sezione civile del Tribunale di Taranto, Antonio Attanasio, ha accolto la richiesta del sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, e ha emesso un provvedimento di sospensione cautelare che blocca la messa in onda della fiction, prevista per il 25 ottobre. Disney e la casa di produzione Groenlandia hanno già dichiarato di essere pronti ad opporsi alla decisione del Tribunale tarantino.
La fiction – Già presentata alla Festa del Cinema di Roma, la serie racconta l’omicidio di Sarah Scazzi, 15 anni, avvenuto il 26 agosto 2010 ad Avetrana, in provincia di Taranto. Per la morte della giovane, la Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la condanna all’ergastolo delòla cugina di Sarah, Sabrina Misseri, e della zia, Cosima Serrano, colpevoli di aver ucciso la ragazza soffocandola con una cinghia, per poi inscenarne la sparizione. Lo zio di Sarah, Michele Misseri, ha invece da poco finito di scontare la sua condanna ad 8 anni di reclusione per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove. All’epoca dei fatti, la vicenda aveva avuto particolare rilevanza mediatica e il piccolo comune di Avetrana si era improvvisamente ritrovato sotto i riflettori, con schiere di giornalisti ed emittenti tv ad assediare casa Misseri e intervistare gli abitanti. Tra le vicende rimaste impresse la scoperta da parte della madre di Sarah, Concetta Serrano, del ritrovamento del cadavere della figlia, avvenuta durante una diretta dal programma «Chi l’ha visto?». La fiction, strutturata in 4 episodi da 60 minuti con la regia di Pippo Mezzapesa, si propone di raccontare la vicenda dando voce al punto di vista dei suoi protagonisti, Sarah (Federica Pala), Sabrina (Giulia Perulli), Cosima (Vanessa Scalera) e Michele (Paolo De Vita).
La reazione del sindaco di Avetrana – Al centro delle rimostranze del primo cittadino di Avetrana è il titolo della serie, «Avetrana – Qui non è Hollywood», che pone al centro il paesino pugliese ancor prima dei suoi singoli abitanti, e riprende una scritta fatta con lo spray comparsa nei giorni delle indagini. Sarebbe stato proprio questo particolare a scatenare le ire di Iazzi, dato che la serie targata Disney+ non è il primo prodotto cinematografico che riguarda il delitto, né la prima serie a mettere sotto i riflettori unacittà nella quale si è commesso un delitto (un esempio è «Per Elisa», la fiction Rai sul caso Claps, che mette a nudo l’omertà di parte della cittadinanza di Potenza). Il sindaco ha richiesto la «rettifica della denominazione» della serie e la sua «sospensione immediata», queste le sue parole: «La messa in onda del prodotto cinematografico rischia di determinare un ulteriore attentato ai diritti della personalità dell’ente comunale, accentuando il pregiudizio che il titolo già lascia presagire nel catapultare l’attenzione dell’utente sul territorio più che sul caso di cronaca». Iazzi ha poi richiesto di visionare in anteprima la serie, «al fine di appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà».
Case di produzione, Anica e Apa pronte ad opporsi – Dopo che il giudice ha accolto le richieste del comune pugliese, l’udienza di comparizione delle parti è stata fissata per il prossimo 5 novembre. Non appena la decisione del Tribunale di Taranto di “rinviare a giudizio la serie” è stata diramata, le case di produzione Disney e Groenlandia hanno reso noto via canali ufficiali e con una storia Instagram sul profilo di Disney+ che la messa in onda della fiction sulla piattaforma streaming è momentaneamente rimandata. Nel comunicato diffuso le case di produzione hanno però sottolineato con queste parole le proprie rimostranze: «Le parti non concordano con la decisione del Tribunale e faranno valere le proprie ragioni nelle sedi competenti». A opporsi alla decisione anche Anica ( Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e digitali) e Apa (Associazione Produttori Audiovisivi), che l’hanno definita «una grave lesione di quel principio di libertà di espressione chiaramente tutelato anche a livello costituzionale e che deve essere garantito al racconto audiovisivo italiano».