Mansour Abbas, leader di Ra’am.

Si chiama Ra’am il partito che in Israele potrebbe mettere fine ai 12 anni di governo del premier Benjamin (Bibi) Netanyahu. E impedire nuove elezioni dopo le quattro tornate degli ultimi due anni. Le più recenti a marzo dove la Lista Araba Unita, l’altro nome con cui è conosciuta la formazione politica arabo-israeliana guidata da Mansour Abbas, ha ottenuto il 3,79%. 4 seggi sui 120 di cui è composta la Knesset, il parlamento israeliano, superando la soglia di sbarramento che nel 2015 era stata alzata al 3.25%. In quell’occasione Ra’am aveva dato vita alla Lista Comune insieme con altri tre partiti arabo-israeliani, Hadash, Balad e Ta’al. Due mesi fa però la Lista Araba Unita si è presentata da sola e i suoi quattro seggi potrebbero essere determinanti quando tra 10 giorni si voterà la fiducia al nuovo governo di coalizione in base all’accordo tra la destra e il centro annunciato il 2 giugno. Secondo gli osservatori, i 4 seggi di Ra’am, primo partito di matrice islamica in parlamento, potrebbero essere decisivi per mandare l’ex premier a casa.

La nascita di Ra’am Fondata nel 1996, la Lista Araba Unita è risultato della scissione interna al Movimento Islamico incentrata sulla possibilità di partecipare o meno alle elezioni della Knesset. Il movimento si divise allora in Movimento Islamico Settentrionale e Movimento Islamico Meridionale. Il primo, sotto la guida del leader religioso palestinese Raed Salah, si è progressivamente radicalizzato ed è stato dichiarato fuorilegge nel 2015. Il Movimento Meridionale invece, tra il 1996 e il 2013, ha partecipato alle elezioni in una lista congiunta con il Partito Democratico Arabo, conosciuto anche come Mada, a cui si è aggiunto, dal 2006, Ta’al, altra formazione arabo-israeliana guidata dal politico Ahmad Tibi.

Le posizioni del partito – Pur rappresentando la parte moderata del Movimento al momento della scissione, Ra’am resta un partito di ispirazione islamica. La Lista Araba Unita si pone su posizioni antisioniste e appoggia la “soluzione dei due stati”, l’ipotesi della creazione di due Stati separati nella parte occidentale della Palestina storica, uno ebraico e l’altro arabo. Soluzione condivisa anche dalle Nazioni Unite e da gran parte della popolazione arabo-israeliana. Tuttavia, dal 2010 all’interno di Ra’am si lavora per migliorare la cooperazione con la popolazione ebraica e per includere maggiormente le donne all’interno del partito.

L’“addio” alla Lista Comune Alle elezioni del 2015, del 2019 e del 2020 Ra’am si è presentato con altri tre partiti, Hadash, Balad e Ta’al, riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 3.25% imposta per entrare in Parlamento e conquistando 13 seggi nel 2015 e 15 nel 2019. Tuttavia, le diverse visioni politiche interne alla Lista Comune hanno portato Ra’am e Ta’al ad allontanarsi dalla coalizione. L’“addio” di Ra’am è stato dettato principalmente da due ragioni. Prima di tutto l’avvicinamento al primo ministro Netanyahu, nonostante l’ostilità che “Bibi”, il soprannome con cui l’ex premier è conosciuto, non ha mai nascosto nei confronti dei partiti filoarabi. Seconda “mela della discordia” è stato il disegno di legge approvato dalla Knesset nel luglio 2020 che proibisce in Israele le “terapie di conversione” per i membri della comunità LGBTQ+. Hadash ha infatti votato a favore del ddl mentre il leader di Ra’am Mansour Abbas ha accusato apertamente Aymah Odeh, l’uomo alla guida di Hadash, di aver tradito le aspettative di una comunità i cui i membri sono per la maggior parte legati a valori musulmani tradizionali.