La studentessa bocconiana Martina Levato al palazzo di Giustizia di Milano (foto: Ansa)

La studentessa bocconiana Martina Levato al palazzo di Giustizia di Milano (foto: Ansa)

“Ti difenderò sempre, nessuno può impedirmi di provare dei sentimenti”, Martina Levato scrive ad Alexander Boettcher dal carcere di San Vittore. Tra i due amanti della coppia diabolica che sfregiò con l’acido il ventiduenne Pietro Barbini, c’è un legame profondo che il mese di prigione scontato dal giorno dell’arresto (il 28 dicembre 2014) non sembra aver intaccato. Le lettere acquisite agli atti mostrano un rapporto morboso e pieno di interrogativi: come quello sulle scuse che Alexander pretende da Martina nella corrispondenza da dietro le sbarre. Scuse di cui è difficile capire il significato, poiché i magistrati hanno accertato che quella notte in cui l’ex ragazzo di Martina è stato sfregiato, in via Pietro Carcano c’era anche Alexander.

Nel frattempo, il 28 gennaio 2015, il Tribunale di Milano ha disposto il sequestro conservativo di due appartamenti di Boettcher, ai fini del risarcimento dei danni subiti da Barbini. L’ordinanza dei giudici si basa sui fondati indizi di reato a carico dei due imputati, che il 27 gennaio, nella seconda udienza, sono stati rinviati a giudizio con rito abbreviato. Il processo, che prevede lo sconto di un terzo sulla pena, è stato condizionato ad una perizia psichiatrica. Il 10 febbraio nell’aula del Tribunale, verrà conferito l’incarico ai medici e la difesa della studentessa presenterà una relazione sui tabulati e messaggi della ragazza per valutarne la capacità di intendere e di volere nei giorni dell’aggressione.

Secondo il collegio, Boettcher e la Levato rischiano la condanna per lesioni gravissime ad una pena detentiva e al risarcimento dei danni alla vittima. Danni non solo patrimoniali ma anche morali, fra cui potrebbero entrare anche le spese per i futuri studi di Pietro, che non sarà più in grado di discutere la tesi di laurea a Boston nella data prevista.

Livia Liberatore