In gioco c’è la tenuta del governo. E la miccia pronta a far deflagrare tutto è lì, sul tavolo, presentata nei giorni scorsi dal centrodestra guidato da Matteo Salvini e lunedì dalla senatrice di “Più Europa”, Emma Bonino: una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Se Pd e M5S, di cui Bonafede è capo delegazione, si stringono intorno al Guardasigilli, a far temere sulla tenuta del governo sono i 17 senatori di Italia Viva. Il partito di Matteo Renzi, nonostante il 2% stimato dai sondaggi, ha un peso specifico determinante sulla maggioranza: «I numeri sono ballerini e Italia Viva potrebbe essere decisiva» ha minacciato lunedì 18 maggio Renzi nella sua e-news annunciando il suo intervento a Palazzo Madama. Il ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, invece ha detto che IV deciderà come votare «dopo aver ascoltato Bonafede in aula». Il M5S invece difende l’operato del Guardasigilli: «Chi sfiducia Bonafede, sfiducia il governo» ha detto a Sky Tg 24 il capo politico reggente, Vito Crimi.
Le mozioni – Le mozioni che saranno discusse mercoledì mattina al Senato sono due: quella presentata dal centrodestra unito e quella di Emma Bonino, senatrice del gruppo Misto che vota spesso in dissenso con il governo soprattutto sul tema della giustizia. La prima, firmata dai capigruppo al Senato Massimiliano Romeo (Lega), Luca Ciriani (Fratelli d’Italia) e Anna Maria Bernini (Forza Italia) parte dalla diatriba dei giorni scorsi tra Bonafede e il magistrato antimafia Nino Di Matteo sulla nomina a capo del Dipartimento Affari Penitenziari (Dap), per contestare al ministro una serie di errori nel corso delle ultime settimane. In primis, si legge nella mozione depositata in Senato, le rivolte nelle carceri, definite «violentissime e apparentemente coordinate» e finalizzate «ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti»: secondo i capigruppo del centrodestra, Bonafede avrebbe iniziato «ad avanzare ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi». Poi al Guardasigilli viene contestata la scarcerazione dei 376 boss e accusati di mafia durante l’emergenza covid-19: la questione, continua il documento, ha messo in evidenza le «carenze e insufficienze del sistema che non potevano essere sconosciute al Ministro».
La seconda mozione di sfiducia è quella presentata lunedì da Emma Bonino che, in chiave opposta e garantista rispetto a quella del centrodestra, contesta «un approccio e una politica disordinata e confusa, improntata al populismo giudiziario, ai processi mediatici più che a quelli condotti nel dibattimento, a un’idea panpenalista e manettara» come ha spiegato il senatore, Benedetto Della Vedova. Ai radicali non è mai andata giù la legge che ha abolito la prescrizione dopo il primo grado entrata in vigore l’1 gennaio di quest’anno. Bonino invece si dice «non interessata ai giochi di palazzo» ma punta a sfiduciare il ministro Bonafede, a suo dire «non all’altezza di una giustizia giusta per tutti».
I numeri al Senato – A Palazzo Madama i numeri ballano: il voto contrario di Pd, M5S, Leu e Autonomie non basterebbe a salvare il ministro Bonafede perché si arriverebbe al massimo a 144 voti, 17 in meno della maggioranza assoluta di 161 (escludendo assenze dall’emiciclo). I senatori incerti sono 28: i 17 di Italia Viva e gli 11 del Gruppo Misto composto da ex senatori M5S e fuoriusciti da altri partiti. Se anche Italia Viva votasse in modo compatto con le altre forze di governo, Bonafede sarebbe salvo. Ma non è detto che ciò avverrà.
Le minacce dei renziani – Per questo nei giorni scorsi Renzi e i suoi hanno fatto trapelare che stanno prendendo in considerazione le due mozioni – in particolare quella di Emma Bonino – dopo i dissidi dei mesi scorsi con Bonafede soprattutto sul tema della prescrizione. Già a gennaio Italia Viva aveva minacciato di far cadere il governo e nel fine settimana ha replicato con messaggi velati diretti al premier e dichiarazioni off the records che hanno riempito i retroscena dei giornali. Dal governo però ostentano tranquillità: a Palazzo Chigi, scrivono molti quotidiani martedì 19 maggio, sono convinti che questa sia la solita strategia di Renzi per «alzare la posta». In particolare, nelle prossime ore la delegazione di IV dovrebbe incontrare il premier Giuseppe Conte o il suo capo di gabinetto Alessandro Goracci per chiedere qualcosa in cambio: secondo Il Fatto Quotidiano e Il Giornale, potrebbe arrivare la richiesta di un “mini-rimpasto” con l’entrata nell’esecutivo di un altro ministro renziano (si fa il nome di Maria Elena Boschi) ma anche alcune norme da approvare subito come lo “sblocca-cantieri” da inserire nel prossimo decreto Semplificazioni e un maggior impegno su scuole e famiglie. Non è chiaro quanto il presidente del Consiglio sia disposto a trattare, ma sulla ripartenza dei cantieri la strada sembra in discesa: per salvare Bonafede, Conte sarà costretto a concedere qualcosa ai renziani.