
Marine Le Pen e Jordan Bardella (Fonte: Julien De Rosa/AFP)
Un’Europa sempre più nera, ma non senza sfumature. L’estrema destra governa attualmente in sette dei 27 Stati membri dell’Ue, a cui presto potrebbe aggiungersi la Francia. Le elezioni legislative del prossimo 7 luglio potrebbero infatti incoronare il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella, convertendo quest’ultimo nel prossimo primo ministro della République. In base alle ultime proiezioni, però, Rn non raggiungerebbe da solo la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale, costringendo Bardella a cercare sostegno tra gli esponenti della destra più moderata. Anche negli altri Paesi europei i partiti ultraconservatori sono riusciti a raggiungere posizioni di comando solo attraverso il dialogo con i centristi, decisivi per far saltare il cordone sanitario intorno agli estremi.
A un passo dal governo – Alla vigilia del secondo turno delle legislative, il delfino di Marine Le Pen resta il favorito per ricoprire l’incarico di primo ministro. Nonostante gli accordi di desistenza tra la coalizione di sinistra e i centristi di Emmanuel Macron, le proiezioni attribuiscono al Rassemblement national la maggioranza relativa nella prossima Assemblea nazionale. Per raggiungere il 50 per cento più uno dei deputati, però, Bardella non potrebbe fare a meno di allargare la sua maggioranza ai repubblicani finora restii a un accordo con l’estrema destra e ad altri esponenti centristi. In quel caso Bardella, 28 anni, non solo strapperebbe all’attuale premier Gabriel Attal il record di più giovane primo ministro della storia repubblicana, ma diventerebbe anche il primo esponente di estrema destra a occupare questo ruolo.
La destra sfumata – In Europa la strategia del dialogo ha già portato al vertice diversi partiti di estrema destra, troppo piccoli per governare in autonomia ma decisivi in coalizione con i moderati. A fare da apripista è stata l’Italia, dove nel 2022 Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio non solo grazie ai voti di Fratelli d’Italia e Lega, ma anche del centrodestra liberale di Forza Italia. Nel nord Europa, i Democratici Svedesi (populisti e nazionalisti) si sono rivelati imprescindibili per la formazione di un governo conservatore: pur non entrando nell’esecutivo, il loro appoggio esterno ha condizionato la stesura del programma politico del premier moderato Ulf Kristersson. In Finlandia, invece, i Veri Finlandesi di Riikka Purra hanno optato per l’ingresso formale nell’esecutivo di centrodestra, ottenendo tra gli altri il Ministero dell’Interno utile per promuovere le politiche anti-immigrazione care al partito. Più di recente, accordi tra la destra liberale e quella estrema sono stati raggiunti in Croazia e nei Paesi Bassi: nel primo caso il premier uscente Andrej Plenkovic si è assicurato un nuovo mandato grazie al sostegno del Movimento Patriottico, nel secondo l’ex capo dei servizi segreti Dick Schoof si è insediato alla guida di un esecutivo trainato dal Partito per la libertà di Geert Wilders. Diversa è la situazione di altri due Paesi dell’Europa centrale. In Ungheria il primo ministro Viktor Orbán governa con il sostegno del Partito Popolare Cristiano Democratico, considerato a tutti gli effetti un partito satellite di Fidesz, mentre in Slovacchia Robert Fico ha inaugurato un nuovo formato di coalizione, unendo il suo partito di sinistra illiberale con l’estrema destra del Partito nazionale slovacco.