«Sappiamo che c’è stata un’insurrezione che ha violato la santità del Congresso del popolo. E sappiamo che il presidente degli Stati Uniti ha istigato questa insurrezione, ha armato la ribellione contro il nostro stesso Paese. La Camera ha dimostrato che nessuno è al di sopra della legge, neppure il presidente». Con queste parole la speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi, lo scorso 13 gennaio annunciava l’approvazione da parte dei deputati del secondo processo di impeachment contro l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Lo ha fatto, forse per spavalderia, forse per scaramanzia, sfoggiando la stessa mise del primo impeachment ai danni di Trump, quello approvato alla Camera il 18 dicembre 2019, ma, come allora, l’esito del procedimento sembra tutt’altro che certo. Il nodo sarà sciolto in Senato, dove l’inizio del processo d’impeachment bis è fissato per martedì 9 febbraio: a oggi non si contano ancora infatti i 17 voti repubblicani necessari per l’approvazione.

Il nodo del Senato – Dopo l’approvazione alla Camera, l’iter processuale è andato avanti senza particolari intoppi per l’accusa: il 26 gennaio 2021 i cento senatori del Congresso hanno giurato come giudici imparziali del processo di impeachment. In quella stessa occasione hanno respinto la mozione presentata dal repubblicano Rand Paul sull’incostituzionalità del processo in quanto postumo, ovvero contro un presidente già dimessosi e successivo all’ insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden. Tuttavia, oltre ai 50 senatori democratici, tra i repubblicani solo cinque senatori si sono espressi in modo contrario, un numero che ora fa apparire la condanna a Trump tutt’altro che certa.

Mancano i senatori – Per condannare Trump è infatti necessario che a votare a favore siano almeno i due terzi del Senato, un numero che oggi di fatto non c’è. Ai 50 seggi democratici dovrebbero unirsi almeno 17 senatori repubblicani, così da raggiungere i 67 voti necessari. Ma a oggi sono solo cinque i voti certi da parte del Grand Old Party, rendendo di fatti la maggioranza necessaria monca di 12 voti. Potrebbe dunque ripetersi quanto accaduto il 5 febbraio 2020, con Trump assolto per entrambi gli articoli di impeachment di cui era stato accusato (abuso di potere e ostruzione al Congresso) per mancato raggiungimento della maggioranza dei due terzi. Trump, dal canto suo, sembra confidare in questo scenario. Lo ha dimostrato la decisione, comunicata lo scorso 4 febbraio dai suoi legali, di rifiutare la richiesta avanzatagli dall’accusa di testimoniare sui fatti del 6 gennaio. La risposta dell’adviser di Trump, Jason Miller, non ha fatto trasparire alcun segno di incertezza: «Non si presenterà a un processo incostituzionale».

L’approvazione alla Camera – Il primo step nel processo di impeachment avviato contro Donald Trump per “incitamento all’insurrezione”, in seguito all’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, ha visto i democratici trionfare senza troppi problemi di numeri: il 13 gennaio 2021 la Camera lo ha approvato con 232 voti a favore e 197 contrari, facendo di Trump il primo presidente della storia degli Usa a essere finito sotto accusa due volte. Tra i favorevoli, anche dieci deputati repubblicani, compresa la numero tre del partito, Liz Cheney, che ha rivendicato “un voto di coscienza”: un fatto nuovo rispetto al 2019, quando i repubblicani fecero muro a difesa del loro capofila.