1349472-593x443Ercole Incalza resta in carcere. A deciderlo è il gip di Firenze che il 24 marzo ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dai difensori dell’ex manager del Ministero delle Infrastrutture. In base a quanto si apprende dagli atti, il giudice Angelo Pezzuti avrebbe riscontrato la permanenza delle esigenze cautelari che hanno portato all’arresto, avvenuto lo scorso 16 marzo insieme a quello dell’imprenditore Stefano Perotti.

Per l’accusa Incalza è l’uomo chiave di un sistema di tangenti, legato agli appalti di Expo, della Tav e di altre opere pubbliche in Italia, tra cui la Metropolitana C di Roma. I reati contestati al dirigente sono corruzione, induzione indebita e illeciti contro la pubblica amministrazione.

Il meccanismo per gli inquirenti era semplice. Ercole Incalza, il supermanager del Ministero dei Lavori pubblici, convinceva gli appaltatori delle opere ad assegnare la direzione dei lavori a un uomo di fiducia, l’ingegner Stefano Perotti. In cambio Perotti assicurava consulenze a “amici” di Incalza o “incarichi lautamente retribuiti” allo stesso dirigente, tramite la società Green Field System. A far da mediatore tra i due un faccendiere, Francesco Cavallo, che per questo servizio riceveva un compenso di circa settemila euro al mese.

Nell’elenco dei 51 indagati della Procura di Firenze figurano anche: Maurizio Gentile, attuale amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana (Rfi), Antonio Acerbo, ex manager dell’Expo e Fabrizio Averardi Ripari, direttore generale di Anas International Enterprise. Accanto a loro anche quattro politici: Rocco Girlanda (Ncd), Vito Bonsignore (Ncd); Stefano Saglia (Pdl) e Antonio Bargone (ex Pds, attuale presidente di Sat-Gruppo Autostrade).

Nelle intercettazioni dei pm anche il nome del Ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che a seguito dell’inchiesta ha presentato le proprie dimissioni. Lupi attualmente non risulta indagato, ma a comprometterne la figura politica sono stati gli stretti rapporti con Incalza e Cavallo. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, avrebbe barattato doni e favori con il Ministro, gestendo:«contatti, incontri conviviali nonché l’organizzazione di una cena volta a reperire ‘fondi’ nell’interesse del Ministro». Tra i regali di troppo c’erano viaggi, abiti sartoriali, borse firmate e un Rolex da diecimila euro finito al polso del figlio di Lupi.

Diana Francesca Cavalcoli