Il professor Gianfranco Pasquino (Fonte: Wikimedia Commons)

La vittoria di Elly Schlein ha stupito sondaggisti, politologi e persino gli elettori. Fino alla tarda serata del 26 febbraio, in pochi si sarebbero aspettati il trionfo della candidata outsider, iscritta al partito che voleva guidare appena due mesi prima delle primarie. Ma tra chi non ha mai dato per sconfitta Schlein c’è Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna e autore di numerosi libri, da ultimo “Tra scienza e politica. Una autobiografia”, edito da UTET.

Professor Pasquino, lei aveva espresso il suo sostegno per Elly Schlein. Si aspettava la sua vittoria ai gazebo?
Io sono andato a votare e ho votato Elly Schlein. Lei rappresenta il cambiamento possibile, mentre Bonaccini era la continuità con qualche ritocco: era sostanzialmente invotabile, oltre al fatto che aveva un passato renziano. A questo aggiungo che non mi piace chi ha una carica di governo, come a suo tempo Zingaretti, e cerca anche una carica di partito. Schlein ha invece una proposta diversa: non mi pare del tutto compiuta e spero che riesca ad affinarla, ma promette qualcosa di alternativo per un Pd che deve cambiare se non vuole restare bloccato a quel 18% che ha oggi.

Per la prima volta il voto dei gazebo ha ribaltato quello degli iscritti. Può essere interpretato come il segnale del distacco tra il partito e la sua base?
Il ribaltamento è nella logica di questo tipo di competizione. Le elezioni popolari dirette sono fatte apposta per consentire a elettori, simpatizzanti e potenziali elettori di scegliere il segretario del partito. Lo scollamento è in realtà un incollamento: gli elettori che sono andati ai gazebo hanno detto che loro vogliono un segretario che sia in grado di cambiare il partito che loro hanno votato e che probabilmente continueranno a votare.

L’obiettivo del Pd era quello di raggiungere il milione di votanti. Stando ai dati, questa soglia è stata superata. Può essere un segno di ripresa della partecipazione politica nel Paese?
Non esageriamo: anche se fossero 1 milione e 200mila elettori la storia di questo Paese non cambierebbe. La sinistra, in generale, ha sempre avuto una maggiore propensione al voto rispetto al centrodestra, anche se grazie a Fratelli d’Italia anche quella parte di elettorato si è mobilitata. Non trarrei quindi nessuna conclusione complessiva. La piccola riflessione che si può fare è che quando c’è una proposta chiara, una competizione seria tra due persone che rappresentano due programmi diversi, gli elettori si sentono più motivati a incidere sulla scelta. In questo caso, chi è andato a votare è stato senza dubbio spinto dalla presenza di Schlein più che da quella di Bonaccini: per garantire la continuità bastava non andare a votare e avrebbe vinto Bonaccini.

Elly Schlein ringrazia il suo comitato elettorale dopo la vittoria (Fonte: Ansa)

È anche la prima volta di una segretaria donna al vertice del Pd. Per un partito spesso accusato di maschilismo, questo potrebbe marcare una svolta femminista?
Schlein cercherà di rendere il partito più aperto alle competenze, alle capacità, a chi ha ambizioni e dimostra di voler rischiare. Il problema vero è che le donne del Pd si intruppavano nelle correnti ed erano sempre le numero due, promosse sulla base della loro fedeltà correntizia. Al contrario, Schlein è una donna autonoma e non fa parte di nessuna corrente: è lei che ha prodotto il mutamento. Questo è quello che avrebbero dovuto fare le donne dentro il Pd: non aggregarsi, ma dimostrare che avevano le capacità per correre da sole.

I capicorrente Orlando e Franceschini però sostenevano Schlein. Questo potrebbe complicare il cambiamento della struttura del partito e l’abbandono della logica delle correnti?
Schlein non si è intruppata: è la truppa che si è accorta delle sue qualità e ha deciso di sostenerla per seguire la via del cambiamento. Se anche l’avessero fatto per mantenere le loro posizioni è legittimo, vedremo quanto Schlein vorrà ricompensarli: sia Orlando sia Franceschini sono uomini competenti e sono stati ministri piuttosto capaci, quindi non mi stupirebbe se continuassero a svolgere un ruolo. Certamente però non sono determinanti e non possono sperare di condizionare quello che farà la segretaria del partito.

Stefano Bonaccini riconosce la sconfitta (Fonte: Ansa)

Quali sono stati gli errori di Bonaccini che lo hanno portato da una vittoria data per scontata alla sconfitta contro Schlein?
Il problema non è quello che ha fatto, ma quello che non ha fatto e che mai avrebbe potuto fare: Bonaccini non è un uomo di innovazione, nel migliore dei casi è un buon presidente di regione. Ma anche dire che il partito deve far leva sugli amministratori locali secondo me è sbagliato: i sindaci devono fare i sindaci, la politica è qualcosa che deve fare il partito in quanto tale. Rispetto alle posizioni contraddittorie sull’autonomia differenziata, fatico a credere che un elettore abbia deciso di votare contro Bonaccini per questo motivo. Invece, poteva risparmiarsi la frase di apprezzamento sulle capacità di Giorgia Meloni, ma anche quella rappresentava la continuità: finora il partito non ha fatto una buona opposizione e Bonaccini era su quella linea, mentre Schlein rappresenta una vera alternativa.