“Fuori Temer, occupiamo Brasilia”. A urlarlo sono stati i centomila manifestanti che giovedì 24 maggio hanno bloccato la capitale politica del Paese per chiedere le dimissioni del presidente Michel Temer, indagato per corruzione. Il corteo ha paralizzato la città. Ma è stata la scelta di affidare l’ordine pubblico all’esercito a scatenare le violenze. Incendiati sette edifici istituzionali e la cattedrale di Niemeyer. Per sedare le rivolte, la polizia ha sparato ad altezza uomo. Il bilancio è di 49 feriti e otto persone arrestate. Il Governo trema ma, per ora, non crolla.
Gli scontri – Una giornata di alta di alta tensione, che torna a gettare la capitale del Brasile nella paura. Lo scontro tra centomila manifestanti e cinquemila poliziotti ha paralizzato la città per l’intera giornata. La notizia dello schieramento dell’esercito per le strade – ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa Raul Jungmann durante una conferenza stampa – ha determinato l’aumento delle violenze. Armati di bastoni e con il volto coperto, un consistente gruppo di manifestanti ha raggiunto la zona del Congresso e delle istituzioni. È entrato nelle sedi del ministero dell’Agricoltura e delle Finanze, devastato gli interni e appiccato incendi. Anche la cattedrale del famoso architetto Oscar Niemeyer è andata a fuoco, ma i danni sono limitati. La polizia è intervenuta e ha trovato una dura resistenza. Gli agenti hanno sparato centinaia di candelotti lacrimogeni, hanno tirato fuori le pistole. Sull’uso delle armi durante le proteste, la magistratura ha avviato sette indagini.
Esercito in strada – Il presidente Michel Temer ha mobilitato le forze armate per difendere la sede della presidenza della Repubblica e dei ministeri. L’esercito – 1.500 soldati e 200 marine – presidieranno in particolare la sede del Tribunale Supremo federale (TSF) e del Parlamento. Una scelta inedita che, ha fatto ripiombare il Brasile nei tempi cupi della dittatura. L’ultima volta che tanti militari sono scesi in strada contro i manifestanti era stata durante la presidenza di João Goulart (1964-1985). Il provvedimento si basa su una legge d’emergenza, la Law and order Assurance (GLO), varata nel 1999, modificata nel 2001 e poi firmata dall’ex presidente Dilma Rousseff nel 2014. Prima era stata applicata solo durante le Olimpiadi Mondiali del 2016. Sebbene il provvedimento sia limitato nel tempo fino al 31 maggio, Temer ha detto che lo userà ogni volta che lo riterrà necessario. La decisione del capo di Stato ha ricevuto critiche dalla maggioranza e dall’opposizione. “Spero che la notizia non sia vera”, ha commentato il giudice della Corte suprema, Marco Aurelio. Anche il sindaco di Brasilia, Rodrigo Maia, ha preso le distanze.
Le accuse – Corruzione passiva, intralcio alla giustizia e associazione a delinquere. Sono le accuse che il Tribunale Supremo Federale, la massima autorità giuridica che valuta l’azione penale nei confronti delle alte autorità istituzionali, muove contro Temer. Incastrato da una registrazione audio in cui si sente chiaramente che acconsente al pagamento di alcune tangenti, il presidente cerca di resistere alle pressanti richieste di dimissioni. Nega qualunque coinvolgimento e rifiuta di lasciare il posto. Il suo partito (PMDB) e quelli che lo sostengono stanno valutando l’ipotesi dell‘impeachment e l’avvio di una elezione diretta. Nel caso di destituzione, la Costituzione prevede la nomina a Capo dello Stato del presidente della Camera. Un film già visto in Brasile e dove il protagonista era stato proprio Michel Temer, arrivato al potere in seguito all’impeachment dell’ex Presidente Dilma Rousseff. Nel frattempo, la squadra di Governo continua a perdere pezzi. Il 24 maggio Sandro Mabel, assessore speciale di Temer, ha dato le dimissioni dopo essere entrato nel mirino della polizia per sospetti di corruzione. Dallo scorso dicembre, è il quarto ministro a lasciare l’incarico.