Soldati sovietici a Budapest, nel 1945 (Fonte: Wikimedia Commons)

Perché Ilaria Salis era a Budapest quell’11 febbraio in cui fu arrestata? Sono uscite le foto dell’attivista condotta in catene in tribunale, è uscita una lettera in cui denuncia le condizioni inumane della detenzione in Ungheria. L’accusa con cui è stata arrestata è quella di aver aggredito due neonazisti a una manifestazione. Si tratta del Giorno dell’Onore, una ricorrenza che ricorda l’assedio di Budapest del 1945, quando le forze naziste combatterono contro i sovietici dell’Armata rossa. Si tiene ogni anno dal 1997, e nonostante diversi tentativi di gruppi antifascisti di boicottarla, è ancora una cerimonia in cui una parte della popolazione ungherese si riconosce.

L’Europa e l’Olocausto – Nel momento in cui si discute dell’allargamento dell’Unione europea a Paesi come l’Ucraina, non è superfluo ricordare i fondamenti della comunità stessa. Lo stato di diritto degli Stati membri, la comunanza dei Paesi nel nome del “never more“: mai più un Olocausto, mai più un conflitto come quello della Seconda guerra mondiale. Il processo di elaborazione dei crimini commessi durante la guerra è stato però diverso da Stato a Stato: per esempio, Masha Gessen ha raccontato su Internazionale come ogni sforzo di rileggere il ruolo dei polacchi nell’Olocausto sia stato osteggiato: «I polacchi che avevano rischiato la vita per salvare gli ebrei dai tedeschi erano molto pochi mentre, al contrario, le comunità o le istituzioni dello stato prima dell’occupazione tedesca che avevano trucidato in massa gli ebrei erano molte». Gli storici che hanno condotto studi in tal senso sono stati portati in tribunale, e la stessa Gessen ha ricevuto minacce di morte per gli articoli che ha scritto.

L’Ungheria – Da parte sua, il governo ungherese di Miklós Horthy, salito al potere nel 1919 dopo aver rovesciato il governo comunista di Béla Kun, per quanto vicino ai tedeschi e agli italiani, aveva inizialmente provato a proteggere gli ebrei ungheresi: erano quasi un milione, a fronte di 14 milioni di abitanti. Nel 1944 i tedeschi occuparono ufficialmente l’Ungheria, e iniziarono le deportazioni: in quell’estate 434mila ebrei vennero caricati su 147 treni, la maggior parte con destinazione Auschwitz. È questo il contesto in cui Horthy, che stava cercando un armistizio con gli inglesi, venne arrestato e sostituito da Miklós Kállay, una figura contyrollata dai tedeschi. Sono proprio le truppe tedesco-ungheresi che forzarono la deportazione degli ebrei quelle che vengono ricordate ogni 11 febbraio, ammirate come l’unico baluardo contro l’avanzata sovietica.

L’Ucraina – Sull’altro versante, il Paese che sta cercando di entrare nell’Unione europea, osteggiato dalla stessa Ungheria, deve risolvere al suo interno un conflitto non troppo dissimile. A luglio 2022 l’ambasciatore ucraino in Germania ha rilasciato un’intervista in cui affermava che «Stepan Bandera non era antisemita e non è stato un assassino di massa di ebrei e polacchi». Bandera è una figura scomoda nella memoria ucraina. Membro dell’Oun, Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, era nato in una terra contesa tra polacchi e russi, che si spartivano i resti dell’impero austro-ungarico. Si racconta che fin da bambino si addestrasse a resistere alla tortura da parte delle autorità polacche. Nell’Oun fece velocemente carriera: collaborò con i nazisti ed è ritenuto responsabile morale del massacro di migliaia di ebrei. Nel 2010 era stato insignito del titolo di Eroe dell’Ucraina: nel 2019 un tentativo di premiarlo di nuovo era stato respinto, ma nel 2022 il suo nome ha riempito di nuovo le strade dell’Ucraina. Non solo gli sono state intitolate delle vie nelle zone in cui l’esercito ucraino ha respinto le forze russe, ma lo stesso Parlamento ha citato una sua frase: «La vittoria completa arriverà quando l’impero russo cesserà di esistere». Frase che è stata ripresa dal quotidiano israeliano Haaretz: il ricordo di Bandera è un’offesa per lo Stato ebraico, a cui il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha mostrato supporto fin dall’inizio del conflitto in Medio Oriente nell’ottobre del 2023.