L’Ucraina resiste, a fatica, alla feroce avanzata russa. Nemmeno i corridoi umanitari fermano bombe e missili che da giorni cadono indistintamente su militari e civili. Sono sempre di più le città assediate, i civili intrappolati senza acqua e corrente nelle loro stesse case. E mentre una soluzione diplomatica rimane un miraggio lontano e forse irraggiungibile, il presidente Volodymyr Zelensky, i cui appelli alla Nato per l’istituzione di una no-fly zone sui cieli ucraini rimangono inascoltati, chiede almeno di mandare nuove armi e soprattutto aerei da caccia, a meno che, ha aggiunto, «anche voi vogliate che ci uccidano lentamente». Sono già tanti gli aiuti militari pronti a confluire nel Paese ma evidentemente non sono sufficienti, né abbastanza veloci.
Gli aiuti militari – Sono almeno 20 i Paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, che hanno deciso autonomamente di inviare materiali di armamento alle Forze armate ucraine (solo Ungheria, Irlanda, Austria, Spagna, Bulgaria, Malta e Cipro rimangono fuori). A questi si aggiungono gli americani, il Regno Unito, la Norvegia, il Canada e l’Australia, ma anche, per la prima volta nella storia, i contributi della comunità europea in quanto tale. L’Unione Europea, infatti, ha stanziato 450 milioni di euro per l’acquisto e la fornitura di armi all’Ucraina, aggirando, grazie al Peace Stability Fund, i trattati che impediscono la messa a bilancio di spese con «implicazione nel settore militare o della difesa». Dagli Stati Uniti arrivano invece altri 350 milioni di dollari per il supporto immediato alla difesa ucraina, portando il totale degli investimenti americani a oltre un miliardo nell’ultimo anno.
Quali armi? – La gran parte dei Paesi sta inviando missili facili da usare e trasportare come gli Stinger (aerei terra-aria individuali) e missili anticarro che, secondo fonti indipendenti, sarebbero almeno 15mila. Confluiscono in Ucraina anche migliaia di fucili d’assalto, granate, munizioni, elmetti, giubbotti antiproiettile, sistemi di comunicazione. La Danimarca fornirà 2.700 razzi anticarro, altri 2mila arriveranno dalla Norvegia, che invierà anche caschi e armature, e 400 a testa da Polonia, Lettonia e Olanda, pronta a inviare anche 200 missili Stinger. Un sostanzioso contributo arriva anche dalla storicamente neutrale Finlandia, che fornirà 1.500 lanciarazzi, 2.500 mitragliatrici d’assalto, 150mila proiettili e 70mila razioni di cibo da campo. Il Belgio ha annunciato l’invio di tremila mitragliatrici e 200 armi anticarro, oltre a 3.800 tonnellate di carburante. La Francia, su richiesta di Kiev, ha inviato equipaggiamenti e carburante, contraerea e armi digitali. Il Portogallo fornirà visori notturni, giubbotti antiproiettile, caschi, granate, munizioni e mitragliatrici. La Germania, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, invierà 1000 razzi anticarro e 500 missili Stinger. L’Italia, secondo quanto trapelato da fonti parlamentari, dovrebbe consegnare all’Ucraina materiali ed equipaggiamenti per un valore stimato tra i 100 e i 150 milioni di euro: si tratterebbe di missili terra-aria e anticarro, mitragliatrici leggere e pesanti, mortai e munizioni. Ma l’elenco delle armi italiane e il loro numero esatto sono stati secretati.
Niente aerei – Ancora una volta, quindi, non si parla in alcun modo di un sostegno aereo alla difesa ucraina, anche perché le minacce di Putin al riguardo sono abbastanza chiare, allargando il concetto di no-fly zone alla semplice ospitalità fornita ad aerei militari ucraini. «Sappiamo che ci sono alcuni aerei da combattimento in Romania e in altri Paesi confinanti. Vogliamo sottolineare che l’uso futuro di questi aerei contro le forze armate russe potrebbe essere considerato come un coinvolgimento di questi Paesi nel conflitto armato», ha dichiarato il ministro della Difesa russo. La Polonia, non a caso, fa sapere che non manderà i suoi jet in Ucraina e non consentirà di usare i suoi aeroporti. Tale ipotesi, rapidamente smentita dal primo ministro polacco Mateusz Morawiechi, si era concretizzata nella giornata di domenica 6 marzo nel quadro di un accordo segreto con gli Stati Uniti. Varsavia avrebbe dovuto inviare a Kiev, in cambio di F-16 americani, vecchi jet di fabbricazione sovietica grazie al via libera del Congresso Usa collegato su Zoom con Zelensky. Ma proprio la mancata segretezza dell’incontro, sbandierato sui social da due senatori repubblicani, avrebbe di fatto sabotato tutto.