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Quella sulla ricerca del lavoro «giocando a calcetto, piuttosto che inviando curriculum in giro» è soltanto l’ultima delle gaffes del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Da quando è stato scelto dall’ex premier Matteo Renzi nel 2014 per far parte della squadra di governo, il politico emiliano ha spiazzato più volte l’opinione pubblica con dichiarazioni controverse e divisive. Vicende che gli sono costate care, dal calo vertiginoso negli indici di gradimento (secondo un sondaggio Ipr Marketing, a dicembre 2015 il ministro era primo in classifica, mentre un anno dopo solo ottavo), alla mozione di sfiducia presentata da Movimento 5 Stelle, Lega e Sinistra Italiana lo scorso gennaio.

Cervelli in fuga – «Bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei “pistola”». Era il 19 dicembre 2016 e il ministro Poletti, a colloquio con i giornalisti a Fano, aveva commentato così il grave fenomeno dei cervelli in fuga, cioè di tutti quei giovani laureati che sono costretti ad andare via dall’Italia per valorizzare le proprie competenze. «È vero, ci sono persone che sono andate via, ma è bene che stiano dove sono perché così questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Inutili le giustificazioni del ministro. Le sue parole gli sono costate infatti una mozione di sfiducia depositata in Senato dalle opposizioni (ad eccezione di Forza Italia).

Voti inutili – 26 novembre 2015, Verona, apertura del convegno “Job&Orienta” sui temi di scuola, formazione e lavoro. «Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21. Così un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare». Immediata la replica degli studenti dell’Unione degli Universitari, che hanno difeso l’età media dei laureati italiani (in linea con quella europea) e accusato il ministro di aver contribuito all’aumento della precarietà con l’approvazione del Jobs Act. Tsunami di critiche anche su Twitter: «Lui aveva risolto così il problema: non s’è laureato».

Ore di lavoro? – «Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento l’ora-lavoro. L’ora di lavoro a fronte dei cambiamenti tecnologici è un attrezzo vecchio». Una proposta di riforma della legislazione sull’impiego, quella avanzata da Poletti nel novembre scorso, subito cassata così dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso: «Basta fare battute, c’è gente che fatica».

Lavorare gratis – «I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse», aveva raccontato Poletti a Firenze il 23 marzo 2015. «Sono venuti su normali, non sono ragazzi straordinari o speciali. Non ci dobbiamo scandalizzare se per un mese durante l’estate i nostri giovani fanno un’esperienza formativa nel mondo del lavoro». Il ministro era intervenuto così sul tema dell’alternanza scuola-lavoro, in discussione in quel periodo nell’ambito della legge sulla “Buona scuola”, poi approvata dal Parlamento. Un’ipotesi di lavoro “gratuito”, dunque, da svolgersi non durante l’anno accademico ma nel periodo estivo. Per placare le polemiche fu necessario un chiarimento da parte della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini.