Adesso è ufficiale: dopo 12 anni consecutivi (e 15 totali) Benjamin “Bibi” Netanyahu non è più il primo ministro di Israele. Il 13 giugno la Knesset, il parlamento israeliano, ha votato la fiducia al nuovo governo di Naftali Bennett che mette fine a un periodo di instabilità politica in cui si era andati a votare per quattro volte in due anni. Bennet guiderà la coalizione di maggioranza, sostenuta da 8 partiti, per i primi due anni, dopodiché lascerà spazio a Yair Lapid per gli ultimi due anni di mandato. A patto che la coalizione regga e non si torni nuovamente a votare. «Proprio per scongiurare questa ipotesi l’accordo di governo ha evitato questioni scomode – ci dice Davide Frattini del Corriere della Sera – C’è l’idea di non affrontare grandi questioni ideologiche e quindi di concentrarsi su questioni interne come la pandemia, l’economia, il lavoro».

Possibile instabilità – Le premesse per una legislatura in salita ci sono tutte. Da una parte i numeri risicati – il governo ha ricevuto la fiducia di 60 parlamentari su 120, mentre 59 hanno votato contro e uno si è astenuto. Dall’altra una coalizione nata in funzione anti-Netanyahu che racchiude al suo interno formazioni che vanno dalla destra radicale fino alla sinistra laica. Presente – e determinante – perfino un partito di arabo-israeliani, la formazione conservatrice Lista Araba Unita, per la prima volta dopo decenni all’interno di un governo. L’unica astensione durante il voto è stata proprio di uno dei quattro parlamentari espressi da questa forza, Said al-Harumi. La presenza al governo della lista araba ha suscitato le proteste dell’estrema destra e dei partiti ultraortodossi che, durante il discorso del neo primo ministro, hanno più volte urlato «Vergogna!» mentre parlava di un «nuovo capitolo» nelle relazioni tra Israele e i suoi cittadini arabi e della «fine del caos». A causa delle proteste, il vice primo ministro è stato costretto ad annullare il suo intervento. Secondo Frattini, comunque, «anche se il cessate il fuoco con Hamas è avvenuto senza una vera resa o un accordo, dovrebbe reggere. Gli analisti pensano che sia improbabile una nuova escalation: Hamas vuole ricevere i soldi dal Qatar».

La fine di Netanyahu? – Ha parlato invece Bibi, attaccando duramente il nuovo governo, definito pericoloso per Israele. Netanyahu non ha mancato nemmeno di evocare una truffa elettorale ai suoi danni e ha concluso promettendo che tornerà presto al potere. Dopo il voto lui e Bennett si sono comunque stretti la mano. «Ieri (13 giugno ndr.) Netanyahu è apparso combattivo, probabilmente cercherà di portare dalla sua parte alcuni parlamentari. Vista la maggioranza risicata anche poche persone potrebbero essere determinanti». Secondo Frattini, poi, ci sono altre due grane che Bibi dovrà affrontare: «Innanzitutto il processo per corruzione, frode e abuso di potere. Dopodiché la questione interna al Likud. Al momento ha ancora il partito in mano, ma in molti gli imputano la responsabilità per non essere andati al governo. Secondo i suoi detrattori, se lui si fosse fatto da parte il Likud avrebbe potuto trovare una maggioranza. Il suo rivale, l’ex sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, cerca di ottenere la leadership. Di fatto Netanyahu sta combattendo su due fronti: come capo dell’opposizione e per mantenere il potere nel suo partito»

La coalizione – La coalizione «del cambiamento», così era stata definita da Bennett, riunisce sotto un’unica bandiera la destra nazionalista composta da Yamina, il partito dei coloni di Bennet, e da Nuova Speranza di Gideon Sa’ar (ex membro del partito di Netanyahu); il centro rappresentato da Yair Lapid e Benny Gantz (Blu Bianco); la sinistra dei laburisti e del partito socialdemocratico Meretz.

La composizione del governo – Il nuovo governo sarà composto da 27 ministri, 18 uomini e 9 donne. Ministeri di peso sono stati assegnati alla sinistra: Merav Michaeli, dei Laburisti, sarà alla guida del dicastero dei Trasporti, mentre Nitzan Horowitz di Meretz guiderà la Sanità. Al leader di Nuova Speranza, Gideon Sa’ar, spetteranno prima la Giustizia e poi gli Esteri. Faranno parte del governo anche altre due note figure della destra israeliana come Avigdor Lieberman, ministro delle Finanze, e Ayelet Shaked di Yamina, inizialmente ministra dell’Interno e poi della Giustizia.