Un po’ fiabesco, un po’ moderno menestrello. E, finora, l’outsider del festival, tra i primi cinque della serata inaugurale. Sembra venire dal passato Lucio Corsi: nella musica, nel look, nell’attitudine. Gli altri sperimentano suoni elettronici e sfornano hit con la cassa dritta da dare in pasto alle radio e alle piattaforme streaming. La discografia, oggi, va in questa direzione. Lui invece siede al piano e un giro di accordi introduce la sua “Volevo essere un duro”, una ballata dal sapore retrò con un messaggio che fotografa gli stereotipi della società. Nel brano c’è il significato importante, c’è l’arrangiamento che cattura. C’è Corsi che fa Corsi. Chi lo conosceva da prima lo sa bene. Per lui, classe 1993 nato a Grosseto e cresciuto a Vetulonia (Toscana), martedì 11 febbraio, è stato il debutto assoluto alla kermesse. Coincidenza ha voluto che fosse tra gli attori della terza stagione di “Vita da Carlo”, nella quale viene selezionato per il Festival da Carlo Verdone, immaginario direttore artistico.
Il rapporto con la tv – Dalla fantasia alla realtà è un attimo e questa volta non è fiction. È tutto vero: “Ho trascorso anni combattendo una battaglia interiore sull’idea di provare a mandare una canzone per Sanremo. Mi faceva paura l’idea, ho fatto gavetta per avere fondamenta solide. E poi sono passato da un Carlo all’altro, era il momento di provarci”, racconta l’artista in conferenza stampa. Sanremo è musica sì, ma anche spettacolo televisivo, intrattenimento. E Corsi, con la luce rossa delle registrazioni, non si sente a proprio agio: “Ieri l’ho vissuta come un salto nel vuoto. Gli occhi delle telecamere mi fanno paura, sono abituato a rapportami con quelli delle persone perché capisco le sensazioni che provano. Durante l’esibizione non ci ho capito niente, odio gli in-ear (auricolari nei quali l’artista ascolta la propria voce durante le performance, ndr). La musica deve essere nell’aria, che è il suo elemento e quello più creativo che esista. Non ci si può isolare nei propri ascolti”.
La serata cover – Durante la serata delle cover, canterà il capolavoro di Domenico Modugno, “Nel blu dipinto di blu”, in duetto con Topo Gigio. Una scelta originale, particolare. “Ho scelto di duettare con Topo Gigio perché la musica per me è fuggire dalla realtà. Cerco di farmi trasportare in altre situazioni e altri tempi. E Topo Gigio è uno degli esempi più belli e duraturi tra i personaggi di fantasia e allo stesso tempo è molto più reale di tante altre persone che conosco”, spiega Corsi.
Ispirazione – Si è trasferito dalla Maremma a Milano per inseguire il suo sogno. Sono cambiati la città, i paesaggi, gli stimoli. Ma è rimasta la musica. E il cantautore toscano ci è cresciuto. Tra gli artisti a cui si ispira, ha una passione particolare per Ivan Graziani: “Me lo ha fatto scoprire mio padre in macchina da bambino. Mi faceva paura, gli chiedevo di togliere il disco quando lo metteva. La voce particolare di Ivan mi terrorizzava e questa sensazione non è più andata via. Ma è la bellezza della musica: non solo rilassa, ma può anche far riflettere, stimolare il pensiero”.