Dopo un’apertura in rialzo con un guadagno dello 0,49%, in linea con le altre Borse europee, e una mattinata in negativo, il Ftsbe-Mib recupera lo 0,07% poco dopo mezzogiorno. Ieri Piazza Affari aveva chiuso a -1,58%. A pesare sul listino, nel corso della mattinata, sono stati i titoli delle banche: Banco Bpm perde il 2,39%, Banca Mediolanum l’1,24%. Male anche Eni (-1,02%) e Telecom Italia (-1,47%). Il recupero iniziale è stato spinto dalle rassicurazioni della Federal Reserve sul fronte inflazione, che la banca centrale americana ritiene «transitoria» ma che gli investitori continuano a temere. Preoccupa anche la volatilità delle monete digitali: ieri in poche ore il Bitcoin ha perso oltre il 28% del proprio valore.

Il quartier generale della Banca Popolare cinese a Pechino

Settimana nera – Quella appena trascorsa è stata una settimana da dimenticare per il mondo crypto. Il 12 maggio era stato sufficiente un tweet di Elon Musk perché il Bitcoin crollasse del 20% in un paio d’ore. Il visionario imprenditore aveva cinguettato che Tesla non avrebbe più accettato pagamenti in Bitcoin, colpevole di consumare troppa energia ai danni del pianeta. Ieri il colpo alle monete virtuali lo ha dato la Pbc, la banca centrale della Cina, che ha invitato (ovvero vietato) i propri investitori a non utilizzare criptovalute per alcuna operazione. Una mossa che dimostra come le autorità di Pechino vogliano congelare gli scambi virtuali fino al lancio del critpo-yuan, la moneta digitale di Stato. La ricaduta sul valore delle oltre novemila valute circolanti ne ha fatto precipitare la capitalizzazione da 2.000 a 1.600 miliardi di dollari. Il Bitcoin, la più diffusa tra le valute virtuali, è sceso da 43mila a 30mila dollari (-30%), per poi risollevarsi in area 38-40mila dollari. Coinbase, la piattaforma di scambio che in aprile aveva debuttato al Nasdaq con un valore di 100 miliardi di dollari, ha perso il 13%. In una settimana, l’industria crypto ha registrato un crollo di 900 miliardi di dollari, più dell’intero valore della Borsa italiana.

Il fattore Musk – Sette giorni di montagne russe hanno evidenziato l’estrema volatilità delle monete digitali. Gli investitori si interrogano sulla natura di queste oscillazioni: sono un fenomeno di transizione, oppure il segnale che si avvicina lo scoppio di una bolla speculativa? Quanto può essere affidabile un mercato in cui basta un tweet per provocare sbalzi da centinaia di miliardi? La risalita di ieri pomeriggio è stata innescata da un altro cinguettio di Elon Musk: niente parole, solo il simbolo di un diamante con le mani unite – come a dire che Tesla non venderà i Bitcoin che ha ancora in portafoglio (circa 43mila). Il titolo di Tesla, che da gennaio ha bruciato 300 miliardi in capitalizzazione, ieri è sceso del 5%.

Spettro inflazione – A frenare i mercati è anche il timore di un’onda inflazionistica. La preoccupazione degli investitori è che la riapertura delle economie e il rincaro delle materie prime – il petrolio viaggia a 65 dollari al barile, il doppio di un anno fa, mentre il rame ha da pochi giorni raggiunto il massimo storico a 10.700 dollari a tonnellata – porti ad un forte aumento dei costi. Il timore è che il caro-vita induca le banche centrali a ridurre gli stimoli monetari più velocemente del previsto. Ad alimentare l’incertezza sui mercati sono stati i verbali dell’ultima riunione della Fed, dai quali è emerso che alcuni membri del board della banca centrale Usa suggeriscono di iniziare a parlare di una riduzione delle misure espansive. Cresce dunque l’attesa per le parole della presidente della Bce Christine Lagarde, che oggi interverrà a Francoforte nel corso della Conferenza “Gender, Money and Finance”,