maurizio_lupi_Orologi di lusso, un posto di lavoro per il figlio Luca, abiti per la famiglia e collaboratori. Ma il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi non demorde: «Nulla di cui vergognarsi, nulla per cui dimettersi», dichiara al question time alla Camera di mercoledì pomeriggio.

Dalle carte della Procura di Firenze spuntano altri particolari sull‘inchiesta “Grandi Opere”. È il 10 gennaio del 2014 e a Bari il ministro per le Infrastrutture organizza una convention dell’Ncd, il suo partito politico. Francesco detto Frank Cavallo, amico di Ercole Incalza e Stefano Perotti procura un biglietto aereo Milano-Bari alla moglie del ministro, Emanuela Dalmiglio facendosi finanziare 447,03 euro da Gaetano Altieri (quello degli abiti sartoriali). La ricevuta del pagamento risulta intestata a Cavallo, e viene trasmessa via mail dall’indirizzo di posta elettronica di Pietroletti Gabriella della cooperativa La Cascina.
Ma secondo quanto rivelato dal Fatto Quotidiano anche un’altra persona arrivò in soccorso del ministro: un monsignore, l’ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, Francesco Gioia. Secondo i pm si attivò al fine di reperire “voti” per le Europee in favore di Maurizio Lupi, che si candidò, risultò poi eletto, ma poi rinunciò.  Monsignor Gioia è lo stesso religioso citato nelle carte anche per la richiesta a Perotti, Cavallo e Incalza per trovare – sostengono i magistrati – un lavoro al nipote.

La resa dei conti tra Ncd e Pd potrebbe avvenire venerdì pomeriggio quando si svolgerà la conferenza dei capigruppo alla Camera con l’informativa del ministro Lupi. Oggi invece l’incontro con il capo del Governo Matteo Renzi. Il premier però non può chiedergli in maniera pubblica e diretta di dimettersi: se lo facesse si rischierebbe la crisi di governo.

Flavio Bianco