Migranti nel Mediterraneo (Ansa)

Dopo la fiducia di del 3 maggio, è il giorno del voto finale alla Camera sul decreto Cutro. Prima delle votazioni, però, i deputati saranno chiamati a esprimersi sui vari ordini del giorno. Uno di questi, presentato da Gianfranco Rotondi (Fratelli d’Italia), dovrebbe riguardare proprio il dl, in particolare l’articolo 7 ter, che era stato introdotto al Senato e che rischia di creare un problema di incostituzionalità. L’art. 7 ter riguarda le domande di protezione internazionale; in particolare, limita il diritto al ricorso, da parte del richiedente, solo al caso di rigetto della richiesta. Non lo consente, invece, nei casi in cui la richiesta venisse decretata inammissibile dalla commissione territoriale. Questo passaggio è in contrasto con una direttiva europea del 2013 recepita dal nostro ordinamento nel 2015 che prevede che gli Stati membri garantiscano il diritto al ricorso anche in caso di giudizio di inammissibilità della richiesta.

Cosa succede ora – Il rischio di incostituzionalità spinge il governo verso una revisione del decreto. Le strade per farlo sono due: approvare l’odg di Rotondi, impegnandosi quindi a preparare un provvedimento per modificare il testo da inserire al più presto in un altro decreto; oppure modificare il testo prima ancora della votazione sull’ordine del giorno. Nel primo caso, il dl verrebbe approvato così com’è, in attesa della modifica. Nel secondo, il testo dovrebbe ritornare al Senato per essere nuovamente validato. Questa soluzione, però, richiederebbe estrema velocità: il 10 maggio scadono i 60 giorni entro cui il dl deve essere votato definitivamente dal Parlamento.

Il testo – Il decreto Cutro, che prende il nome dalla tragedia consumatasi tra il 25 e il 26 febbraio scorsi, contiene dodici punti che inaspriscono le pene per i reati legati all’immigrazione illegale. In particolare, è presente un provvedimento contro gli scafisti: fino a 30 anni di carcere per chi la favorisce. La questione di incostituzionalità rappresentata dall’art. 7 ter non è l’unica che si è sollevata durante la (per ora) breve vita del decreto. In Senato, infatti, Maurizio Gasparri (Fdi) aveva presentato un emendamento che avrebbe reso più difficile l’ottenimento della protezione speciale, un particolare permesso di soggiorno che dura due anni e che viene rilasciato dalla questura dopo che la commissione territoriale ha deciso che il cittadino straniero ha diritto a rimanere in Italia nonostante non gli sia riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria. Per ottenere la protezione speciale devono essere dimostrati il rischio di persecuzione o di violazione della sicurezza e incolumità in patria, ma anche il rispetto della vita privata del richiedente. Anche in quel caso il provvedimento era stato additato come incostituzionale, al punto che proprio Gasparri, dopo pressioni da parte del Quirinale, chiese e ottenne una modifica dell’emendamento da lui stesso avanzato.