Pedro Sánchez durante il congresso del Partito socialista europeo a Roma (Fonte: Ansa/Fabio Frustaci)

Non è un periodo facile per Pedro Sánchez. Dopo le complesse trattative che hanno portato alla formazione del suo terzo esecutivo, i primi cento giorni al governo del premier socialista sono stati caratterizzati da attacchi su più fronti. Fin dall’inizio la legislatura è stata segnata dalle trattative con i nazionalisti catalani, che in cambio del sostegno all’esecutivo hanno preteso l’approvazione di una legge di amnistia per tutti i militanti coinvolti nel tentativo di secessione della Catalogna del 2017. L’accordo sul testo è stato raggiunto il 6 marzo, ma è costato molte critiche al presidente del governo spagnolo, accusato dai dirigenti del suo stesso partito di aver concesso troppo agli indipendentisti. Nelle ultime settimane a questi attacchi si sono aggiunte le polemiche sul cosiddetto “caso Koldo”, il primo scandalo di corruzione dell’era Sánchez in cui è coinvolto un fedelissimo del presidente, l’ex ministro José Luis Ábalos.

Amnistia – Per raggiungere la maggioranza necessaria a formare un governo, Sánchez ha dovuto scendere a patti con tutti i partiti regionalisti e indipendentisti rappresentati in Parlamento. I negoziati si sono rivelati particolarmente complessi con Junts per Catalunya, il partito catalanista di Carles Puidgemont (tuttora rifugiato in Belgio per evitare il processo in Spagna) che ha preteso una legge di amnistia dall’ampia portata per evitare il processo a tutti i suoi esponenti. L’intesa raggiunta prevede che l’amnistia riguardi tutti i reati commessi dal 2011 al 2023 nell’ambito del movimento indipendentista, a eccezione della tortura, del tradimento e della corruzione finalizzata all’arricchimento personale. «Sánchez ha pagato un caro prezzo per questa legge», spiega Andrea Donofrio, professore di Storia del pensiero politico contemporaneo all’Università Complutense di Madrid. «L’accusa principale, che proviene dagli stessi dirigenti del Partito socialista, è che abbia rotto il principio di uguaglianza: una parte degli spagnoli, in questo caso i catalani, “è più uguale degli altri”». Per difendersi, Sánchez insiste sul lato positivo dell’amnistia: «Il governo sostiene che questa misura riporterà la pace sociale tra la Catalogna e lo Stato centrale, chiudendo il capitolo dello scontro istituzionale pur restando nel quadro europeo della legalità», prosegue Donofrio.

Corruzione – Il “caso Koldo” è un altro fianco scoperto del governo di Sánchez. Lo scandalo, che riguarda appalti milionari di mascherine fuori norma assegnati nel periodo della pandemia, ha già portato il Psoe a sfiduciare l’ex ministro dei Trasporti Ábalos, finora molto vicino al presidente. «Il partito nega che fosse a conoscenza delle irregolarità, ma gli avversari politici stanno approfittando del caso per attaccare il governo. Da parte sua Sánchez non si sta opponendo alle indagini, ma chiede che si faccia chiarezza su tutte le forniture di materiale sanitario appaltate d’urgenza durante la pandemia. Questo metterebbe a rischio anche alcuni esponenti del Partito popolare, a partire dalla governatrice di Madrid Isabel Ayuso, già al centro di uno scandalo simile nei mesi scorsi», spiega Donofrio. Gli attacchi al governo non provengono solo dagli avversari politici, ma anche dalla stampa di centrodestra, che sta cercando di mantenere alta l’attenzione sul caso: «I media conservatori stanno scandagliando l’ipotesi che altri esponenti del Psoe siano coinvolti, per dimostrare che la corruzione a sinistra è sistemica. Sul fronte opposto, la stampa di centrosinistra cerca di sviare l’attenzione dal caso e negli ultimi giorni sta dando ampio spazio a nuove rivelazioni sugli attacchi terroristici dell’11 marzo 2004, di cui ricorrono i 20 anni. Ai diversi errori già accertati commessi dal governo di centrodestra allora in carica si stanno aggiungendo nuove testimonianze che potrebbero avere ripercussioni sul Partito popolare», sostiene il professore.

La carta vincente – Attaccato su più fronti, Sánchez appare oggi più debole rispetto al passato. Tuttavia, secondo Donofrio, la sua permanenza al governo è ancora possibile grazie ai risultati positivi sul piano macroeconomico: «Lo scenario socioeconomico è positivo nel suo complesso, con un’occupazione in crescita e un’inflazione sotto controllo, soprattutto se paragonate ai dati degli altri Paesi europei. Finché gli spagnoli continueranno a beneficiare di questa gestione positiva, la portata degli scandali o del dibattito sull’amnistia resterà limitata», conclude Donofrio. Lo stesso Sánchez aveva chiarito le sue intenzioni all’inizio della legislatura, quando cercava l’appoggio di tutte le forze parlamentari alternative alla destra: l’obiettivo resta avere «ancora quattro anni di governo progressista».