La conferenza dei capigruppo del Senato non ha trovato un accordo sul ddl Zan. A far saltare i negoziati l’opposizione di Lega e Fdi, che invitano ad ascoltare le rimostranze del Vaticano, già affrontate in Parlamento dal presidente del Consiglio Mario Draghi («L’Italia è uno stato laico») . Adesso i capigruppo si devono aggiornare al 6 luglio. Se, come è probabile, mancherà ancora una volta l’accordo, l’ex maggioranza giallo-rossa forzerà la mano per calendarizzare la votazione in aula per la settimana del 13 luglio.
Voto pubblico o segreto? – Il disegno di legge contro l’omofobia, già passato alla Camera nel novembre 2020, affronterà a quel punto lo scrutinio di palazzo Madama. Una votazione che, in mancanza di un accordo tra le parti, si terrà quasi certamente a scrutinio segreto. A quel punto saranno i numeri a decidere, ma la segretezza del voto apre alla possibilità che alcuni senatori prendano decisioni in contrasto con la disciplina di partito – discorso che vale in particolar modo per i cattolici, diffusi trasversalmente negli schieramenti, che potrebbero decidere di sposare le rimostranze della Chiesa
Italia Viva – Proprio i rischi dello scrutinio segreto sono al centro di un’intervista di Matteo Renzi rilasciata a La Repubblica. Il leader di Italia Viva conferma l’appoggio del partito, ma ricorda che «se con il voto segreto si va sotto di un emendamento, la legge rischia di essere affossata. Una legge serve e va approvata velocemente: i promotori devono decidere se accettare alcune modifiche con una maggioranza ampia o rischiare lo scrutinio segreto«. Renzi continua suggerendo ai promotori di sforzarsi per trovare un punto di incontro. Una posizione mediana, che riprende i dubbi già espressi in passato dai compagni di partito Davide Faraone e Elena Bonetti. Tradotto: «appoggiamo la legge ma non ci riguarda direttamente, è possibile che in caso di voto segreto alcuni dei senatori di Iv votino contro».
Lega e Fratelli d’Italia – I due partiti sovranisti rimarcano l’opposizione al testo di Alessandro Zan. Matteo Salvini, dalle colonne di Avvenire, ricorda a Pd e 5S la sua disponibilità ad aprire un tavolo di confronto, ma ripete che per la Lega le leggi in vigore sono già sufficienti a tutelare le minoranze interessate. Opposizione dura che ha portato il Carroccio ad affidarsi ad Andrea Ostellari, regista dell’ostruzionismo in Commissione giustizia, come portabandiera alla conferenza dei Capigruppo invece del leghista Massimiliano Romeo. Ancora più dura la posizione del partito di Giorgia Meloni, che in una nota «conferma la sua ferma opposizione contro il ddl Zan», una proposta «liberticida che punta a punire con nuovi reati di opinione». Senza un accordo il 6 luglio, è quasi scontato che Fdi e Lega voteranno compatti contro il disegno.
Pd e 5S – I grillini, impegnati nella lite domestica per la leadership tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, non si espongono con dichiarazioni dirette, ma da quanto emerge dai lavori in conferenza la posizione del partito rimane la stessa: portare il testo in aula il prima possibile, superando l’ostruzionismo del Centrodestra. Il Partito Democratico resta il principale sponsor della legge, ma Enrico Letta, dopo la lettera del Vaticano, si era detto disponibile a trovare un accordo: «Noi sosteniamo la legge Zan e, naturalmente, siamo disponibili al dialogo. Siamo pronti a guardare i nodi giuridici ma sosteniamo l’impianto della legge che è una legge di civiltà». Al giro di dichiarazioni è seguita una telefonata tra il leader del Pd e il ministro degli Esteri Luigi di Maio. In sede di voto è probabile che la quasi totalità dei giallorossi voti per il sì, anche se alcune voci moderatamente dissonanti – quella di Valeria Fedeli ad esempio – erano emerse nei mesi scorsi.
Forza Italia – Antonio Tajani ha ribadito che i forzisti voteranno contro il ddl se portato in aula senza ulteriore mediazione. Le posizioni dissidenti nel partito – specie dopo le dichiarazioni dello scorso giugno di Silvio Berlusconi – restano, anche se minoritarie. Sia la senatrice Annamaria Bernini, capogruppo di Fi, che la senatrice Licia Ronzulli avevano in passato dichiarato che – pur non apprezzando in toto il testo – si sarebbe dovuta lasciare ai singoli deputati la scelta. Come ha ribadito il senatore forzista Andrea Cangini, il partito resta il più favorevole del Centrodestra a votare un ipotetico ddl Zan modificato. Ancora nessuno degli azzurri del Senato ha dichiarato però esplicitamente il suo appoggio alla legge. E’ probabile che Forza Italia voti per il no, ma bisogna mettere in conto 1-2 dissidenti nel campo azzurro.
Misto – Restano in bilico le posizioni del gruppo misto, di cui fanno parte 46 senatori. E’ quasi scontato che i 7 di Idea-Cambiamo votino contro. A favore sicuramente gli 8 senatori di Liberi e Uguali e +Europa-Azione, insieme a quelli del Maie e di Alternativa c’è-Lista per il Popolo della Costituzione (6 in totale). Restano i 25 non iscritti e gli 8 seggi del gruppo delle autonomie, le cui inclinazioni sono difficili da prevedere – tranne forse un timido “no” di Pierferdinando Casini. Insomma, una battaglia all’ultimo voto.
foto in evidenza: “Senato, comunicazioni di Renzi in vista del Consiglio UE” by Palazzochigi is licensed under CC BY-NC-SA 2.0