Dalla notte dei Golden Globe Awards Laura Pausini esce vincitrice. La sua Io sì (Seen, il titolo in inglese) è stata premiata come la migliore canzone originale. Il brano è contenuto nel film di produzione Netflix La vita davanti a sé di Edoardo Ponti.
La canzone – Io sì è il frutto dalla collaborazione tra la Pausini e Diane Warren, compositrice statunitense già nominata 11 volte agli Oscar e definita «un gigante della musica mondiale» dalla stessa Pausini all’annuncio della vittoria. «Devo ringraziare anche la music supervisor Bonnie Greenberg (già conosciuta per film come Tutto può succedere e The Mask ndr) e Niccolò Agliardi», ha detto Laura Pausini. Agliardi, tra i suoi più assidui autori, ha curato i testi italiani. La gratitudine della cantante italiana è andata anche al regista del film e a Sophia Loren, protagonista della pellicola: «Essere la voce del personaggio di Sophia mi riempie di orgoglio».
La dedica all’Italia – Dopo i ringraziamenti Laura Pausini ha voluto regalare un pensiero speciale ai suoi affetti più cari: «Dedico questo premio all’Italia, alla mia famiglia, alla mia bimba che di questo giorno vorrei ricordasse la gioia nei miei occhi e che sempre bisogna credere nei propri sogni». Il trionfo ai premi della Hollywood Foreign Press è stato uno di questi, ora realizzato: «Mai e poi mai avrei pensato di vincere ai Golden Globe Awards…che emozione pazzesca e che grandissimo onore! È veramente un privilegio essere la prima donna ad avere vinto con un brano tutto in italiano!». L’emozione si è fatta ancora più intensa nel ricordare da dove tutto è iniziato: «Proprio in questi giorni ricorre il 28esimo anniversario da quella serata a Sanremo che mi ha cambiato la vita. E sorrido a pensare a quella ragazzina, che mai si sarebbe aspettata di arrivare così lontano». «Sono felice per questo traguardo – ha aggiunto – soprattutto per il messaggio di accoglienza e di condivisione che la canzone porta con sé, dedicato a tutti quelli che meritano di essere visti».
Più inclusione – La cerimonia si è aperta con la premiazione degli attori John Boyega per Small Axe e Daniel Kaluuya per Jude and the Black Messiah. La loro vittoria, sono entrambi di colore, ha aperto il dibattito sull’inclusione della popolazione nera nel mondo del cinema. Dibattito a cui l’associazione dei giornalisti stranieri a Hollywood, sotto accusa per essere composta solo da bianchi, ha partecipato con un mea culpa a inizio cerimonia. La promessa è quella di includere giornalisti di colore tra le sue fila.
Gli altri premi – Catherine O’Hara ha vinto come migliore attrice protagonista della serie televisiva Schitt’s Creek, che, a sua volta, è stata giudicata miglior serie comica/musical. Lo show di Pop Tv, poi passato a Netflix, aveva già trionfato agli ultimi Emmy. Sempre di Netflix è il film drammatico con la migliore sceneggiatura. Si tratta di Trial of the Chicago 7 con Sasha Baron Cohen e sceneggiato da Aaron Sorkin. Triplo riconoscimento per The Crown. Josh O’Connor ed Emma Corrin, rispettivamente il principe Carlo e Lady Diana, sono stati premiati come miglior attori protagonisti di una serie drammatica. Poi Gillian Anderson, nella serie Margaret Tatcher, ha vinto come miglior attrice non protagonista. Per la categoria film, invece, è Jodie Foster la migliore attrice per il film The Mauritanian. A Chadwick Boseman è andato il premio postumo come migliore attore per Ma Rainey’s Black Bottom. Sasha Baron Cohen ha ringraziato «la giuria tutta bianca» per aver scelto il suo film Borat Subsequent Movie Film come miglior film comico. I Golden Globes si sono infine chiusi con una vittoria che farà storia: dopo 37 anni è di nuovo una donna ha vincere il premio di miglior regista. Il riconoscimento è andato a Chloé Zhao per Nomadland.