EPA/Andy Rain

«Se sei colpevole di insulti razzisti online, non andrai alla partita. Senza “se”, senza “ma”. Nessuna eccezione e nessuna scusa». Questa la proposta fatta ieri, 14 luglio 2021, in Parlamento dal premier britannico Boris Johnson per risolvere il problema delle offese razziste dentro e fuori dal campo. Una questione che da anni è oggetto di dibattito all’interno del mondo del calcio, riemersa prepotentemente dopo la marea di messaggi d’odio indirizzati nei giorni scorsi ai giocatori della nazionale inglese “colpevoli” di aver sbagliato i rigori durante la finale dell’Europeo di domenica scorsa: Marcus Rashford, Jadon Sancho e Bukayo Saka.

Daspo per i tifosi razzisti – Incalzato durante la seduta dal leader dell’opposizione, il laburista Keir Starmer, Johnson è tornato a parlare della finale di domenica e ha espresso la volontà di «agire concretamente per cambiare il sistema» e impedire a chi odia online di assistere alle partite». Un primo passo è stato fatto martedì quando il premier ha incontrato i rappresentanti di Facebook, Twitter, TikTok, Snapchat e Instagram a Downing Street per discutere le migliori strategie da mettere in campo per risolvere o almeno arginare il problema. «Loro hanno le tecnologie necessarie per farlo», ha aggiunto Johnson, sottolineando come, grazie alla creazione di algoritmi specifici, i social potrebbero limitare il diffondersi di insulti razzisti sulle loro piattaforme. Tuttavia, non sono mancate le critiche da parte di Starmer: il laburista ha sottolineato come nelle scorse settimane il premier non abbia mai condannato i fischi dei tifosi davanti alla decisione della nazionale di inginocchiarsi prima dell’inizio delle partite, in segno di protesta contro il razzismo, e fosse stato lui per primo critico di fronte al gesto. «È sempre sbagliato fischiare la nazionale – ha risposto Johnson – E siamo tutti convinti che questa rappresenti al meglio il Paese».

L’Inghilterra contro il razzismo – Non sono mancati i gesti di solidarietà degli inglesi che hanno deciso di prendere le distanze in maniera decisa da quanto successo. Dopo i fatti dei giorni scorsi, proprio dal web è arrivata la proposta di una possibile Daspo a vita per i tifosi razzisti: una petizione lanciata sul sito Change.org che conta ad oggi più di un milione di firme. E il murales di Manchester dedicato al giocatore Marcus Rashford che era stato vandalizzato con scritte razziste negli ultimi giorni è stato ripulito dall’autore e gli insulti sono stati sostituiti da fiori, messaggi di sostegno e bandiere inglesi lasciate da tifosi e non. Il giocatore qualche giorno fa aveva pubblicato sui suoi profili social una lunga lettera e all’ondata di odio che lo ha visto protagonista ha risposto: «Non mi scuserò mai per chi sono e da dove vengo. Sono Marcus Rashford, un uomo nero di 23 anni di Withington e Wythenshawe, South Manchester. Se non ho altro, ho questo».

 

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