I voti a favore sono stati 262, 40 quelli contrari. La fiducia ottenuta dal Presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato, nel suo primo discorso programmatico, è la terza più ampia nella storia della Repubblica. Tra i grandi partiti solo Fratelli d’Italia ha votato “no”, insieme a qualche esponente di Sinistra Italiana e 15 dissidenti del Movimento 5 Stelle (immediatamente minacciati di espulsione dai vertici pentastellati). Scontata la fiducia alla Camera, prevsita per il pomeriggio del 18 febbraio

Euro irreversibile – Il nuovo governo, ha detto il neo presidente, sarà guidato da «l’amore per l’Italia» . Come sarà declinato, questo amore, il professor Draghi lo spiega chiaramente. Non un amore esibizionista, teatrale. Ma un sentimento di appartenenza al Paese che ha delle chiare coordinate. Una coesione sociale raggiungibile attraverso una riforma del welfare che attenui diseguaglianze e principali effetti della pandemia causata dal Covid-19. E un fedeltà senza tentennamenti all’Unione europea, fuori dalla quale c’è «l’oblio di ciò che siamo stati e la negazione di ciò che potremmo essere». Appellandosi alla responsabilità nazionale e all’unità, l’ex presidente della Bce chiama il neo-nato esecutivo «governo del Paese». In cui le frizioni tra i partiti si attenuino e l’obiettivo comune, l’uscita dell’Italia dalla crisi, convogli le energie e freni, o almeno ritardi, le ambizioni e le personali ideologie. Chiaro in questo senso il riferimento all’«irreversibilità dell’euro» ribadita nel suo discorso, che il leader della Lega Matteo Salvini aveva messo in discussione appena due giorni prima.

Il futuro – Da una domanda retorica («Stiamo facendo per la prossima generazione quello che i nostri padri fecero per noi?», Draghi prende spunto per specificare il perimetro e gli obiettivi del suo governo e le riforme necessarie a raggiungerli. Europeismo e atlantismo sono i due -ismi che inquadrano l’azione dell’esecutivo. Asseriti all’inizio del discorso per sottolinearne l’importanza e l’imprescindibilità. Da questi dipende tutto il resto, a cominciare dall’ azione contro la povertà e la diseguaglianza messe a nudo ed esacerbate dalla pandemia. Ai primi posti c’è la necessità di un miglioramento del sistema dell’istruzione, per garantire «un’offerta educativa che risponda alla domanda delle nuove generazioni». Rappresenta una novità l’attenzione posta sugli istituti tecnici, la cui importanza viene spesso sottovalutata ma che, come insegna il modello francese, offrono invece sbocchi lavorativi fondamentali in un periodo di recessione e crescente disoccupazione. Problemi che, come dimostrano i dati di dicembre diffusi dall’Istat, non ha colpito donne e uomini in egual misura. «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro». Un pronunciamento che in molti hanno inteso come primo passo per un vero impegno, non solo di facciata, nella lotta alla diseguaglianza, lavorativa e sociale, tra i sessi.

L’epidemia – Per quanto riguarda invece la lotta diretta alla Covid, particolare attenzione è stata posta sulla sanità territoriale, «realizzabile una forte rete di servizi di base case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria». Soprattutto durante la prima ondata, si è resa evidente tanto l’importanza di un sistema sanitario vicino al cittadino, quanto la sua manchevolezza. In cima alla lista delle priorità c’è poi ovviamente la campagna vaccinale, per cui «abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private» Anche la centralità dell’ambiente è stata salutata da attivisti e commentatori con entusiasmo. Purché dalle belle intenzioni si passi ai fatti. Il che non è scontato in una maggioranza così ampia, composta da partiti che, escluso in parte il Movimento 5 Stelle, sull’emergenza ambientale non hanno di certo costruito la loro campagna elettorale. «La scienza, il buon senso, dicono che non si è staccata la corrente», ha detto il Presidente del Consiglio con riguardo alle cause, strutturali e non episodiche, cha hanno portato alla pandemia. Dunque, «non basterà un click per tornare alla normalità».

Il Recovery Plan – L’ultimo capitolo del suo discorso è riservato al Piano nazionale di ripresa e resilienza. All’inadeguatezza del precedente, su cui Draghi, che ha fatto i complimenti a Conte, non si è espresso, Renzi si era appigliato per innescare la crisi che ha portato alla caduta del precedente governo. «La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata sul ministero dell’Economia con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti che definiscono le politiche e i progetti di settore». Per spendere al meglio i fondi del Recovery Fund, sono però necessarie a monte riforme strutturali che l’Unione europea, conscia della difficoltà italiana di usufruire delle risorse che le mette a disposizione, chiede da tempo. Nel 2019 la Commissione europea aveva esortato il governo Conte I a riformare il sistema giudiziario civile. Dopo due anni toccherà dunque a Draghi occuparsene, con un contestuale impegno volto a ridurre le differenze tra i tribunali e ad adottare norme procedurali più snelle.

Il Fisco – Fondamentale per l’ex governatore della Banca d’Italia è poi la riforma del sistema fiscale, che «segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità». Riforma che non riguarderà una singola imposta, ché «non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta» e che sarà di certo, e non come avrebbe voluto parte del centrodestra, progressiva e attuata da una commissione di tecnici sul modello danese. Strada sbarrata a ogni ipotesi di condono fiscale, bensì la promessa di un «rinnovato e rafforzato impegno per combattere l’evasione», anticipato comunque nelle consultazioni. Da modificare, nonostante abbia dimostrato «resilienza e adattamento», sarà anche il «fragile sistema» della Pubblica Amministrazione. Tramite, da una parte un investimento per favorire il dialogo con il territorio in modo tale da recepire i bisogni dei cittadini; dall’altra un aggiornamento continuo dei dipendenti pubblici. Inoltre, con riferimento agli investimenti pubblici che dirimeranno l’utilizzo dei fondi europei, «il privato deve partecipare apportando efficienza, competenza e innovazione, non solo finanze. Le risorse devono migliorare il potenziale di crescita della nostra economia». «Il Parlamento – ha sottolineato in conclusione – verrà costantemente informato sull’impianto complessivo». Un richiamo esplicito alla centralità delle Camere, la cui esclusione dal processo decisionale è stato un motivo di forti critiche verso il precedente governo.