Ke Huy Quan accetta il premio come miglior attore non protagonista (ANSA/EPA/ETIENNE LAURENT)

Il tappeto non è rosso, ma champagne. Un cambio di look per scacciare forse lo spettro degli Oscar del passato, e soprattutto lo schiaffo di Will Smith dell’anno scorso, evocato per tutta la serata dal presentatore Jimmy Kimmel nella speranza di esorcizzare altre sorprese del genere. E sorprese, o scambi di busta all’ultimo, non ce ne sono state, con il film più nominato di tutti, Everything everywhere all at once di Daniel Kwan e Daniel Scheinert, che porta a casa anche il premio principe di Miglior film. La storia di una donna cinese che gestisce una lavanderia e scopre i misteri del multiverso, il tutto mentre cerca di salvare il rapporto con la figlia, ha conquistato pubblico, critica e ora pure l’Academy.

Storie di riscatto – Anche a Los Angeles il «Grazie, mamma!» non manca mai. Il momento più toccante è stato la vittoria di Ke Huy Quan, miglior attore non protagonista per Everything everywhere all at once. Nato a Saigon e arrivato negli Stati Uniti come rifugiato politico con la sua famiglia, aveva iniziato a recitare da bambino, ma crescendo aveva preso parte a sempre meno film; l’ultimo ruolo nel 2002, poi una pausa lunga vent’anni. Il timore di non potersi più realizzare nel cinema, e la scoperta di aver trovato, adesso, un nuovo posto. La presentatrice Ariana DeBose si è lasciata sfuggire un singhiozzo nel leggere il suo nome sulla busta. «Mia madre ha ottantaquattro anni, è a casa e mi sta guardando: ho vinto!», ha urlato l’attore agitando la statuetta. «Ho passato un anno in un campo per rifugiati, e ora sono qui. Non rinunciate ai vostri sogni».

Altri vincitori, altre lacrime – Una storia opposta quella di Jamie Lee Curtis, figlia d’arte al quadrato: una lunghissima carriera ma nessuna statuetta al Dolby Theatre per l’attrice della saga di Halloween, anche lei miglior non protagonista per Everything Everywhere all at once. «Mamma e papà (Janet Leigh e Tony Curtis, ndr) hanno vinto entrambi degli Oscar in categorie diverse. Ora guardatemi, ho vinto l’Oscar!», ha esclamato Curtis, lanciando un grido d’esultanza al cielo. Ma la scena l’ha rubata Brendan Fraser, miglior attore protagonista con The Whale di Darren Aronofsky: dopo una serie di insuccessi, aveva detto in passato di essere stato abbandonato dall’industria per aver denunciato una molestia da parte di Philip Berck, ex capo della Hollywood Foreign Press Association. La voce spezzata, Fraser ha accettato un premio che per lui ha un significato molto più profondo.

Una scena del film “Everything everywhere all at once”

Oscar bianchi – I problemi di inclusività agli Oscar sono noti, dai tempi dell’hashtag #OscarsSoWhite. Sono state stabilite delle linee guida che i film candidati devono rispettare, e alcune vittorie recenti, come il Parasite di Bong Joon-Ho nel 2020, avevano fatto sperare in un miglioramento. Questa edizione ha visto Ruth E. Carter diventare la prima donna nera ad aver vinto più di un Oscar per make up e acconciature (per The Whale). E sono già nella storia la vittoria di Ke Huy Quan e dell’attrice protagonista sempre di Everything everywhere all at once Michelle Yeoh. «Per tutti i ragazzi e le ragazze che mi somigliano», ha detto l’attrice malese di origini cinesi. «Non lasciate che nessuno vi dica che avete superato l’età migliore». Yeoh è la prima attrice asiatica a vincere questo premio.

Messaggi politici – Tra un discorso emozionato e l’altro, gli Oscar hanno provato anche a mandare dei segnali all’esterno. L’hanno fatto con il miglior documentario: Navalny, sull’oppositore di Vladimir Putin Aleksej Navalny, che ha battuto Tutta la bellezza e il dolore di Laure Poitras, vincitore del Leone d’oro a Venezia.

Daniel Roher, regista di “Navalny” ringrazia per il premio al miglior documentario (ANSA/EPA/ETIENNE LAURENT)

La musica – Unica “sorpresa” della serata: Lady Gaga che è apparsa sul palco con il brano scritto per la colonna sonora di Top Gun: Maverick. Fino a poche ore prima della cerimonia sembrava che la cantante non avrebbe eseguito il suo pezzo, perché impegnata nelle riprese del seguito di Joker, dove sarà Harley Quinn. «Potreste scoprire di essere voi stessi il vostro eroe, anche quando vi sentite distrutti», ha detto presentando la canzone, che è «molto personale». E se tutti aspettavano con impazienza l’esibizione di Rihanna con Lift me up (Black Panther: Wakanda Forever), dopo lo spettacolo esplosivo al SuperBowl, il vero momento musicale è arrivato con i cantanti e ballerini di Naatu Naatu, dal film indiano RRR, che ha divertito il pubblico e ha pure portato a casa la statuetta come migliore canzone.
Sentito anche l’inserto In Memoriam, presentato da un visibilmente commosso John Travolta e accompagnato da Lenny Kravitz, che quest’anno ha visto scorrere sullo schermo, tra gli altri, i volti di Olivia Newton-John, Jean-Luc Godard e Angela Lansbury.

Non solo film per bambini – Nei giorni precedenti alla cerimonia era invece emerso il malcontento delle persone del settore per la scarsa considerazione che ancora oggi hanno i film d’animazione: su Vulture, un produttore ha ricordato con amarezza le battute sui «film che guardano i bambini mentre i genitori dormono». La vittoria del Pinocchio di Guillermo del Toro, una delle sette volte nella storia in cui il premio non è andato a una produzione Disney, ha riportato l’attenzione proprio su questo. «L’animazione è cinema», ha detto del Toro accettando il premio «manteniamola nella conversazione». E anche se Le Pupille di Alice Rohrwacher non è stato premiato come miglior cortometraggio (andato a The Irish Goodbye), questo Pinocchio ambientato nell’Italia della seconda guerra mondiale, ha portato, almeno nell’ispirazione, il nostro Paese agli Oscar.

Il migliore – Anche Daniel Scheinert, uno dei due nomi dietro Everything everywhere all at once, ha ringraziato «tutte le mamme» mentre accettava il premio come miglior regista con il collega Daniel Kwan. Il film dei “Daniels”, come sono chiamati insieme, era nominato in 11 categorie, e ne ha vinte sette, tra cui Miglior film. Una notte di record per la produzione indipendente A24, che ha in scuderia anche The Whale, e che, vuole la leggenda, prende il suo nome dall’autostrada italiana dopo un viaggio dei fondatori. Una vittoria in ogni caso largamente aspettata, tanto che la casa di distribuzione italiana del film, iWonder, aveva organizzato a Bologna un evento con visione collettiva della cerimonia.

Gli altri premi – Miglior sceneggiatura originale e miglior montaggio sono andati sempre a Everything everywhere all at once. A seguire il film pigliatutto, Niente di nuovo sul fronte occidentale, che ha vinto Miglior film straniero, migliore fotografia, miglior colonna sonora e miglior scenografia. Miglior sonoro é andato invece a Top Gun: Maverick, mentre Migliori effetti a Avatar: la via dell’acqua. Miglior sceneggiatura non originale é stato assegnato a Sarah Polley per Women talking – Il diritto di scegliere, tratto dall’omonimo romanzo di Miriam Toews. Migliori costumi a Black Panther: Wakanda Forever. Miglior cortometraggio animato a Il bambino, la volpe, la talpa e il cavallo, mentre il corto documentario se l’é aggiudicato The Elephant Whisperer.