«Dopo vent’anni, la Nato ha scelto di lasciare l’Afghanistan. I ministeri degli Esteri, della Difesa e lo Stato Maggiore della Difesa – Italian Armed Forces, congiuntamente a Palazzo Chigi, elaboreranno dunque una road map che consentirà il ritiro delle truppe italiane». Il rapporto Usa-Italia rimane saldo, tanto più ora che l’America ha deciso ritirare le truppe dal territorio occupato per vent’anni. La dichiarazione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, rilasciata su Facebook, arriva dopo l’annuncio del presidente americano Joe Biden, che mette la parola fine a un capitolo iniziato il 7 ottobre 2001, durante l’amministrazione Bush. Entro, e non oltre, l’11 settembre, l’Afghanistan assisterà alla partenza definitiva del contingente americano. A due decenni di distanza dagli attacchi di Al-Qaeda alle Torri gemelle, le 2500 unità faranno ritorno nella madre patria, imitate dagli 800 soldati italiani ancora di stanza a Herat e Kabul. Obama ha accolto con piacere la notizia. Intanto, in Afghanistan, cresce la paura per le possibili rappresaglie ai danni della popolazione da parte dei fondamentalisti islamici che cantano vittoria.

«L’America ha perso» – La notizia che le truppe americane rimarranno anche dopo il Primo maggio non è stata accolta bene dai talebani. Ha scatenato una forte reazione da parte della leadership politica islamista, estromessa nel 2001 dall’intervento guidato dagli Stati Uniti. Tuttavia c’è chi riconosce il significato di questa svolta epocale. Per Haji Hekmat, il sindaco ombra dei talebani nel distretto di Balkh, i fondamentalisti islamici hanno ottenuto la vittoria, prevalendo sul nemico straniero a stelle e strisce. D’altra parte, nell’ultimo anno la guerra santa dei talebani ha rivelato aspetti controversi: i guerriglieri della jihad hanno fermato gli attacchi alle forze internazionali dopo la firma di un accordo con gli Stati Uniti, ma hanno continuato a combattere contro il governo afghano. Ma per Hekmat, intervistato da Secunder Kermani and Mahfouz Zubaide, giornalisti della BBC, non ci sono motivi per dubitare della coerenza talebana: «Vogliamo un governo islamico governato dalla sharia [legge sacra dell’islamismo]. Continueremo il nostro jihad fino a quando non accetteranno le nostre richieste», ha spiegato. Il sindaco non frena l’entusiasmo e la voglia di affrontare con determinazione i possibili scenari futuri: «Siamo pronti a tutto», afferma, «siamo totalmente preparati per la pace, e siamo pienamente preparati per la jihad».  «La Jihad è un atto di culto. L’adorazione è qualcosa che, per quanto tu faccia, non ti stanchi», gli fa eco un comandante militare, fedele sostenitore della guerra santa.

«Ci aspettano terribili giorni» – Le donne afghane hanno paura. Il clamore suscitato dal discorso di Joe Biden non le sfiora. Sono, anzi, ben lontane dall’esultare, convinte che all’assenza delle truppe statunitensi seguirà la violenza dei vincitori talebani. «Gli americani se ne stanno andando», ha detto Basireh Heydari, una studentessa dell’Università di Herat intervistata dal The Guardian. «Ci aspettano giorni terribili», racconta. «Ho paura che non mi lascino neppure uscire di casa», conclude la ragazza, che aspettava fuori dal college gli amici impegnati a sostenere gli esami. Gli afghani temono un intensificarsi dei combattimenti tra il governo nazionale e i talebani. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite diffuse mercoledì, la violenza contro i civili, in particolare donne e bambini, si è inasprita nell’ultimo anno, e il controllo dei talebani sul paese è maggiore che negli ultimi due decenni. I benefici di una presenza militare straniera non sono mai stati fin troppo chiari. Ma un ritorno al rigido dominio islamico potrebbe rappresentare un passo indietro rispetto ad alcuni traguardi raggiunti. Come per esempio uno dei risultati meno contestati dell’intervento americano, e cioè la revoca del divieto talebano di istruzione femminile.

Il parere dell’espertoDomenico Quirico, noto reporter italiano impegnato per anni in Medio Oriente, ha espresso il proprio parere sulla scelta del governo americano. «Adesso, traditi, abbandonati, gli afgani sono di fronte alla perentorietà disumana dei vincitori, i talebani», dichiara. Il giudizio del giornalista è tagliente e lascia trapelare un sentimento di rabbia e indignazione insieme. Per Quirico, quello che avverrà nel momento stesso in cui i militari lasceranno il suolo afghano è tanto semplice quanto doloroso: «I talebani scendono a Kabul con il loro armamentario intatto, che è sintetizzato in una parola: sharia. Compiranno con calma le vendette, purificheranno, ripuliranno i traditori, gli apostati», rivela. Secondo il giornalista le ripercussioni da parte di chi abbraccia la jihad non si faranno attendere. Nessuno sarà escluso dalla furia vendicativa della consorteria fondamentalista: «Il bambino che ha ricevuto la caramella dal soldato dovrà affrontare la vita talebana, il suo eterno presente in cui i figli vivono come i padri, perché ciò che è stato deve continuare a essere». «In Afghanistan  – conclude Quirico – gli occidentali non volevano far del bene agli afgani ma a sé stessi».