La Corte di Cassazione ha deciso: si torna alle leggi fasciste del 1931 e sulla carta d’identità dei minori tornerà la dicitura «genitore o di chi ne fa le veci». La corte ha deciso di disapplicare il decreto ministeriale del 2019, voluto da Matteo Salvini, dichiarando illegittima l’indicazione «padre o madre».

La sentenza – La questione era stata sollevata da una coppia di madri che erano ricorse alla stepchild adoption, una pratica per cui la madre non biologica può adottare la figlia della sua compagna, la madre naturale. In quel caso sulla carta di identità della figlia minorenne una delle due madri aveva dovuto definirsi  “padre” della bambina. Unico modo per poter ottenere un documento valido. La decisione della Corte è arrivata dopo il ricorso in appello del ministero dell’Interno, il cui titolare attuale Matteo Piantedosi voleva continuare a utilizzare il decreto Salvini, nonostante la decisione della corte d’Appello di Roma di dar ragione alle madri. Secondo la sentenza è irragionevole che: «si indichi in maniera appropriata solo una delle due madri. Inappropriato, inoltre, che si imponesse all’altra di vedere il suo grado di parentela classificato in modo improprio (padre)». La sentenza della corte definisce quindi  “discriminatoria” l’imposizione dei termini padre e madre sulla carta di identità.

Ritorno al passato – Una situazione che riporta la norma indietro di anni, non al 2019 ma addirittura al 1931, anno in cui fu promulgata la legge fascista per la tutela della sicurezza pubblica, che imponeva appunto l’uso della locuzione “genitore o chi ne fa le veci” per i documenti dei minori. Nel 2019, sotto il governo Conte I, il ministro dell’Interno Matteo Salvini era stato promotore di una campagna mediatica per il ritorno al termine padre e madre. In occasione della Festa del Papà, lo slogan del segretario della Lega era stato: «Quanto è bella la parola papà?». Secondo Salvini, un ritorno ai bei tempi andati, ma in realtà fittizio visto che la decisione di utilizzare “genitore” sui documenti era stata presa proprio dal partito fascista negli anni Trenta

 

Le reazioni – Si sono scatenati sui social i partiti di opposizione che, oltre a lodare il lavoro della Cassazione, non hanno perso occasione per attaccare Salvini e la Lega. «Una sentenza storica che mette fine a una crociata ideologica», ha commentato Alessandro Zan, responsabile della segreteria nazionale del Pd. Sulla stessa linea anche Riccardo Magi di +Europa: «La Corte ha messo fine a una sentenza nata solo per discriminare. Salvini aveva detto di essere disposto a tutto pur di far scrivere “padre e madre” sui documenti, anche di essere chiamato troglodita». Sulla difensiva la Lega, nella figura della deputata Laura Ravetto, responsabile del dipartimento per le pari opportunità: «La Cassazione ha cancellato mamma e papà, per fortuna sono irrinunciabili per il buonsenso e per natura. Non ci arrenderemo mai».