Si è conclusa la quarta edizione della Milano Music Week (MMW), che dal 16 al 22 novembre 2020 ha proposto interamente online, a causa della pandemia di Covid-19, oltre 140 eventi, dai concerti ai panel, dai workshop ai djset. Al centro i lavoratori dello spettacolo e la città di Milano, con lo slogan Music works here (la musica lavora qui), ma con uno sguardo sempre più internazionale e rivolto al futuro. Una kermesse che, spiega Luca De Gennaro – curatore artistico della MMW oltre che VP Talent & Music ViacomCBS Networks per Sud Europa e Medio Oriente e docente al Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica di Milano – ha dato una nuova importanza agli eventi in streaming.

La MMW si è completamente riadattata per rispettare le restrizioni anti-Covid. Quali sono state le maggiori difficoltà nel creare un palinsesto completamente online, considerando la quantità di eventi proposti?

De Gennaro: Abbiamo dovuto cambiare tutto in corsa, purtroppo. All’inizio del primo lockdown, in primavera, c’era una parte del gruppo di lavoro in dubbio se farla o meno questa edizione. Poi però è prevalsa in tutti noi la necessità di fare comunque un evento che fosse simbolicamente rilevante, per far capire al pubblico e alle istituzioni che esiste un mondo della musica, ora in grande difficoltà. Era giusto che ci fosse un segnale di presenza, anche nel rispetto di quelli che con la musica ci lavorano e che sono rimasti senza lavoro negli ultimi mesi. Quando poi abbiamo incominciato effettivamente ad organizzarla, all’inizio dell’estate, abbiamo impostato una versione ibrida, con eventi anche con il pubblico per dare un segnale di rinnovata vitalità in qualche modo, sempre nel rispetto delle norme. Con il Dpcm di ottobre abbiamo dovuto dirottare tutto verso un palinsesto in streaming. E allora ho pensato che dovessimo impostare la rassegna come se fosse un canale televisivo: un luogo sul proprio pc su cui uno si collega e dalla mattina alla sera ci sono eventi in diretta. Siamo partiti dal sito ufficiale della Music Week e poi siamo approdati anche su YouTube, con una pagina creata per l’occasione. Abbiamo trovato partner tecnici, per assicurarci una infrastruttura che funzionasse sempre, e così è stato. Per la parte di contenuti, ci siamo trasformati in coordinatori delle proposte dei vari partner, lavorando sempre in gruppo e ascoltando le idee di tutti, anche per quanto riguarda le modalità di streaming dei singoli eventi.

Si può parlare di cross-promotion tra i vari partner, quindi?

De Gennaro: La cross-promotion è sempre al centro della Music Week, anche in tempi normali. La MMW è una piattaforma aperta, un luogo dove si comunica quello che succede in ambito musicale in quel dato momento, raccogliendo le varie proposte di contenuti e mettendole a sistema, in un palinsesto, evitando ad esempio doppioni di eventi o accavallamenti

Questo vale anche per lo streaming?

De Gennaro: Con lo streaming passiamo da una logica orizzontale a una verticale, con un occhio più alle singole giornate. Il meglio della professionalità italiana, e in certi casi anche internazionale, in questa settimana ha messo tutte le sue competenze al servizio della conoscenza del pubblico, anche quelle più specialistiche. Per esempio, ho assistito ad un evento sulla contrattualistica musicale con i migliori avvocati e uffici legali che si occupano di queste tematiche o un evento che proponeva una soluzione tecnologicamente e creativamente molto avanzata per eventi con il pubblico, ma in sicurezza. Argomenti di cui di solito si discute tra professionisti, ma che possono anche incuriosire il pubblico. Questa è stata secondo me la parte che ci ha insegnato qualcosa di come poi poter organizzare anche nel futuro la MMW, auspicabilmente tornando alla normalità. Dobbiamo farne tesoro.

A proposito di futuro, lo streaming potrebbe affiancare gli eventi dal vivo, allargando così il pubblico della rassegna?

De Gennaro: C’è sicuramente questa idea sì, ma ti dico di più: guardando il bicchiere mezzo pieno, il lockdown ci ha insegnato che gli eventi in remoto non sono eventi di serie B. Se qualcuno prima della pandemia ci avesse parlato di concerti in streaming, si sarebbe subito parlato di eventi secondari, da evitare. Ma in questi mesi abbiamo visto diversi esempi in tutto il mondo, e ne avremo altri a breve come ad esempio il concerto dei Gorillaz, che sono stati pensati per una fruizione in remoto. Questa è per me una apertura di prospettive per il mondo della musica live. È come avere per il futuro una piattaforma in più che è anche una potenziale nuova fonte di guadagno, sia per gli artisti e gli organizzatori che per il pubblico. Si può assistere ad un concerto comodamente a casa, pagando una frazione di quello che invece si spenderebbe per il viaggio verso l’evento, ad esempio. Oppure se un evento è sold out, invece che ricorrere agli sciacalli del secondary ticketing, si può sfruttare questa nuova opportunità dell’online. È una vera è propria opportunità per tutti. Dallo streaming non si può più tornare indietro e penso che anche la Music Week si proporrà di integrare anche questo aspetto, magari trasmettendo in diretta 4 persone che parlano nella stessa stanza invece che 4 persone che si collegano da 4 stanze diverse, come è stata questa volta.

Durante la MMW si è parlato molto di formazione, esplorando quegli aspetti di backstage che spesso sono sconosciuti. Quanto è importante questo aspetto per entrare nel mondo della musica?

De Gennaro: È molto importante che la musica formi oggi dei professionisti che parlino il linguaggio attuale. I mestieri della musica stanno cambiando perché sta cambiando la tecnologia e quindi anche il mondo che ci circonda. Ne sono esempi lo streaming stesso, le piattaforme come Spotify, i blog. I giovani devono lavorare con questi strumenti, perché parlano proprio quel linguaggio, il linguaggio del presente. Quindi credo che sia davvero importantissimo che esista una formazione per alimentare proprio il mercato della musica del futuro, che i giovani si prendano la responsabilità della musica del futuro. È anche vero che l’esperienza conta sempre tantissimo per avere le basi per capire come funziona questo mondo, ma è così in tutti gli ambiti in cui qualcuno insegna e qualcuno impara. Io dico sempre ai miei studenti alla fine dei corsi: «Non mi auguro di avere qualcuno di voi che tra qualche anno lavori per me, mi auguro di lavorare io per qualcuno di voi».

A proposito di giovani, questa edizione della MMW li ha visti sempre più protagonisti

De Gennaro: Sì. Parlando per esempio del format MMW Incontra ho voluto fortemente creare anche una versione New Gen, condotta da un mio giovane collega, Filippo Grondona, che si è messo a disposizione con entusiasmo per questa striscia di incontri con artisti della sua generazione, usando i linguaggi che gli appartengono. È stata sicuramente una differenza molto importante rispetto agli anni precedenti, che naturalmente si rifletterà anche nelle prossime edizioni. Sono tantissimi i giovani talenti che sono passati per la MMW, come anche per uno dei nostro main partner Linecheck. Di quei 198 artisti che si sono alternati in questa settimana, quasi tutti sono emergenti. Possiamo parlare di MMW come di un trampolino di lancio per i giovani, come del resto ogni manifestazione legata alla musica che si rispetti.

In questi mesi sono nate varie iniziative a sostegno dei lavoratori della musica e dello spettacolo, che sono state anche integrate nel calendario di MMW. Parlando delle istituzioni, invece, come si sta affrontando la situazione?

De Gennaro: Il sindaco di Milano Beppe Sala, in occasione del concerto della Filarmonica della Scala in Piazza Duomo a settembre, ha parlato di competenza, conoscenza e cultura per la ripartenza della città. Penso che una città che si fonda sulla professionalità delle persone e sulla cultura sia una città illuminata. Ed è lontano anni luce dal quel “con la cultura non si mangia” di qualche anno fa. Con la cultura si mangia eccome. L’Italia è famosa nel mondo per la cultura e la musica, come parte di essa, è un bene primario non certo voluttuario. Le iniziative dei professionisti del settore, come Bauli in Piazza o la Musica che Gira, stanno facendo aprire gli occhi alle istituzioni su quanto sia importante sostenere questo mondo, anche economicamente. Spero che le attività della MMW abbiano contribuito anche in questo senso. Penso anche che dopo tutte le polemiche che ci sono state sulle discoteche sia importante anche cambiare la percezione che in Italia diamo a questi luoghi, adottando l’approccio delle capitali della musica nel mondo come New York, Londra e Berlino: i club sono luoghi di cultura a tutti gli effetti ed è necessario anche proteggere i lavoratori del settore, come i dj, che spesso, come molti altri lavoratori della musica si sentono ancora chiedere “ma tu che lavoro fai?”.

Questo momento potrebbe essere anche molto importante non solo per ridare valore a tutta la filiera ma anche per cambiare una certa mentalità nei confronti dei lavoratori dello spettacolo?

De Gennaro: Basta entrare in uno studio di registrazione per capire l’investimento economico che c’è dietro la musica. E i professionisti del settore sono lavoratori specializzati ed è giusto che vengano riconosciuti come tali.

Per finire, un bilancio personale di questa MMW per il suo curatore artistico?

De Gennaro: C’è una grande soddisfazione per il risultato che abbiamo raggiunto. Volevamo dimostrare che c’era tanta gente interessata alla musica e i numeri l’hanno dimostrato: più di mezzo milione di visualizzazioni, considerando solo la diretta, oltre a tutti coloro che vedranno gli eventi in futuro online. È un risultato che nessuno pensava di ottenere. Il pubblico c’è, è numeroso e ha voglia e bisogno di musica. Poi ho visto tutta la filiera mettersi a disposizione, ognuno con le proprie competenze. Quello che invece mi è mancato è stare in mezzo alla gente, toccare con mano il pubblico e quello scambio continuo di idee fondamentale nel nostro lavoro, magari anche alle 3 di notte in un after show. Non dobbiamo mai dimenticarci che noi lavoriamo per il pubblico, per la gente che ci segue. Dobbiamo assolutamente tornare a fare le cose dal vivo perché vuol dire migliorare, aver conquistato in questa edizione così tante persone da remoto ci fa sperare di ritrovarle anche in futuro, ma dal vivo.