Mirko Boschetti, 22 anni, ha la tessera del Partito Democratico da quando ne aveva 16

«Ho scoperto di essere stato scelto solo nel momento in cui Matteo Orfini ha letto il mio nome. Diciamo che sono stato selezionato “a mia insaputa”». Mirko Boschetti ha 22 anni, è nato a Ravenna ma studia Giurisprudenza all’Università Statale di Milano. È uno dei venti millennials scelti dal segretario del Pd Matteo Renzi per entrare nella direzione del partito. Boschetti ha la tessera dei Dem da quando aveva 16 anni, «ma non vengo da una famiglia militante, solo mia mamma ha aiutato a organizzare qualche Festa dell’Unità. La passione per la politica l’ho ereditata da mio nonno».

«Ragionare liberamente» – Tra i venti selezionati c’è un po’ di tutto: consiglieri comunali, un sindaco, funzionari ministeriali, segretari e membri dei Giovani Democratici, l’organizzazione “junior” del Pd, e soprattutto di FutureDem, l’associazione dei giovani renziani, cosa che ha fatto storcere il naso agli under 30 meno vicini al neo segretario. «Io non faccio parte né dei Gd né di FutureDem, ma credo che ognuno di noi in direzione ragionerà liberamente e non si farà manipolare. Siamo stati scelti in quanto rappresentativi di territori diversi e di altri tipi di correnti – spiega Boschetti – Io ho sostenuto Renzi sia alle primarie del 2013 che a quelle del 30 aprile e sono contento che, per una volta, la sinistra abbia lasciato da parte la tendenza ad ammazzare puntualmente il proprio leader».

Rinnovamento – Boschetti non si nasconde, sa che quella di Renzi è stata «una mossa d’immagine». «Ma è comunque utile a rinnovare il partito, percepito come vecchio non tanto anagraficamente quanto per le idee che porta avanti – spiega il 22enne – Non si può stanziare un miliardo e mezzo per i prepensionamenti e solo 50 milioni per il Jobs Act dei lavoratori autonomi, ad esempio». E la distanza del Pd dai giovani non è dovuta solo ad un problema di comunicazione: «In tema di formazione è stata trascurata l’alternanza scuola-lavoro, che la riforma della Buona Scuola non tratta: i ragazzi oggi escono dalle scuole superiori che non sanno neanche compilare un curriculum. Anche il progetto Garanzia Giovani non ha funzionato bene, nonostante sia costato tantissimo. Tutto questo mentre parlamentari di altri partiti (il Movimento 5 Stelle, ndr) girano l’Italia in moto per incontrare la gente e i ragazzi». Ma anche se il M5S sembra essere il principale avversario dei Dem, secondo Boschetti c’è poco da “rubare” ai grillini. «Nel 2010 sono andato a vedere la cerimonia di fondazione del Movimento a Cesena – racconta – Ricordo che Grillo muoveva tante critiche condivisibili, ad esempio contro la corruzione in politica, ma non proponeva niente, era solo rabbia fine a se stessa. Oggi è ancora così. Oltre al fatto che il M5S non ha una linea politica chiara su nulla, basti vedere il rapporto con l’Unione Europea».

«Cambiare tono» – Qualche critica all’ex presidente del Consiglio e al partito, comunque, Boschetti non la risparmia. «Se mi sarà dato spazio in direzione, vorrei portare avanti una critica interna, che in questi anni è mancata. Vorrei dire a Renzi di cambiare un po’ i toni, ad esempio sull’Europa: non puoi prima proporti come unico partito europeista in Italia e poi continuare a ripetere che l’Ue è il covo dei banchieri e della tecnocrazia, perché la gente ti aveva votato in quanto europeista. E comunque così non si guadagnano voti, dato che gli elettori euroscettici guardano ad altri partiti, che dicono cose ben più forti contro Bruxelles. Un’altra cosa che non condivido è la politica dei bonus: a parte gli 80 euro, ormai diventati strutturali, non trovo giusto che i 500 euro per i 18enni vengano dati a prescindere da merito e reddito».

«La sinistra? Un’etichetta» – Boschetti ride quando gli chiediamo se si considera di sinistra e se considera il Pd un partito di sinistra. «Questa è la domanda clou. Io mi ritengo di sinistra, ma credo che negli ultimi anni queste etichette servano più a chi fa politica per sentirsi bene con se stesso. Ci sono partiti che devono inserire la parola “sinistra” nel nome per sentirsi a posto – spiega il 22enne – Destra e sinistra sono concetti che evolvono nel tempo, dato che evolvono le categorie sociali: oggi un piccolo-medio imprenditore, come mio padre che fa l’imbianchino, si trova a vivere le stesse problematiche di un operaio o un disoccupato. Forse ha più senso parlare di partiti aperti e chiusi, come ha fatto Macron. Dunque sì, ha ancora senso ritenersi di sinistra ma bisogna anche guardare avanti. Si è di sinistra quando si portano avanti politiche di sinistra, ma per farlo bisogna governare».