Il primo ministro Boris Johnson ha scelto: il successore di David Frost a capo negoziatore britannico per la Brexit sarà la ministra degli Esteri Elizabeth Truss. La 46enne è la sesta persona chiamata a svolgere questo ruolo dal referendum del 2016. Avrà come principale dossier il protocollo sull’Irlanda del Nord, che è oggi la più importante materia del contendere del burrascoso divorzio tra Londra e Bruxelles.

BoJo in difficoltà – Le dimissioni di Frost sono arrivate per «divergenze di visione sulla direzione presa dal governo». In particolare, l’ex capo negoziatore non condivide l’inasprimento delle misure di contenimento della pandemia e l’aumento delle tasse per finanziare una transizione ecologica che Johnson sembra avere sposato in pieno. Nella sua lettera di dimissioni al primo ministro, Frost indica invece la sua visione di Regno Unito post-Brexit: «un’economia di mercato poco regolata, con poche tasse e che sia all’avanguardia nella scienza e nella ricerca».
Le sue dimissioni sono state un duro colpo per Johnson, che ha vissuto quella che è stata probabilmente la sua settimana più difficile da quando è a Downing Street. La diffusione della variante Omicron ha portato il governo, che aveva abolito ogni forma di restrizione nello scorso luglio, a reintrodurre l‘obbligo di mascherine al chiuso e a incoraggiare il telelavoro, mentre si parla con della possibilità di un nuovo lockdown dopo Natale. Quasi cento deputati conservatori hanno votato contro queste misure, che sono passate grazie al sostegno dell’opposizione laburista. Il tutto è avvenuto mentre i Tories sono nell’occhio del ciclone dopo la rivelazione che durante il confinamento dello scorso anno sono state organizzate feste negli uffici del governo. Per la prima volta da mesi i laburisti li hanno superati nei sondaggi e il partito di Johnson ha clamorosamente perso l’elezione supplettiva in North Shropshire, un collegio che votava conservatore sin dalla sua creazione nel 1832.

Global Britain – Rispetto ai suoi cinque predecessori, Truss è la prima capo negoziatrice ad aver votato Remain al referendum del 2016. Dopo la consultazione, ha però affermato di aver cambiato idea e da allora è una delle più strenue sostenitrici di “Global Britain“, l’idea per cui il futuro del Regno Unito post-Brexit sia nell’aprirsi al commercio mondiale libero dai vincoli dell’Unione Europea. Prima di diventare ministra degli Esteri nello scorso settembre, Truss aveva guidato il cruciale dicastero per il Commercio Internazionale, che ha firmato ben 63 accordi di libero scambio, dopo che hanno cessato di aver valore quelli europei. Emblema del progetto di Global Britain è la richiesta del Regno Unito di aderire al Trattato di Libero Scambio Trans-Pacifico (CPTTP), di cui fanno parte 11 Paesi che affacciano sull’Oceano più grande del globo, tra cui Canada, Giappone e Australia. I critici sostengono che tutti i 63 Paesi con cui sono stati firmati accordi ne hanno di simili con l’UE e che nel commercio internazionale la prossimità conta, dunque difficilmente il Regno trarrà beneficio dall’eventuale adesione al CPTTP.

Il nodo dell’Ulster – Truss è tra i politici conservatori più apprezzati, tanto che circola già il suo nome tra i possibili successori di Boris Johnson. Nelle cancellerie europee la sua nomina è stata accolta con un approccio wait and see, ma è probabile che dalle parti di Bruxelles non saranno in molti a rimpiangere Frost. L’ex capo negoziatore era infatti un oltranzista sul protocollo dell’Irlanda del Nord, che è oggi al centro delle trattative tra Londra e Bruxelles. Nell’accordo per l’uscita dall’Unione infatti, il Regno Unito ha concesso che l’Ulster restasse nella zona doganale europea. Questo è stato fatto per non andare a toccare l’accordo del “Venerdì Santo” del 1998, che ha portato alla pace in Irlanda dopo trent’anni di conflitto. Ciò significa però che per passare dalla Gran Bretagna all’Ulster e viceversa le merci sono soggette a lunghi controlli. Londra intende revisionare l’accordo e chiede che i beni che rimangono in Ulster e non entrano in Irlanda non siano soggetti ai controlli, Bruxelles per ora dà il suo benestare quasi solamente per i medicinali. Le trattative si protrarranno fino al 2022, ma è possibile che Truss adotti un atteggiamento più pragmatico rispetto al suo predecessore.

Un primo bilancio per Brexit – A più di cinque anni dal referendum che sancì la volontà dei britannici di lasciare l’Unione Europea, è ancora difficile tracciare un bilancio di Brexit. La linea moderata dell’ex premier Theresa May, che avrebbe preferito un’uscita più soft rimanendo nell’area doganale comunitaria, è stata bocciata dal Partito Conservatore e dagli elettori, che hanno dato fiducia al più radicale Boris Johnson. L’attuale primo ministro ha portato a compimento il divorzio da Bruxelles nel gennaio 2020 e ha concluso nel dicembre dello stesso anno un accordo commerciale con l’UE, scongiurando il temuto no deal. Il crollo dell’economia di Londra che in molti paventavano non è avvenuto e l’uscita dall’UE ha consentito al Regno Unito di essere il primo Paese al mondo a iniziare una campagna vaccinale di grande successo.
La questione nordirlandese è però solo uno degli effetti collaterali di Brexit, tra i quali spicca la ripresa del nazionalismo scozzese, che pareva sopito dopo la sconfitta al referendum sull’indipendenza del 2014. Edimburgo ha nuovamente un governo indipendentista che, forte dell’ampia maggioranza europeista espressa nel 2016, torna a mettere in discussione l’integrità del regno. Il nuovo severo sistema a punti per emigrare in UK ha poi portato a frequenti carenze di manodopera non specializzata, che è composta principalmente da cittadini dell’Europa meridionale e orientale. Le università britanniche, storicamente le migliori d’Europa, accolgono oggi meno talenti rispetto a cinque anni fa, a causa dell’enorme aumento delle rette per gli studenti provenienti dall’UE. Global Britain è un progetto ambizioso, ma le incognite sulla sua fattibilità restano molte. Brexit è un evento talmente epocale che le sue effettive conseguenze saranno chiare solo nei prossimi decenni: la verità è che siamo solo all’inizio.